Rapporto Onu: 100mila lavoratori di Pyongyang all'estero per aggirare le sanzioni
La stragrande maggioranza si trova in Russia e nella Repubblica popolare cinese, nonostante sia vietato dall'embargo contro il programma nucleare nordcoreano. Una parte del loro stipendio viene trattenuta dalle agenzie che li hanno fatti espatriare e va a finanziare il governo nord-coreano che vorrebbe portare questo contingente a quota 400mila.
New York (AsiaNews/Agenzie) – Sono circa 100.000 i nordcoreani che hanno lavorato all'estero nel 2023, guadagnando circa 500 milioni di dollari per le casse di Pyongyang, permettendo così di aggirare le sanzioni. A sostenerlo è un rapporto del gruppo di esperti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite relativo al periodo tra luglio 2023 e il gennaio 2024. I lavoratori sarebbero stati inviati per lavorare nei settori dell'edilizia, dell’accoglienza turistica, della medicina e dell'informatica in circa 40 Paesi, ma la stragrande maggioranza si troverebbe in Russia e nella Repubblica popolare cinese.
“Questi lavoratori vengono inizialmente inviati con visti da studente o da turista; alcuni utilizzano nazionalità e carte d'identità false”, si legge nel rapporto. Ma i lavoratori possono trattenere solo una parte dei loro guadagni. “Il resto viene preso dalla loro agenzia di collocamento e in molti casi utilizzato per acquistare beni per la Repubblica Popolare Democratica di Corea”. Il rapporto afferma anche che Pyongyang avrebbe pronti contratti per l'invio di circa 400.000 lavoratori all'estero una volta che il confine con la Cina si aprirà ulteriormente dopo essere stato chiuso durante la pandemia COVID-19.
In base alla Risoluzione 2397 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, volta a privare Pyongyang di denaro e risorse che potrebbero essere incanalate nei suoi programmi nucleari e missilistici, tutti i lavoratori nordcoreani sarebbero dovuti rientrare in patria entro la fine del 2019 e da allora non sarebbero stati rilasciati nuovi visti di lavoro ai cittadini nordcoreani. Molti dei lavoratori che si trovavano all'estero prima della scadenza sarebbero rimasti bloccati in Cina o in Russia una volta che la Corea del Nord ha chiuso le frontiere nel gennaio 2020 a causa della pandemia.
Proprio all’assistenza di questi lavoratori si dedicava Baek Kwang-soon, il missionario evangelico sudcoreano il cui arresto a Vladivostok con l’accusa di “spionaggio” è stato reso noto pochi giorni fa da parte delle autorità russe. In quella regione – aveva raccontato in quell’occasione il rev. Lee Seon-gu della Love Rice Sharing Foundation, l’organismo per cui l’uomo arrestato lavora - “ci sono lavoratori russi, tailandesi e nordcoreani che sono poveri, persone bisognose, e noi forniamo loro vestiti, cibo e Vangelo”.