Prove di dialogo fra Erbil e Baghdad, ma resta il nodo sul referendum
Le autorità regionali disponibili a trattare con il governo centrale secondo la Costituzione e in un’ottica di partenariato. Un tribunale irakeno ordina l’arresto del vice-presidente curdo Kosrat Rasul. Prime frizioni all’interno della leadership politica a Erbil dopo il “cataclisma” che ha portato alla perdita dei territori occupati dopo l’invasione Usa.
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) - Le autorità regionali del Kurdistan irakeno si dichiarano disponibili al dialogo col governo centrale a Baghdad, dopo che nel contesto di una rapida avanzata, l’esercito ha conquistato in pochi giorni territori - fra cui Kirkuk - da tempo controllati da Erbil. “L’esecutivo [regionale] del Kurdistan - si legge in una nota ufficiale - accoglie con favore l’iniziativa del premier [irakeno] Haider al-Abadi, finalizzata ad avviare negoziati per risolvere le questioni in sospeso, in accordo ai dettami della Costituzione e in un’ottica di partenariato”.
Il comunicato è stato diffuso dai vertici di Erbil al termine di una riunione di governo, guidata dal “Primo Ministro” curdo Nechervan Barzani e dal vice-premier Qubad Talabani. “Il Kurdistan - prosegue il testo - chiede l’aiuto e il contributo della comunità internazionale, nello svolgimento di questo auspicato dialogo” con Baghdad.
Nei giorni scorsi il premier irakeno al-Abadi ha aperto al dialogo con Erbil, dopo settimane di forti tensioni che hanno fatto temere lo scoppio di un nuovo conflitto. Una ipotesi, peraltro, ancora aperta e contro la quale sono scese in campo diverse personalità religiose e intellettuali del Paese, fra cui il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako che, in una lettera, ha rinnovato l’appello al dialogo.
Il primate della Chiesa caldea ha sottolineato l’importanza di una “cooperazione” fra i vari leader irakeni, per dare vita a un “fronte comune” contro il pericolo di “nuovi conflitti”. Il primate della Chiesa irakena ha ricordato che bisogna perseguire l’obiettivo primario di “proteggere le persone prima ancora dei pozzi petroliferi”.
Subito è arrivata la nota ufficiale il Primo Ministro irakeno, in cui afferma che il referendum per l’indipendenza curdo del 25 settembre scorso è “concluso” e “fa ormai parte del passato”. E vanno messi in archivio, aggiunge, anche “i suoi risultati” per avviare un dialogo sincero e costruttivo.
Per al-Abadi l’archiviazione definitiva dei risultati di questa consultazione, che ha registrato una vittoria schiacciante dei “sì”, è una delle condizioni necessarie all’apertura di un dialogo con la regione autonoma. Se il premier apre al dialogo, la magistratura del Paese punta a colpire i vertici dell’autorità regionale: ieri un tribunale irakeno ha ordinato l’arresto del vice-presidente curdo Kosrat Rasul per aver definito l’esercito regolare intervenuto a Kirkuk una “potenza occupante”.
Secondo i giudici le parole del vice-presidente sarebbero un incitamento alla violenza.
Intanto fra i vertici della leadership regionale curda cominciano a emergere le prime fratture e scambi di accuse per le perdite territoriali dei giorni scorsi. Il geografo francese Cyril Roussel parla di “cataclisma” per il Kurdistan, che ha “perso tutto”. Una “sconfitta come raramente si è vista”, aggiunge, con i Peshmerga che hanno disertato nel 90% dei territori conquistati dopo l’invasione statunitense in Iraq nel 2003. Oggi le frontiere corrispondono in massima parte alla linea verde, la demarcazione fissata nel 1991 all’indomani del cessate il fuoco fra curdi e l’esercito dell’ex Raìs Saddam Hussein, base dei negoziati del 2005. (DS)
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