20/02/2014, 00.00
QATAR - INDIA
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Qatar: in due anni, morti 500 migranti indiani nei cantieri per i Mondiali 2022

Per Doha il dato è "nella norma", considerato l'alto numero di lavoratori originari dell'India nel Paese. Attivisti e organizzazioni internazionali accusano il governo del Golfo di continuare a violare i diritti umani dei lavoratori stranieri.

Doha (AsiaNews/Agenzie) - Circa 500 migranti originari dell'India sono morti in Qatar negli ultimi due anni, con una media di 20 decessi al mese. Molti di loro lavoravano nei cantieri di Doha, in preparazione dei Mondiali di calcio che si terranno nel 2022. I dati sono dell'ambasciata indiana in Qatar, che però non ha indicato le circostanze in cui i suoi connazionali hanno perso la vita. I numeri hanno scatenato nuove proteste da parte di attivisti per i diritti umani, che li hanno definiti "eccessivi". Il Qatar ha replicato, dicendo che questo tasso di mortalità è "nella norma".

Secondo i dati, 237 indiani sono morti nel 2012, e 241 nel 2013. Nel gennaio 2014 le vittime sono state 24. Da quando la Fifa - nel 2010 - ha scelto il Qatar per i mondiali del 2022, i migranti indiani che hanno perso la vita sono stati 717.

Ali Bin Sumaikh al-Marri, a capo del National Human Rights Committee del Qatar, si è difeso dalle accuse di violazioni dei diritti umani. "I numeri non sono esagerati - ha spiegato - se consideriamo che gli indiani rappresentano la più grande comunità del Qatar". Pur non esistendo un censimento ufficiale, secondo stime del governo più di 500mila migranti originari dell'India si trovavano in Qatar alla fine del 2012: essi rappresentano il 26% della popolazione.

Nonostante le assicurazioni del governo e del comitato organizzativo di Doha 2022, osservatori internazionali e attivisti per i diritti umani mostrano preoccupazioni per la condizione in cui sono costretti a vivere e lavorare le centinaia di migliaia di migranti. In modo particolare preoccupa l'ormai consolidato sistema della kafala (sponsor): il lavoratore stranieri è privato del passaporto e sottomesso al suo datore di lavoro, che impone salari minimi, orari e ritmi di lavoro disumani, divieto di licenziamento o espatrio. 

 

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