Punjab, violenze anti-cristiane: infermiere sequestrate, famiglie cacciate da casa
di Jibran Khan
Un collega musulmano ruba cellulare e denaro contante, poi accusa le due infermiere di furto. Le donne, tenute segregate per nove ore, hanno subito violenze fisiche. Musulmani irrompono nelle abitazioni di due famiglie nel Gujrat. Il raid ordinato da un ex parlamentare che vuole impossessarsi dei terreni. Medici musulmani rifiutano cure a poliziotto cristiano.
Lahore (AsiaNews) – Nella provincia del Punjab, la più popolosa del Pakistan, emergono nuovi casi di violenze anti-cristiane. Due infermiere del Fatima Memorial Hospital, a Lahore, sono state attaccate e sequestrate per diverse ore da un collega musulmano. L’uomo le ha anche accusate di furto, dopo aver rubato loro il telefono cellulare e una somma di denaro. In un secondo episodio, un gruppo di musulmani – su ordine di un ex parlamentare della zona – ha attaccato le case di due cristiani, per costringere i padroni ad abbandonarle e cedere la proprietà dei terreni.
Nusrat Bibi e Muneeran Bibi sono due infermiere cristiane, impiegate al Fatima Memorial Hospital di Lahore. Una fonte dell’istituto riferisce che nei giorni scorsi le due donne sono state assalite e segregate da un medico musulmano, che lavora nella stessa struttura. Egli avrebbe rubato il cellulare di Nusrat, una somma di denaro a Muneeran e quando la ragazza ha opposto resistenza l’ha aggredita. Quindi è toccato a Nusrat subire violenze fisiche, colpita più volte con un bastone di legno e la maglietta ridotta in brandelli.
La fonte, dietro anonimato, aggiunge che le infermiere “sono state segregate per oltre nove ore”. L’amministrazione ospedaliera ribatte che sono le due donne cristiane ad essere colpevoli di furto, sebbene non siano state trovate in possesso di alcun oggetto. P. Joseph Xavier, sacerdote locale e attivista, parla di “atto brutale” contro due lavoratrici che “non hanno rubato nulla” e la cui unica colpa è “essere cristiane” quindi “vittime di brutalità”.
Il secondo episodio è avvenuto il 18 maggio a Jalal Pur Jattan, cittadina del distretto di Gujrat. Un gruppo di musulmani, ingaggiati da un ex parlamentare locale, ha invaso le abitazioni di due famiglie cristiane per sequestrare gli edifici e i terreni agricoli circostanti. La conferma arriva da p. Naveed Dominic, sacerdote della zona, secondo cui il politico “ha messo gli occhi sui terreni” appartenenti ai cristiani, che già in passato “hanno ricevuto minacce da diversi gruppi” ma non hanno mai voluto “lasciare i propri beni”.
Il gruppo di musulmani ha gettato fuori dalla casa mobili e beni delle famiglie cristiane, assalendo le donne presenti al momento del raid. Alcuni abitanti hanno cercato di contattare la polizia, ma gli agenti si sono rifiutati di intervenire. P. Dominic aggiunge: “Anche la chiesa ha ricevuto minacce, perché non si immischiasse nella faccenda”. Il sacerdote conferma che “le autorità fanno orecchie da mercante”, perché i casi di persecuzione e violenze anti-cristiane denunciati “non sembrano interessare”.
Il clima di indifferenza, emarginazione e violenza contro la minoranza religiosa è confermato da un terzo episodio. Il 18 maggio scorso i sanitari del General Hospital di Lahore si sono rifiutati di curare un poliziotto, ferito in precedenza in una sparatoria, perché di fede cristiana. Il responsabile del reparto accettazione ha rimandato i tempi di registrazione del ricovero, avendo scoperto che l’agente Mushtaq Shaukat Masih è di fede cristiana. Anche un medico intervenuto in un secondo momento ha sostenuto la scelta del collega.
Ferito ed esasperato dalla situazione, il poliziotto ha estratto l’arma di servizio colpendo col calcio della pistola il medico. Egli non si è però accorto che era carica e, nell’urto, è esploso un colpo che ha ferito al braccio una persona presente in quel momento nel reparto. L’agente cristiano è stato portato in un’altra struttura dove ha ricevuto le cure mediche del caso. I medici del primo ospedale hanno sporto denuncia nei suoi confronti, ma dalle prime notizie sembra che i giudici siano intenzionati a far cadere le accuse perché vittima di provocazioni.
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