Radicali indù continuano ad accusare i cristiani. La polizia comincia gli arresti in Orissa
Bhubaneshwar (AsiaNews) – Questa mattina decine di case di cristiani sono state assaltate e bruciate nel villaggio di Sukuli, distretto di Kalahandi in Orissa. Kalahandi è un distretto confinante con quello di Kandhamal, dove dal 23 agosto scorso, è in atto un pogrom contro i cristiani e le loro istituzioni che si sta via via espandendo in altre zone del Paese. Intanto la polizia ha compiuto arresti di indù - responsabili di violenze contro i cristiani - e di maoisti,accusati di aver ucciso uno Swami radicale indù, che i fondamentalisti dicono essere stato ucciso dai cristiani. Organizzazioni militanti continuano ad accusare i cristiani, fabbricando prove false.
Le forze dell’ordine, il governo dell’Orissa e quello centrale sono stati molto criticati in queste settimane per l’incapacità a prevenire o difendere i cristiani da saccheggi, incendi e distruzioni.
Quasi a rispondere a questa accusa, ieri la polizia dell’Orissa ha arrestato 40 persone legate alle violenze contro i cristiani.Un rappresentante del ministero degli interni dell’Orissa ha dichiarato che finora la polizia ha arrestato almeno 1000 persone legate in modo diretto o indiretto alle violenze. Di queste, almeno 500 sono di Kandhamal.
Ieri la polizia ha anche arrestato 3 persone per il loro coinvolgimento nell’assassinio del leader radicale indù Swami Laxmanananda Saraswati, ucciso il 23 agosto scorso. Si tratta di Duryodhan Sunamajhi, Munda Badamajhi e Sanatan Badamajhi, tutti membri attivi del Partito comunista (maoista) dell’India.
Giorni fa il leader maoista Sabyasachi Panda aveva rivendicato l’uccisione dello Swami, come il suo partito aveva già fatto dal 23 agosto. Ma la polizia ha preferito seguire la pista suggerita dai fondamentalisti indù, secondo cui a uccidere lo Swami erano stati i cristiani. Le accuse hanno generato il pogrom di queste settimane.
Questa voce, diffusasi ormai in tutta l’India, tarda a morire.
Ieri, anche dopo la rivendicazione del leader maoista, un gruppo radicale indù, lo Jagaran Samukhya (Js), ha ancora dichiarato che l’assassinio dello Swami è stata “una cospirazione pianificata da tempo e eseguita dalla Chiesa”. Ashok Kumar Sahu, presidente nazionale del Js
Ha affermato che la decisione di eliminare lo Swami è stata presa al consiglio pastorale della parrocchia di Betikola a Kandhamal, il 25 maggio scorso. Sahu ha perfino fatto circolare le minute dell’incontro in cui si legge: “Su comando del nostro vescovo, abbiamo deciso che coloro che indulgono nelle attività sataniche, e si oppongono alla nostra espansione, siano offerti come sacrificio all’altare del Signore”. Secondo le “minute” pubblicate sarebbe citata anche la data – il 23 agosto – per l’esecuzione a cui avrebbe dovuto seguire una grande celebrazione di vittoria.
Il consiglio pastorale che, secondo Sahu, avrebbe firmato le minute, le ha denunciate come false, dicendo che le loro firme sono state contraffatte.
L’arcivescovo di Bhubaneshwar, mons. Raphael Cheenath, raggiunto per telefono a Delhi, ha detto: “La parrocchia è un luogo cristiano e non è un luogo dove si fanno sacrifici umani. Ma è importante che le autorità condannino e fermino queste informazioni distorte e tendenziose. Fin dall’inizio era chiaro a tutti che i responsabili dell’uccisione dello Swami erano i maoisti. Ma il governo non l’ha detto con chiarezza, causando sospetti e confusione nella mente della gente”.
Secondo il leader maoista che ha rivendicato l’assassinio, il governo avrebbe nascosto le prove che mostravano i veri autori dell’uccisione.
P. Mrutyunjay Digal, segretario della diocesi, ha confermato che quelle “minute” pubblicate e diffuse dal Js sono un testo “pieno di malizia”. “Betikola è la mia parrocchi,a dove sono stato battezzato, cresimato e ho ricevuto tutti i sacramenti. È una zona di grande fede cattolica. Lo scorso dicembre 2007 [quando nel distretto di Kandhamal vi sono state altre violenze contro i cristiani – ndr], la nostra chiesa è stata distrutta e gli estremisti hanno saccheggiato tutto. Documenti, archivi, statue, cassaforte e altre cose di valore sono state rubate, bruciate e distrutte. Forse gli estremisti sono riusciti a trovare le minute di qualche consiglio parrocchiale e vi hanno inserito la sciocchezza del ‘sacrificio’”.
Lo scorso 27 agosto la parrocchia è stata di nuovo assaltata e depredata da gruppi di fondamentalisti indù. “Mio fratello maggiore – continua il sacerdote – e alcuni miei amici d’infanzia sono stati rasati a zero, costretti a bere urina di vacca e a cantare shlokas indù (versi religiosi) , per costringerli a riconvertirli all’induismo. Migliaia sono stati costretti con la minaccia di morte a cambiare religione. Questi documenti contraffatti e le accuse conseguenti sono una nuova persecuzione per le nostre comunità. Bisogna notare poi che la parola ‘sacrificio’ che viene usata nel testo manipolato, non è una parola cristiana: è solo propaganda contro le comunità cristiane”.