Ram Puniyani: I fondamentalisti indù sono drogati da false ideologie
L’attivista indiano parla ad un convegno sulle sfide attuali per la missione della Chiesa in India. Il gruppo Rashtriya Swayamsevak Sangh, nato come reazione al movimento per l’indipendenza dal dominio coloniale britannico, porta la bandiera delle politiche settarie. Con il governo di Narendra Modi sono aumentati gli episodi di violenza e intolleranza.
Varanasi (AsiaNews) – I fondamentalisti indù sono “teppisti, drogati da falso nazionalismo e falso orgoglio in nome della religione, prendono coraggio da quelli che detengono il potere”. I veri colpevoli “sono coloro che li sostengono, li apprezzano, coloro che per primi disseminano l’ideologia [dell’Hindutva], che è settaria e considera gli oppositori o le loro idee come anti-nazionali o contro la religione [indù]”. È quanto afferma Ram Puniyani, presidente del Center for Study of Society and Secularism di Mumbai, intervenendo ad un seminario sulle sfide per la missione della Chiesa in India.
La relazione dell’attivista era incentrata sulla nascita e sulle sfide attuali del fondamentalismo indù. Nel suo intervento, Puniyani sostiene che i nazionalisti compiono crimini come il linciaggio di massa di musulmani in nome delle “vacche sacre”; uccidono pastori cristiani accusandoli di attuare conversioni forzate, salvo poi essere smentiti dalle prove che evidenziano che quei cristiani assassinati nulla avevano a che fare con le conversioni; annientano le voci critiche degli intellettuali che esprimono dissenso sulle decisioni dei governanti; diffondono discorsi dell’odio per aumentare la tensione nella società a fini elettorali.
L’incontro si è tenuto a Varanasi dal 2 al 4 marzo. La lunga analisi di Puniyani (v. allegato) ripercorre la storia del nazionalismo indù fin dalle origini. Tutto nasce nel 1925, quando a Nagpur viene fondato il gruppo Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), movimento para-militare di volontari indù appartenenti alle caste elevate. Il gruppo assume dei tratti caratteristici peculiari: è composto esclusivamente da uomini; si rifà all’ideologia nazista di Hitler; crede nella superiorità del maschio e nella società patriarcale; sostiene l’ideologia Hindutva (“induità”) basata su un nazionalismo che si fonda sui valori brahaminici della divisione di casta e di genere; vuole costruire una “Nazione indù” e ha come primo nemico la “Nazione musulmana”.
Il motivo di fondo, spiega Puniyani, che porta le élite indiane a dare vita all’Rss, è mantenere i propri privilegi di casta. Questi ultimi rischiavano di sgretolarsi di fronte al Movimento per la libertà che lottava per l’indipendenza dal dominio coloniale britannico. L’Rss viene creato proprio per reazione contro quel movimento, nutrito da valori come democrazia e secolarismo.
Lo studioso laico indiano evidenzia che al momento della nascita, l’Rss aveva in sé le “qualità” che mantiene e rafforza in seguito, quando negli anni successivi crea altri gruppi: nel 1951, in collaborazione con l’Hindu Mahasabha (di cui faceva parte Nathuram Godse, l’assassino di Gandhi), nel 1951 forma il Bhartiya Jansangh, che nel proprio manifesto afferma: “I musulmani devono essere indianizzati”. Nel 1977 il Jan Sangh si unisce al Janata Party, che sale al potere; dopo il voto, alcuni suoi ex componenti formano il Bharatiya Janata Party (Bjp), di cui è leader l’attuale premier Narendra Modi. Dopo il 1984 nascono anche il Vishwa Hindu Parishad (Vhp, l’ala estrema) e il Bajrang Dal (l’ala giovanile).
Tra il 1960 e il 1980 si crea la piattaforma elettorale del gruppo: diffondere l’odio contro le minoranze, in primis contro i musulmani e poi contro i cristiani. È su questo sfondo che nel 1992 viene demolita la moschea di Babri ad Ayodhya, per far posto al tempio di Ram; dal 1997 vengono scacciati i cristiani che lavorano nelle aree tribali, perché la loro opera portava all’emancipazione degli Adivasi; nel 1999 il pastore Graham Stewart Stains e i suoi due figli vengono bruciati vivi mentre dormivano nel loro furgone nel Kandhamal. Il drammatico episodio è stato preludio delle successive violenze di massa contro i cristiani del 2008. Il reverendo era accusato di conversioni forzate, ma l’accusa era falsa.
L’attivista cita diversi altri episodi che ricostruiscono il clima d’intolleranza che nel 2014 ha portato al potere il premier Modi. La sua vittoria ha portato ad un ulteriore aumento dei casi: tra maggio 2014 e maggio 2015, oltre 600 episodi accertati (194 contro i cristiani e il resto contro i musulmani), che hanno provocato la morte di 43 persone.
Il passo finale, afferma Puniyani, è nell’educazione: per questo diversi nazionalisti premono per una lettura alternativa della storia indiana, da far apprendere fin dalla tenera età. Servono quindi nuovi programmi scolastici per “correggere o indianizzare il sistema educativo” in modo che nessuno possa mai più parlare contro l’intoccabilità dei paria e il consumo della carne di manzo (che compare fin dal periodo dei Veda).
In sintesi, afferma l’attivista, “è politica nelle vesti di religione. Sembrerebbe essere una religione, ma è il tentativo di imporre certi valori nella società. I valori feudali e pre-industriali sono raccolti e imposti alla società. È stato fatto negli anni ’20 in America in nome del cristianesimo. Avviene in Asia occidentale, dove Paesi a maggioranza islamica lo stanno facendo in nome dell’islam”. Il fondamentalismo indù, con i suoi valori di gerarchi castale e di genere, lo sta facendo in India, anche se tenta di coprire tutto sotto il velo di associazione culturale e di politiche contro i musulmani.
(Ha collaborato Nirmala Carvalho)
Challenges_of_Fundamentalism_in_India.pdf |
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