Quattro Paesi sudamericani si uniscono per contrastare la pesca illegale cinese
Per Cile, Colombia, Perù ed Ecuador, bisogna prevenire, scoraggiare e combattere l’illecita presenza di navi straniere nelle loro zone economiche esclusive. Già in agosto Quito aveva protestato nei confronti di Pechino. Un tribunale peruviano ha dato inizio al processo contro il capitano di un peschereccio cinese.
Buenos Aires (AsiaNews) – Quattro Paesi sudamericani che si affacciano sul Pacifico intraprenderanno un’azione comune per "prevenire, scoraggiare e combattere" la pesca illegale da parte di navi straniere – in prevalenza battenti bandiera cinese – nei pressi delle loro zone economiche esclusive. È quanto affermato il 4 novembre dai ministri degli Esteri di Cile, Colombia, Perù ed Ecuador. Nella dichiarazione comune, essi si fanno carico delle preoccupazioni espresse negli ultimi mesi da associazioni di pescatori, sindacati e organizzazioni ambientaliste della regione.
Senza biasimare uno specifico Paese, i ministri sudamericani esprimono la loro “preoccupazione” per “la presenza ricorrente di flotte di pescherecci battenti bandiera straniera” che svolgono attività di pesca non regolamentate e non dichiarate di specie altamente migratorie e di “stock trans-zonali”. Essi comunicano inoltre la “ferma volontà” di adottare misure per prevenire, scoraggiare e affrontare insieme la pesca illegale e di ottimizzare lo scambio di informazioni “in tempo reale" su questa pratica.
L'iniziativa di Santiago del Cile, Quito, Bogotà e Lima concretizza la decisione presa due mesi fa da questi Paesi nell’ambito della Commissione permanente del Pacifico del Sud (Cpps), organismo intergovernativo che da 60 anni si dedica alla protezione delle risorse marittime: progettare un piano d’azione regionale per combattere la pesca illegale e non regolamentata.
A fine ottobre, l’Alleanza latinoamericana per la pesca sostenibile e la sicurezza alimentare (Alpescas) ha chiesto inoltre ai governi dell’area e all'Organizzazione regionale di gestione della pesca del Pacifico meridionale di rafforzare i loro sistemi di controllo della pesca. Alpescas ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna “la reiterata minaccia” posta alle industrie ittiche locali da flotte provenienti da Stati esterni alla regione, che “invadono” le zone di pesca “senza alcun controllo” da parte dei loro rispettivi governi, e abusano della “libertà di pesca” in alto mare.
Negli ultimi mesi, in ciascuno dei quattro Paesi sudamericani sono state presentate lamentele per la presenza di pescherecci asiatici in aree adiacenti a quelle sotto la loro giurisdizione nazionale.
In agosto, per i successivi due mesi, la Cina ha vietato alle navi cinesi presenti al largo delle isole Galapagos di pescare in questo sito Patrimonio dell'umanità. Tale provvedimento è stato adottato dopo che il governo ecuadoriano ha presentato una denuncia formale a Pechino per il comportamento dei pescherecci cinesi. Molti di essi tenevano spenti i sistemi di tracciamento, rendendo difficile la loro localizzazione.
Secondo Oceana, una ong ambientalista, la flotta peschereccia cinese si è poi diretta a sud attraverso le acque internazionali. Essa si è fermata a pescare vicino alle zone economiche esclusive di Perù e Cile, suscitando la reazione di diverse organizzazioni locali.
Da anni, in Perù, alcuni sindacati denunciano che navi cinesi o sudcoreane entrano nella zona esclusiva per pescare specie come il “pota” (calamaro gigante). Qualche settimana fa, il sistema giudiziario peruviano ha annunciato l’avvio del primo processo a carico di un membro dell’equipaggio di una nave straniera accusata di “furto” e “traffico illegale” di specie marine. L'imputato è Zuang Hanbo, capitano del peschereccio cinese incriminato.
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