Raqqa, le fratture interne dell’Isis, dopo la condanna a morte di un bambino di sette anni
Il bambino era stato accusato di “blasfemia”. L’esecuzione avvenuta in pubblico davanti ai genitori e a alla folla. Una ragazza, punita perché senza velo in casa, costretta in gabbia con cadaveri e ossa di uccisi.
Raqqa (AsiaNews) – Nel Califfato islamico aumentano i segni dell’orrore e della divisione. Un cittadino cristiano, uno dei pochi rimasti nella citta di Raqqa, apparentemente convertitosi all’Islam per salvarsi la vita, ha riferito ad AsiaNews della condanna a morte di un bambino musulmano siriano. L’esecuzione pubblica è avvenuta il 6 marzo scorso.
Il bambino di nome Muaz Hassan di sette anni, è stato arrestato con l’accusa di aver compiuto gesti di blasfemia contro “l’essenza divina”, mentre giocava coi suoi amici sulla strada vicino a casa sua. Molti si sono chiesti come possa un bambino di sette anni pensare ad insultare l’essenza divina o che cosa possa aver detto, che sia interpretabile in tal senso.
Dichiarato subito “kafir” (infedele), il bambino è stato prima trattenuto in un luogo sconosciuto – senza che si potesse sapere in quale modo sia stato trattato in prigione – e poi è stato condannato a morte.
La condanna è stata eseguita nella piazza pubblica di Raqqa a Duwar el Naiim, il 6 marzo scorso, venerdì, nelle ore che precedevano la preghiera comune dei fedeli, la Salat-el- Dohr, preghiera del mezzogiorno.
Il piccolo Muaz è apparso legato davanti a centinaia di abitanti della città, alcuni venuti volentieri, altri obbligati ad assistere al castigo del bambino “blasfemo”. I boia di Daesh gli hanno tolto la vita con spari di armi da fuoco di fronte ai genitori del bambino. La madre è svenuta ed è stata portata via in stato confusionale.
L’uccisione di un bambino innocente ha destato molto scalpore non solo fra gli abitanti, ma anche fra alcuni esponenti di spicco dell’Isis, tanto che la nostra fonte parla di “inizi di spaccature all’interno dei vertici di Daesh”, a causa di questa condanna.
Altri dissapori e incrinature sono nati nei giorni scorsi: questa volta a causa dell’invenzione di una nuova punizione per le ragazze che non si adeguano ai rigidi dettami del vestire.
Il mese scorso a Raqqa l’organo dei castighi dell’Isis ha inventato un nuovo metodo di punizione contro una ragazza colta col capo scoperto mentre puliva le scale della palazzina abitata esclusivamente dalla sua famiglia. La punizione consisteva nel rinchiudere in pubblico la ragazza in una gabbia di ferro con scheletri e ossa di persone uccise da Daesh. La ragazza disperata è rimasta per quattro ore a supplicare prima di svenire. Lasciata nella gabbia per un’altra ora, è stata trasportata all’ospedale di Raqqa, poi un altro ospedale, e non ha ancora ritrovato la ragione.
Dopo tre anni, gli abitanti di Raqqa, città siriana che sorge sulle rive dell’Eufrate, a 170 km a est di Aleppo, non si sono ancora abituati ai sistemi di castigo sempre più disumani e irrazionali messi in atto da Daesh. Caduta il 6 Marzo del 2013 nelle mani del Fronte Al Nusra, tre mesi dopo è passata sotto il totale controllo del Califfato Islamico dell’Isis. Raqqa è divenuta subito il quartier generale di Daesh ed è pomposamente definita la capitale dell’auto-proclamato Califfato Islamico.
Grazie al martirio del bambino innocente, per la prima volta, sono emersi segni di una spaccatura nell’Isis, che avrà di sicuro i suoi effetti anche politici, oltre alla mera condanna etica da parte dei suoi esponenti non consenzienti.
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