06/07/2012, 00.00
MYANMAR – NAZIONI UNITE
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Rakhine: le autorità birmane arrestano 10 operatori umanitari Onu e Msf

Il personale è stato fermato nei giorni scorsi per “interrogatori”. Il governo non ha ancora fornito risposte ufficiali sulle loro condizioni. L’ong umanitaria ha sospeso le attività per motivi di sicurezza. La zona è stata teatro delle violenze interconfessionali fra buddisti e musulmani. Ancora decine di migliaia gli sfollati che vivono nei campi profughi.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Le autorità birmane hanno arrestato dieci operatori umanitari - fra cui alcuni dipendenti delle Nazioni Unite - nello Stato occidentale di Rakhine, in Myanmar, nelle scorse settimane teatro di violenti scontri fra buddisti Arakan e musulmani Rohingya che hanno causato almeno 80 morti e decine di migliaia di sfollati. È quanto denuncia l'Onu in una nota, secondo cui alcune persone impegnate in progetti di aiuto alla popolazione sono state trattenute nei giorni scorsi per "interrogatori" e non sono state ancora rilasciate. Il governo birmano, prosegue il comunicato, non avrebbe inoltre risposto alle domande sulle condizioni dei fermati, tra i quali vi sono anche sei dipendenti dell'ong Medici senza frontiere (Msf).

Sulla vicenda è intervenuta anche Msf, che riferisce di "non possedere informazioni dettagliate"; dal mese scorso l'ong internazionale ha sospeso le attività nello Stato di Rakhine e ridotto il personale ai minimi termini per motivi di sicurezza. Ancora oggi decine di migliaia di sfollati vivono nei centri di accoglienza e nei campi profughi allestiti dal governo, con l'aiuto del World Food Program (Wfp) Onu, che fornisce ogni giorno cibo e pasti per circa 100mila persone.

Nell'area è tuttora in vigore lo Stato di emergenza. Secondo denunce di Human Rights Watch (Hrw), le forze di sicurezza birmane hanno compiuto "ispezioni di massa" e altri abusi ai danni delle comunità musulmane della zona. Per gli attivisti le autorità locali sono responsabili di atti "discriminatori" contro le minoranze, perché lasciano impuniti i buddisti Arakan mentre si accaniscono nei confronti dei Rohingya.  

A giugno la Corte distrettuale di Kyaukphyu, nello Stato di Rakhine ha condannato a morte tre musulmani, ritenuti responsabili dello stupro e dell'uccisione a fine maggio di Thida Htwe, giovane buddista Arakanese, all'origine dei violenti scontri interconfessionali fra musulmani e buddisti (cfr. AsiaNews 19/06/2012 Rakhine, violenze etniche: tre condanne a morte per lo stupro-omicidio della donna). Nei giorni seguenti, una folla inferocita ha accusato alcuni musulmani uccidendone 10 che viaggiavano su un autobus ed erano del tutto estranei al fatto di sangue. La spirale di odio, sfociata in una vera e propria guerriglia e ha causato la morte di altre 29 persone, di cui 16 musulmani e 13 buddisti, altri 38 i feriti. Secondo le fonti ufficiali sono andate in fiamme almeno 2600 abitazioni; centinaia i profughi Rohingya che hanno cercato rifugio sulle coste del Bangladesh, ma sono stati respinti dalle autorità di Dhaka.

Il Myanmar, composto da oltre 135 etnie, ha avuto sempre difficoltà a farle convivere e in passato la giunta militare ha usato il pugno di ferro contro i più riottosi. I musulmani in Myanmar costituiscono circa il 4% su una popolazione di 60 milioni di persone. Secondo l'Onu, nel Paese vi sono 750mila Rohingya, concentrati in maggioranza nello Stato di Rakhine. Un altro milione o più sono dispersi in altre nazioni: Bangladesh, Thailandia, Malaysia. Lo stato di emergenza è il primo intervento eccezionale ad opera di Thein Sein, presidente da oltre un anno, che sta traghettando il Paese dalla dittatura militare a una democrazia almeno minima.

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