Prima visita ufficiale in Libano di Ignazio Efrem II, patriarca siro-ortodosso
Beirut (AsiaNews) – “La nostra missione in Medio oriente è quella di essere servitori e non padroni. Cristiani e musulmani della regione, lavoriamo per la pace”. È il messaggio che Ignazio Efrem II, nuovo patriarca siro-ortodosso, ha lanciato in occasione della sua prima visita ufficiale in Libano.
Egli ha concluso ieri la sua visita con una messa solenne nella chiesa di Sant’Efrem a Beirut, alla presenza di autorità e personalità libanesi.
Il patriarca è arrivato nel “Paese dei cedri” il 6 novembre scorso, dopo aver visitato Sadad (Siria), dove esiste una delle più antiche presenze siriache dell’Oriente, al presente minacciata dall’avanzata dei gruppi dello Stato islamico. Per recarsi a Sadad con urgenza, il patriarca ha interrotto un viaggio negli Stati Uniti. La sua venuta a Beirut ha come motivo quello di incoraggiare i fedeli a rimanere legati all’Oriente.
Il patriarca conosce molto bene il Libano. Nato nel 1965 a Kamichli (Siria), egli ha compiuto i suoi studi di teologia nel convento di Atchaneh (Metn - Libano), poi proseguiti al Cairo, in Irlanda e Gran Bretagna. Proprio ad Atchaneh, lo scorso 31 marzo 2014, il Sinodo della sua Chiesa lo ha scelto per succedere al patriarca Zakka II Iwas.
Alla divina liturgia il patriarca dei siro-ortodossi ha lanciato un appello per l’elezione rapida di un nuovo presidente della Repubblica del Libano, e perché musulmani e cristiani libanesi “lavorino in spirito di condivisione e fraternità per salvaguardare il Libano e la sua unità”.
“La regione del Medio oriente – ha detto – è cara al nostro cuore. Abbiamo messo le radici e siamo cresciuti, e vi resteremo fino alla fine dei tempi”.
Pregando perché “i diritti dell’uomo e la sua dignità siano rispettati”, egli ha aggiunto. “Come possiamo vivere senza vedere la presenza di Dio in ogni volto umano? Perché ci operiamo per eliminare l’altro, invece di educarlo e portarlo a maturità?”.
Il patriarca si è felicitato con la Chiesa assira per la recente liberazione di 37 fedeli, ostaggi dello Stato islamico, lasciati liberi dopo il pagamento di un pesante ricatto. Ma ha anche ricordato e pregato per il ritorno dei vescovi di Aleppo, Boulos Yazigi (greco-ortodosso) et Youhanna Ibrahim (siro-ortodosso), sequestrati in Siria da 18 mesi e le cui tracce sembrano perdute.
Responsabili civili e religiosi
Il 6 novembre il patriarca ha visitato i responsabili civili e religiosi del Libano. Egli è stato ricevuto dal presidente della Camera, Nabih Berri, e dal primo ministro Tammam Salam, come pure dallo cheikh Abdel Latif Deriane, Mufti della Repubblica, da Abdel Amir Kabalan, vice-presidente del Consiglio superiore sciita, e da Naïm Hassan, cheikh Akl della comunità drusa. La giornata si è conclusa con una cena comune in un grande albergo di Beirut. Con l’occasione, il capo della Chiesa siro-ortodossa, ha elogiato il Libano come “Paese-rifugio” per tutti coloro che aspirano alla libertà e ha spiegato che in lingua siriaca, la parola “Libano” significa “cuore di Dio”.
“Noi vogliamo che questo Paese rimanga il Paese dell’apertura al mondo e dell’apertura di ogni libanese verso il suo compatriota” ha sottolineato, pregando che i libanesi sappiano “unirsi in solidarietà e fare i loro interessi, a partire dall’elezione di un nuovo capo di Stato”.
Egli ha anche espresso la speranza che siano eletti o scelti deputati e ministri siriaci. “La nostra missione in Oriente – ha aggiunto – è quella di essere servitori e non padroni. Cristiani e musulmani della regione, lavoriamo per la pace. Abbiamo vissuto insieme per centinaia di anni e non abbiamo altra scelta che vivere insieme in spirito di famiglia e di mutuo amore fraterno”.
Dopo aver visitato la Dar el-Fatwa, l’istituzione superiore del sunnismo in Libano, Ignazio Efrem II ha precisato: “La nostra visita qui non è semplice protocollo. Essa vuole consolidare i legami di cordialità e d’amore che esistono fra la Chiesa siriaca e i musulmani, in particolare in questo quartiere di Beirut, che ospita la sede dell’episcopato e dove si eleva la più antica chiesa siriaca contemporanea, la cattedrale dei santi Pietro e Paolo”.
Il 6 novembre il patriarca aveva celebrato la messa proprio in questa cattedrale e aveva benedetto una delle due stele erette per commemorare il genocidio del 1915, le cui vittime sono armeni, ma anche siriaci, caldei e assiri. L’altra stele è stata eretta nella chiesa di sant’Efrem.
Vale la pena ricordare che il patriarcato siro-ortodosso ha riconosciuto alcune apparizioni della Vergine sulla cupola della cattedrale di Mousseitbé, avvenute a più riprese nel 1970, durante il periodo pasquale. Tali apparizioni sono state interpretate come un avvertimento in relazione alle difficoltà e dolori che stavano per abbattersi in Libano con la guerra civile (1975-1990).