16/03/2020, 14.45
CINA
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Quaresima in Cina: una fede più personale per non soffocare nell'ateismo

di P. Peter

La chiusura delle parrocchie al pubblico deve spingere i fedeli a una ricerca interiore della fede. In questo momento di crisi, è l’ora di una profonda riflessione. Se dipendiamo dalle celebrazioni e dalle manifestazioni esteriori della fede, rischiamo di far vincere l’ateismo. Domandiamoci cosa abbiamo guadagnato e cosa perso dal disastro in corso.

Pechino (AsiaNews) – “Cosa abbiamo guadagnato da questo disastro del coronavirus, e cosa è stato perso?”. È quanto si domanda p. Peter, un sacerdote nella Cina centrale. La sua risposta è che la chiusura delle parrocchie ordinata dal governo per contenere l’epidemia deve spingere i fedeli a una ricerca personale della fede: “Senza convinzioni personali, con una comunità dei fedeli che rischia di disperdersi, saremo sopraffatti dall’ateismo”. Di seguito il racconto dell’esperienza pastorale di p. Peter mentre il Paese è alle prese con la crisi epidemica.

 

Sempre più città e villaggi escono dalla quarantena imposta dal governo. Molte persone in cerca di lavoro hanno iniziato a fare i bagagli, preparandosi nervosamente a partire per sostenere le loro famiglie. Non tutte le scuole hanno ripreso le lezioni. Tanti studenti sono ancora a casa, seduti davanti ai loro computer, con i telefoni cellulari in mano, o a giocare con i giocattoli mentre ascoltano le lezioni online. Qualche giorno fa, il Dipartimento per gli affari religiosi del governo ha inviato un avviso a tutte le parrocchie: “La vicenda del coronavirus non si è ancora conclusa; le parrocchie non possono svolgere alcuna attività religiosa; neanche le cerimonie funebri possono celebrarsi in pubblico. Pertanto, in caso di morte di un fedele, le sue esequie dovranno tenersi nella sua abitazione ed essere concluse in fretta”.

La Chiesa in Cina sembra trovarsi in una terra desolata, tranquilla e silenziosa. Questa è la Quaresima, che porta ciascun cattolico, o anche l’intera comunità dei fedeli, a ritirarsi per riflettere sulla fede.

In risposta al coronavirus, tutte le parrocchie hanno sospeso le messe in pubblico. La nostra fede si sta esprimendo ora nelle case dei fedeli. Questo improvviso cambiamento ha portato a una comprensione molto diversa del modello e della profondità del nostro credo. In questi giorni, molti dei nostri parrocchiani hanno manifestato il problema di vivere la loro fede in questo nuovo modo. Prima, per loro, ciò significava andare in chiesa per la Santa Messa o per altre attività parrocchiali. Tutto qui.

Allo stesso tempo, essi sono profondamente consapevoli dell’importanza di esercitare la fede all’interno delle loro famiglie. Questo perché la famiglia è una base di educazione molto importante per la fede cattolica. A causa del cambiamento nei modelli di fede, abbiamo diverse comprensioni di essa. In questo tempo di catastrofi, la portata della nostra fede comincia a estendersi dal nostro piccolo cerchio, scorrendo dal nostro corpo verso tutto il mondo come fa il sangue. Recitando il Rosario, continuiamo a pregare per tutti i Paesi, per i medici e le infermiere che lottano in ospedale contro il coronavirus, affinché questo disastro finisca il più presto possibile.

Naturalmente, mentre preghiamo, non ci dimentichiamo di donare ai nostri fratelli e sorelle che hanno bisogno di aiuto, specialmente nell’Hubei, l’area del disastro. Senza celebrazioni in chiesa, molti parrocchiani insistono nel leggere la Bibbia, in particolare le letture quotidiane della Messa. Alcuni hanno persino preso la penna in mano e hanno iniziato a copiare passi delle Sacre scritture per ricordare e approfondire la loro missione e responsabilità di cristiani. Dopo il Mercoledì delle Ceneri, la nostra parrocchia ha incoraggiato tutti i fedeli a radunarsi il più possibile con le loro famiglie per meditare sulle sofferenze che Gesù ha sopportato per noi attraverso le 14 Stazioni della Via Crucis. Soprattutto con i bambini: coltiva la loro fede  fin dalla tenera età, e dai loro la possibilità di sperimentarla di persona.

È innegabile che, in questo periodo di chiusura per il coronavirus, abbiamo visto anche alcune cose preoccupanti per la nostra fede. La superficialità e la dipendenza della nostra espressione di fede stimola anche una profonda riflessione. Quando la fede diventa un processo della nostra vita, improvvisamente ci sentiamo a disagio quando che esso è messo a soqquadro. In questo particolare periodo, molti fedeli non sono stati in grado di adattarsi alla cancellazione di tutte le attività della parrocchia. Perciò abbiamo deciso di avvicinarci a loro attraverso l’uso di internet.

Sui nostri computer e telefoni cellulari si può guardare la Messa, ascoltare sermoni e preghiere. Ma la cosa più importante in questo periodo particolare è trasferire il senso di fede nel nostro animo. Per coltivare la nostra fede, non dobbiamo essere dipendenti dalla pratica superficiale, altrimenti quando non abbiamo la possibilità di riunirci con i nostri fratelli e sorelle, e rimaniamo soli, rischiamo di perderla e di diventare atei.

Questo è anche il motivo per cui ci sono alcuni cattolici che non leggono la Bibbia, non fanno riflessioni e non parlano con Dio dallo scoppio della crisi epidemica. Coloro che lasciano che la loro fede dipenda dal recitare preghiere e cantare inni insieme ad altri, e seguirli andando in chiesa giorno per giorno, diventeranno persone che non possono trovare alcuna traccia di fede nella propria vita. Con problemi di urbanizzazione e scolarizzazione sempre maggiori in Cina, la comunità dei fedeli si sta disperdendo. A quel punto, se non abbiamo le nostre convinzioni personali, saremo sopraffatti dall’ateismo.

La Quaresima quest’anno non appartiene solo alla Chiesa cattolica, ma anche a tutta la Cina. In questo insolito periodo santo, dobbiamo riguadagnare la nostra capacità di riflettere. L’ambiente sociale in cui viviamo oggi è pieno di intrattenimento e informazioni noiose, e molti di noi cattolici perdono il coraggio di riflettere. Tutti i disastri sono doni di Dio, e la riflessione è l’unica chiave per identificare questo dono prezioso e doloroso. Cosa abbiamo guadagnato in questo disastro? Cos’altro è stato perso? Dopo la riflessione, la nostra pratica specifica nella vita può ottenere il valore di questo dono. Che cosa dovremmo fare dopo questo disastro, e come dovremmo farlo?

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