11/09/2014, 00.00
COREA DEL NORD
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Pyongyang "cede" al capitalismo: aperte le prime imprese private

Le compagnie operano con il tacito consenso delle autorità, e pagano salari 100 volte più alti della media nazionale. Il sistema di distribuzione alimentare, perno del regime dei Kim, è collassato dopo anni di stagnazione economica. Fra i settori in via di sviluppo quello tessile (verso la Cina) e la compravendita nei mercati "all'aria aperta".

Seoul (AsiaNews) - Dopo più di 60 anni di economia rigidamente statalista e improntata sulle teorie di Stalin, il regime della Corea del Nord inizia a mostrare le prime crepe causate dal capitalismo. Il crollo del sistema di distribuzione alimentare, perno del governo e della sopravvivenza della famiglia Kim, ha portato infatti le autorità a "tollerare" le prime piccole e medie imprese a gestione privata. Lo rivela un lungo reportage pubblicato dal quotidiano conservatore del Sud Chosun Ilbo.

Secondo alcune fonti, il sistema capitalista nasce dal successo dei mercati "all'aria aperta". Con questo termine, da molti anni i nordcoreani indicano i luoghi di scambio commerciale non controllati dal governo e quindi illegali. Il più delle volte si tratta di piccoli incroci dove si incontrano contadini, operai e artigiani che si scambiano le proprie merci. Con il tempo, però, il fenomeno si è allargato fino a divenire simile ai mercati del resto del mondo: le autorità li lasciano vivere in cambio di una tangente.

Un ex commerciante di mercato di Chongjin - provincia di Hamgyong settentrionale - è riuscito grazie a questo sistema e a una complessa rete di prestiti personali a mettere da parte circa 30mila dollari americani. Con questa somma ha aperto un'industria tessile che, spiega una fonte, "sulla carta appartiene allo Stato. Ma di fatto è lui ad assumere gli operai e a gestire l'intera produzione, dall'acquisto dei materiali grezzi alla vendita. Persino la distribuzione del profitto è in mano sua". I prodotti, come quelli della maggior parte delle altre realtà industriali locali, sono destinati alla Cina.

I suoi operai guadagnano circa 50 dollari al mese, e il 30% del volume totale di affari dell'impresa va alle autorità sotto forma di "tassazione". Per fare un paragone, un articolo del Choson Sinbo - quotidiano giapponese gestito da Pyongyang - ha dato enorme risalto lo scorso marzo all'industria di cavi elettrici 326 di Pyongyang, dove i lavoratori "hanno dato straordinaria prova di dedizione e hanno guadagnato 100 volte il proprio salario, arrivando a 40 dollari di stipendio".

Un esule che è riuscito a fuggire dal Paese racconta che nell'area di Pyongsong - parte centrale della Corea del Nord - sono oramai "numerosissime" le aziende private di trasporti: si tratta di persone che hanno comprato dalla Cina trattori per lo più usati e ora li impiegano per il trasporto dei prodotti agricoli in cambio di una somma di denaro. Il trend è confermato da Kim Young-hee, anche lui fuggito dal Nord, che oggi lavora presso la Korea Finance Corporation: "Le autorità stanno cedendo. Monitoriamo un alto numero di imprese o di gestione delle aziende sempre più in mano ai privati".  

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