Rebiya Kadeer: “Triste per le violenze nel Xinjiang. Ma la colpa è di Pechino”
La leader dell’etnia uighura commenta ad AsiaNews i recenti fatti di violenza che si sono verificati nella provincia settentrionale: “La Cina censura i media indipendenti, non sappiamo cosa stia succedendo. E se è terrorismo, va condannato. Ma il governo cinese ha imposto una repressione sulla mia gente che li ha spinti alla disperazione: è colpa sua”.
Pechino (AsiaNews) - “Io non sostengo la violenza. Sono molto triste per la morte dei cinesi di etnia han e degli uighuri coinvolti negli scontri dei giorni scorsi. Ma allo stesso tempo non posso biasimare coloro che hanno condotto gli attacchi: sono stati spinti a farlo, disperati per le politiche cinesi”. Lo dice ad AsiaNews Rebiya Kadeer, leader dell’etnia uighura, a commento dei recenti scontri e violenze che hanno sconvolto la provincia settentrionale del Xinjiang.
L’ultimo episodio in ordine di tempo si è verificato ieri sera, quando la polizia cinese ha sparato a sangue freddo contro due uighuri sospettati di essere coinvolti nell’attacco che il 31 luglio ha provocato la morte di 6 persone in un bar di Kashgar. I due – Memtieli Tiliwaldi (29 anni) e Turson Hasan (34) – sono stati uccisi in un campo di granturco e lasciati lì. Il governo di Kashgar aveva messo una taglia di 100mila yuan (circa 10mila euro) per la loro cattura.
Prima di quest’ultimo episodio si sono verificati fatti di sangue nella città di Hotan e nella capitale provinciale, Urumqi. L’etnia uighura – turcofona e di religione islamica – è dal 1949 sotto il tallone del governo cinese che le ha imposto una serie di estreme limitazioni religiose e culturali. La provincia rivendica invece la sua indipendenza e chiede la restaurazione del Turkestan orientale, il governo legittimo prima dell’invasione dell’armata maoista.
La Kadeer, che guida il Congresso mondiale degli uighuri, commenta: “Senza fonti indipendenti di informazione, non possiamo sapere se queste cose sono vere. Non sappiamo con certezza chi ha condotto degli attacchi e di che natura questi siano. Se fosse terrorismo andrebbe condannato, ma Pechino ha imposto sul Xinjiang una cortina di fumo che rende impossibile verificare qualunque cosa”.
In ogni caso, aggiunge, “io condanno il governo cinese per quanto sta avvenendo. Pechino ha creato in maniera deliberata una atmosfera di disperazione, ha convinto gli uighuri che per loro non c’è più futuro nella loro stessa terra. È Pechino che si deve assumere la responsabilità di quanto sta avvenendo, perché è con la sua discriminazione folle che scatena la violenza”.
L’ultimo episodio in ordine di tempo si è verificato ieri sera, quando la polizia cinese ha sparato a sangue freddo contro due uighuri sospettati di essere coinvolti nell’attacco che il 31 luglio ha provocato la morte di 6 persone in un bar di Kashgar. I due – Memtieli Tiliwaldi (29 anni) e Turson Hasan (34) – sono stati uccisi in un campo di granturco e lasciati lì. Il governo di Kashgar aveva messo una taglia di 100mila yuan (circa 10mila euro) per la loro cattura.
Prima di quest’ultimo episodio si sono verificati fatti di sangue nella città di Hotan e nella capitale provinciale, Urumqi. L’etnia uighura – turcofona e di religione islamica – è dal 1949 sotto il tallone del governo cinese che le ha imposto una serie di estreme limitazioni religiose e culturali. La provincia rivendica invece la sua indipendenza e chiede la restaurazione del Turkestan orientale, il governo legittimo prima dell’invasione dell’armata maoista.
La Kadeer, che guida il Congresso mondiale degli uighuri, commenta: “Senza fonti indipendenti di informazione, non possiamo sapere se queste cose sono vere. Non sappiamo con certezza chi ha condotto degli attacchi e di che natura questi siano. Se fosse terrorismo andrebbe condannato, ma Pechino ha imposto sul Xinjiang una cortina di fumo che rende impossibile verificare qualunque cosa”.
In ogni caso, aggiunge, “io condanno il governo cinese per quanto sta avvenendo. Pechino ha creato in maniera deliberata una atmosfera di disperazione, ha convinto gli uighuri che per loro non c’è più futuro nella loro stessa terra. È Pechino che si deve assumere la responsabilità di quanto sta avvenendo, perché è con la sua discriminazione folle che scatena la violenza”.
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