13/03/2007, 00.00
SIRIA – USA – IRAQ
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Profughi iracheni, Damasco chiede agli Usa un dialogo “più ampio”

L’assistente segretario di Stato Sauerbrey incontra il viceministro degli Esteri siriano per discutere del milione di profughi iracheni in Siria. Faisal Meqdad: necessario aprire un dialogo ampio su tutti i problemi della regione araba. No comment della Sauerbrey. Washington pronta ad accogliere 7mila rifugiati; l’ostacolo dei passaporti serie G.
Damasco (AsiaNews) - La Siria chiede agli Stati Uniti di “ampliare” il dialogo apertosi tra le due nazioni sulla crisi dei profughi iracheni. Ieri a Damasco l'assistente segretario di Stato Usa per le questioni dei rifugiati, Ellen Sauerbrey, ha incontrato il viceministro degli Esteri, Faisal Meqdad, per discutere l’emergenza umanitaria legata al milione di iracheni riversatisi nei confini siriani dal 2003. La Sauerbrey è il più alto funzionario statunitense a recarsi in Siria da quando Washington ha chiuso la sua ambasciata nel 2005, in seguito all’attentato all’ex premier libanese Rafic Hariri.
 
Come riportato dall'agenzia siriana Sana, Meqdad ha dichiarato che i colloqui si sono concentrati sui profughi in Siria: “Abbiamo detto che tutte le questioni sono legate tra loro nella regione araba ed è necessario aprire un dialogo ampio riguardante tutti gli aspetti, perché non è possibile trovare una soluzione definitiva se non avviando questo dialogo”. Egli ha poi sottolineato che senza dialogo e cooperazione con Paesi come la Siria e l'Iran non ci possano essere soluzioni per i problemi della regione mediorientale.
 
Dagli Usa, però, nessuna ulteriore apertura: la Sauerbrey non ha rilasciato commenti dopo l’incontro e in precedenza il portavoce del Dipartimanto di Stato, Sean McCormack, ha tenuto a sottolineare che la visita a Damasco era solo per accompagnare i rappresentanti dell'UNHCR, contro le voci che parlavano di missione per incontri "bilaterali".
 
Le promesse di aiuti e l’ostacolo del passaporto
In questo quadro l’UNHCR ha detto di poter inviare, nei prossimi mesi, “quasi 20mila profughi iracheni tra tutti i Paesi per l’integrazione, e di volerne inviare 7mila negli Stati Uniti”. Questi, che dal 2003 ad oggi hanno accettato solo 466 iracheni, forniranno anche 18 milioni di dollari all’Alto Commissariato Onu per gestire la crisi.
 
Ma le buone intenzioni di Nazioni Unite e Washington dovranno scontrarsi con la burocrazia. Nell’ambito delle rigide misure di sicurezza adottate dagli Usa, l’8 gennaio scorso, e con effetto immediato, il Dipartimento di Stato ha dichiarato la non validità dei passaporti iracheni che iniziano con la lettera S - emessi dopo la guerra del 2003 - perché non corrispondenti agli standard di sicurezza. Gli unici validi saranno quelli validi di serie G, rilasciati dall’aprile del 2006, e quelli H, serie emessa dal regime iracheno poco prima della guerra, ma estremamente rara.
 
Il provvedimento rende difficile, se non impossibile, entrare nella “terra promessa” per la maggior parte dei profughi: sebbene l’amministrazione Usa inviti a contattare la più vicina ambasciata per scoprire come ottenere un passaporto G, l’ambasciatore iracheno negli Stati Uniti, Samir Sumaida'ie, ha già rivelato che “nessuna delle 50 sedi diplomatiche irachene nel mondo è in grado di emettere i nuovi passaporti serie G”. L’unica soluzione è quindi tornare a Baghdad con tutto quello che comporta in termini di rischio e di spese economiche.
 
 
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