10/02/2011, 00.00
PAKISTAN
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Punjab: 14enne kamikaze colpisce un centro dell’esercito, 30 morti e 40 feriti

di Jibran Khan
Muhammad Zeeshan si è fatto esplodere fra i soldati impegnati nelle esercitazioni del mattino. Il ragazzo studiava nella locale madrassa, le scuole coraniche sempre più centri di propaganda fondamentalista. Vescovo di Islamabad: cristiani pakistani vicini ai militari nella lotta contro gli estremisti.
Lahore (AsiaNews) – Studiava in una madrassa il 14enne kamikaze che si è fatto esplodere questa mattina in un centro di addestramento dell’esercito pakistano – reggimento del Punjab – provocando 30 morti e circa 40 feriti fra i militari. In circostanze ancora da verificare, Muhammad Zeeshan si è introdotto nell’area indossando una uniforme della locale scuola di Aziz Bhatti, innescando l’esplosivo vicino ai soldati impegnati nelle esercitazioni. L’attacco suicida con protagonista un ragazzino – rivendicato da un gruppo estremista – mostra quanto sia profonda la cultura della violenza propagandata nelle scuole coraniche in Pakistan, divenute centri di reclutamento per aspiranti suicidi.
 
Il Centro militare del Punjab è situato a Mardan, cittadina nel nord-ovest distante circa 40 km da Peshawar. L’attentato mostra l’impotenza dell’esercito nel contrastare il fondamentalismo, nonostante le ripetute operazioni dei soldati contro obiettivi talebani e al Qaeda nelle aree tribali al confine con l’Afghanistan.
 
I soccorritori hanno trasferito i feriti nel vicino ospedale militare (Chm), mentre gli inquirenti hanno avviato le indagini per capire come ha fatto il ragazzo a introdursi nel campo, eludendo le misure di sicurezza. Quello di oggi è l’attacco più sanguinoso contro obiettivi dell’esercito, dopo la strage del 2006 – avvenuta sempre nello stesso centro di addestramento – in cui sono morti 35 soldati.
 
L’attentato suicida di oggi è stato rivendicato dal gruppo estremista Tehrik-e-Taliban Pakistan (Ttp). Dalle prime ricostruzioni emerge che il 14enne Muhammad Zeeshan è nativo di Mardan e studiava nella locale madrassa, la scuola coranica, una delle tante divenute negli anni centri di reclutamento per aspiranti kamikaze e centri di propaganda per gli estremisti e i talebani. Una ricerca condotta lo scorso anno da una organizzazione internazionale mostra che le madrassa in Pakistan promuovono “violenza e intolleranza”; ai giovani viene insegnato il jihad, la guerra santa, e l’odio verso i non-musulmani.
 
Le scuole coraniche sono dei veri e propri centri per il lavaggio del cervello in cui gli ideologi, in nome dell’islam, vogliono perseguire obiettivi nascosti e di matrice politica. Per raggiungere gli scopi prefissati non esitano a indottrinare giovani studenti al martirio in nome della religione: i talebani reclutano i ragazzi e li addestrano in centri specializzati, trasformandoli in bombe umane. Fonti della sicurezza rivelano che le famiglie ricevono ingenti quantità di denaro, per il sacrificio compiuto dai figli.
 
Dagli studi emerge che i giovani pakistani sostengono il fondamentalismo, sono contrari ad una “occidentalizzazione” del Paese e ritengono l’Occidente un nemico da combattere. Organizzazioni fondamentaliste come il Ttp alimentano l’odio e cercano aspiranti kamikaze da sfruttare per colpire obiettivi sensibili. Diversi organismi che operano in Pakistan si battono per promuovere invece armonia e tolleranza, per educare i giovani e allontanarli dal fanatismo, ma è un’impresa ardua da raggiungere.
 
L’attacco di oggi giunge in un momento di profonda crisi politica, economia e sociale. Il premier Gilani ieri ha sciolto l’esecutivo – formato da oltre 50 membri – per dar vita a un governo più snello e meno dispendioso. Il Primo Ministro e altri alti funzionari hanno condannato l’attacco, ma i moniti dei politici sembrano sempre più destinati a cadere nel vuoto.
 
Interpellato da AsiaNews mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad, ha condannato l’attentato, sottolineando che “il Pakistan è divenuto egli stesso obiettivo del terrorismo e sta pagando un prezzo altissimo”. Il prelato ricorda la perdita di “donne e bambini innocenti”, vittime di “atti codardi” che servono solo a “diffondere il terrore”. Egli conclude affermando che “i cristiani pakistani sono vicini all’esercito” nella lotta contro il terrorismo e denuncia la “mancanza di un progetto educativo” che porta i giovani imboccare la via del male.
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