18/03/2023, 09.00
MONDO RUSSO
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Prigožin, il 'cuoco' del putinismo estremo

di Stefano Caprio

Per anni ha negato di essere il fondatore e il comandante della “compagnia Wagner”, di cui oggi invece si gloria come del “migliore esercito del mondo”. La sua biografia - dal carcere alla ristorazione, fino agli strali di oggi contro il resto dell’élite del Cremlino - è una sintesi della storia tardo e post-sovietica.

La disfida di Bakhmut, battaglia disperata per conquistare uno 0,02% in più di territorio nel sempre più devastato Donbass, sta diventando uno snodo fondamentale non tanto per le sorti dell’avventura militare dei russi in Ucraina, ma per delineare il futuro del putinismo, che assume toni sempre più foschi e satanici, e di conseguenza di molti equilibri geopolitici nell’ordine mondiale. Le forniture di armi e munizioni da una parte e dall’altra, in vista anche di un nuovo scontro di massa in primavera, mettono in evidenza le dimensioni più estreme delle strategie militari, e in Russia esaltano sempre più la figura di Evgenij Viktorovič Prigožin, ex-galeotto, “cuoco” di Putin, oligarca e capo militare, ideologo e politico, oggi addirittura auto-candidato alla presidenza dell’Ucraina.

La biografia di Prigožin è una sintesi della storia tardo e post-sovietica. 61 anni, nato a Leningrado come Putin e il patriarca Kirill, rimasto presto orfano di padre (istruttore di sci di fondo), Evgenij è cresciuto con la madre infermiera. Vinse alcune gare sciistiche, ciò che gli permise di frequentare una scuola speciale per gli sportivi, e i compagni di classe lo ricordano anche come uno “a cui piaceva leggere molto”. La carriera sportiva però s’interruppe presto, quando a 18 anni fu condannato a due anni per furto, da scontare ai servizi sociali. Prima della scadenza, però, fu accusato per diversi atti di vandalismo, prendendosi un’altra condanna a 13 anni di galera.

Nel lager ebbe inizio la carriera imprenditoriale di Prigožin, diventato “brigadiere” delle squadre di autogestione dei detenuti (di solito formate dai ceffi più violenti), costringendo tutti i camerati a preparare souvenir da vendere al di fuori, accumulando un primo gruzzolo non trascurabile per i tardi anni sovietici. Sempre secondo i racconti dei compagni di cella, “tutti i giorni si gonfiava i muscoli con gli esercizi, e non smetteva di leggere libri”. Riuscì a ottenere uno sconto di pena, uscendo di prigione nel fatidico 1990 della svolta gorbacioviana.

Non proseguì la carriera criminale, e si iscrisse all’istituto chimico-farmaceutico di Leningrado senza però ottenere il diploma e gettandosi, invece, tra i primi nel business sfrenato dei primi anni post-sovietici. La sua fama di “cuoco” è iniziata dalle bancarelle di strada in cui preparava gli hot-dog, un simbolo dell’americanizzazione della Russia eltsiniana. Ben presto, nel 1995, aprì il suo primo ristorante, Staraja Tamožnja (“Vecchia Dogana”), nell’ex-edificio della Kunstkamera della ri-nominata San Pietroburgo, il primo ristorante d’élite della capitale del nord, frequentato dai pietroburghesi più in vista. In seguito Prigožin ha sperimentato vari altri formati di ristorazione: Russkij Kitsch, la rete ebraica Set Sorok, Blin!Donalt’s (“Caspita!Donalt”, una parodia dei Mac Donald’s) e altre ancora.

L’apogeo della fama di “cuoco” fu raggiunto nel 2001, in un suo nuovo ristorante sull’acqua, New Island, in cui il nuovo presidente Vladimir Putin organizzò un incontro con il suo omologo francese Jacques Chirac, e l’anno successivo con Georges W. Bush. Nel 2003 Putin vi organizzò perfino il suo compleanno, consolidando il legame privilegiato con Prigožin e la sua cucina. Il business si allargò a dismisura con il catering, di cui divenne il principale imprenditore di Russia con l’azienda Konkord, servendo in particolare i pranzi d’onore del Cremlino e perfino le inaugurazioni presidenziali. Anche le mense scolastiche di Mosca e Pietroburgo erano organizzate dalla ditta di Prigožin, finchè nel 2010 venne firmato un gigantesco contratto esclusivo con il ministero della Difesa per sfamare soldati e ufficiali.

Il passaggio dalle pentole alle armi automatiche è in realtà piuttosto oscuro; per anni Prigožin ha negato di essere il fondatore e il comandante della “compagnia Wagner”, di cui oggi invece si gloria come del “migliore esercito del mondo”. La sua attività si lega all’inizio della “guerra ibrida” nel Donbass, dopo la rivolta del Maidan di Kiev e l’annessione della Crimea nel 2014. Le prime notizie pubbliche sono apparse sul sito pietroburghese Fontanka.ru nel 2015, in cui si raccontava che due anni prima, nel 2013, due manager di un’agenzia privata di sicurezza, Moran Security Group, Vadim Gusev e Evgenij Sidorov (di fatto i prestanomi di Prigožin) avevano registrato a Hong Kong il “Corpus slavo”, Slavjanskij Korpus, per la difesa delle navi commerciali dai pirati, assumendo circa 300 guardie per la “difesa delle miniere e dei pozzi petroliferi” in Siria, dove in realtà presero parte alla guerra civile in corso.

I membri del gruppo fecero poi ritorno in Russia, dove inizialmente vennero arrestati per “attività mercenarie illegali”. Uno dei capi era Dmitrij Utkin, il “colonnello” oggi 52enne, che poco dopo apparve in azione a Lugansk, per difendere la popolazione russofona dall’esercito ucraino. A lui venne per la prima volta associato il nome di “compagnia Wagner”, soprannome di Utkin per l’evocazione del musicista ispiratore del Terzo Reich, di cui l’ex-spetsnaz pare fosse un grande ammiratore. Il simbolo della compagnia riporta al centro la stella sovietica, con due spade intrecciate su sfondo rosso-bruno, i colori del “fascio-comunismo”, e le parole “Sangue, Onore, Patria, Coraggio” a contorno. Da altre fonti si attribuisce l’inizio dell’operazione a un accordo tra ufficiali russi della difesa con un’agenzia di sicurezza in Sudafrica, la Executive Outcomes, che raccoglieva militari formalmente in pensione, ma ancora in piena efficienza.

Di fatto la guerra in Ucraina è stata condotta per otto anni dalla Wagner, con centinaia di membri che a turno hanno affiancato i separatisti nelle lotte di città e quartieri, sotto il comando di uno dei capi dei mercenari, Igor Girkin detto Strelkov (l’Arciere) che divenne il volto pubblico dei militanti filorussi di Donetsk. Il gruppo conquistò anche l’aeroporto di Lugansk, e si occupò di selezionare i personaggi locali più graditi al Cremlino, mettendone altri fuori gioco con metodi brutali. Ancora nel giugno 2022 i tribunali di Mosca condannavano chi attribuiva a Prigožin la guida della Wagner, come il noto giornalista Venediktov, ma da settembre dell’anno scorso lo stesso “cuoco” e oligarca cominciò pubblicamente a recarsi nei vari luoghi di detenzione, per arruolare soldati da aggregare al suo gruppo di mercenari, rompendo gli indugi.

È difficile quantificare il numero dei mercenari della Wagner, che ovviamente non è mai stato pubblicato in alcun modo. Di sicuro dalle carceri sono stati tirati fuori due-tremila detenuti, molti dei quali sono morti in battaglia, e gli effettivi del gruppo potrebbero raggiungere le 15-20 mila persone tra i tanti luoghi nel mondo in cui la compagnia è attiva, con continue rotazioni di nuove reclute. Lo stesso Prigožin ha parlato recentemente di membri stranieri aggregati in vari Paesi, anche dell’odiato Occidente europeo e americano. Non sono chiari neanche i finanziamenti di cui gode, tra pubblico e privato, per un livello stimato intorno ai 200 milioni di euro annui, in parte assicurati dai ristoranti e centri commerciali di Prigožin. Lo stesso fondatore ha affermato che “la Wagner è finanziata dai soldi guadagnati con la vendita delle lacrime e delle sofferenze delle democrazie occidentali”.

Oltre all’Ucraina e alla Siria, le due guerre in cui la Wagner è impegnata ufficialmente, la compagnia è attiva in diversi Stati africani: Sudan, Libia, Centrafrica, Mozambico, Mali e Burkina Faso, appoggiando in vario modo le parti in conflitto nelle guerre civili e contese di potere. Non è quindi improbabile che possano avere ragione i politici europei che accusano Prigožin di agire anche sui flussi dei migranti da inviare attraverso il Mediterraneo, tramite la Libia e la stessa Siria, per mettere in difficoltà i governi nemici.

La fama più sinistra di Prigožin è legata all’esecuzione di un membro della Wagner, Evgenij Nužin, avvenuta a Kiev da parte dell’esercito ucraino lo scorso novembre. Nužin, di origine kazaca, era un criminale e assassino condannato a 25 anni di galera, arruolato da Prigožin e divenuto uno dei comandanti sul campo in Ucraina, dove era divenuto molto popolare tra i soldati. Sono state diffuse le foto della sua esecuzione a colpi di kuvalda, la mazza per i lavori pesanti, e da allora il minaccioso attrezzo è diventato il nuovo simbolo della Wagner e dello stesso Prigožin, che ne invia eloquenti esemplari ai suoi peggiori nemici. Oltre alle azioni militari, il “cuoco” è famoso anche per la “fabbrica dei troll”, cioè degli attacchi hacker e delle intromissioni nelle campagne elettorali nei Paesi occidentali, a cominciare dagli Stati Uniti in quella per l’elezione di Donald Trump del 2016, e nello stesso anno anche nel referendum inglese della Brexit. Recentemente Prigožin ha ammesso che “noi abbiamo interferito, interferiamo e continueremo a interferire… in modo accurato e chirurgico, a modo nostro”.

Da molte parti si paragona Prigožin a Rasputin, il monaco che condizionava la politica dello zar Nicola II, che oggi cerca di condizionare Putin contro il resto dell’élite del Cremlino, a suo parere “una massa di incapaci, che non vogliono davvero vincere la guerra”. Rasputin fu assassinato, con molta fatica, dai nobili congiurati nel 1916, anche perché voleva sconsigliare allo zar di entrare in guerra. Cent’anni dopo, lo spirito del monaco dal nome simile al nuovo zar sembra volersi prendere la rivincita, questa volta incitando alla violenza più estrema. Putin significa “l’uomo della via” (Put), Ras-putin “l’uomo del crocevia”, in cui la Russia deve scegliere il suo destino.

 

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