Premio Madre Teresa 2019 ad attivisti e Ong che combattono lavoro forzato e tratta
La cerimonia di premiazione sarà il 3 novembre. Il premio quest’anno è andato a individui e associazioni che lottano “contro le moderne forme di schiavitù”. Tra i vincitori, un’indiana che ha salvato 72mila vittime di tratta e una Ong che ha liberato 30mila lavoratori schiavi in Karnataka.
Mumbai (AsiaNews) – Un attivista indiano già Premio Nobel per la Pace nel 2014 per il suo movimento contro il lavoro minorile; un’associazione statunitense di medici che combatte il traffico di organi, soprattutto in Cina; un ufficio che salva donne e ragazze yazide sfruttate dallo Stato islamico (Is). Sono alcuni dei vincitori indiani e internazionali dell’edizione 2019 del Premio Madre Teresa, intitolato alla memoria della santa di Calcutta. I nomi sono stati annunciati dalla Harmony Foundation il 29 ottobre. La consegna dei premi avverrà a Mumbai il 3 novembre.
Secondo la Harmony Foundation, che ha istituito il riconoscimento, tutti i vincitori sono “attivisti sociali rinomati per il lavoro umanitario svolto nella lotta contro le moderne forme di schiavitù e nella riabilitazione delle vittime”. Oggi la schiavitù, sottolinea la fondazione, “è una triste realtà che affligge milioni di persone nel mondo. Le forme contemporanee comprendono lavoro minorile e sfruttamento di bambini, sfruttamento e schiavitù sessuale, lavoro forzato, traffico e prelievo di organi, minori costretti a combattere”.
Abraham Mathai, presidente della fondazione, sottolinea che “la schiavitù è una maledizione creata dall’uomo nell’umanità e colpisce tutti noi”. Nel mondo ci sono 40,3 milioni di vittime di schiavitù, e il 71% di esse sono donne e bambini. In termini pratici, “ogni giorno 10mila persone necessitano di essere salvate se si vuole sradicare la schiavitù entro 10 anni”. L’India è al primo posto al mondo come numero di schiavi.
Nel dettaglio, i vincitori di quest’anno sono: Kailash Satyarthi, Premio Nobel per la Pace e fondatore dell’associazione “Bachpan Bachao Andolan”, “perchè combatte il lavoro minorile e la tratta in India e nel sud-est asiatico”; il regista americano Robert Bilheimer “perchè usa le sue capacità di regia per diffondere la consapevolezza dell’esistenza delle forme moderne di schiavitù e ispira la lotta contro di esse”; Junior Nzita Nsuami, ex bambino soldato, “che guida una campagna internazionale delle Nazioni Unite contro l’uso di bambini soldato nelle guerre”; Ajeet Singh, “per i suoi sforzi nel liberare la prima area a luci rosse dallo sfruttamento sessuale commerciale di minori in India”.
Altri premiati sono: Alezandra Russell, fondatrice di “Urban Light”, “per essere stata l’unica ad appoggiare i giovani maschi trascurati e ignorati nei distretti a luci rosse della Thailandia”; l’indiana Hasina Kharbhih, fondatrice di “Impulse Empower”, “per aver salvato e responsabilizzato più di 72mila vittime vulnerabili dal destino del traffico di esseri umani”; Rob Williams, amministratore delegato di WarChild UK, “perché protegge e sostiene in modo persistente i bambini nei conflitti armati in alcune delle regioni più ostili al mondo”; l’attivista e assistente sociale indiana Priti Patkar, “per il suo approccio olistico nel tentativo di abolire la prostituzione intergenerazionale”.
Oltre a questi individui, sono state insignite anche quattro associazioni: Dafoh, di medici statunitensi, “per i suoi decennali sforzi nel rendere consapevole e sensibilizzare sia la comunità medica che la società civile sul prelievo non etico di organi, specialmente in Cina”; Free A Girl, Ong internazionale, “che reintegra in modo unico ex lavoratrici del sesso nella società civile e le forma a diventare future sostenitrici; Jeevika, “per aver liberato oltre 30mila lavoratori forzati e per il serio impegno a sradicare del tutto la pratica in Karnataka”; l’Ufficio per il recupero delle yazide, “per aver attraversato una delle regioni più ostili al mondo e aver promesso di salvare tutte le vulnerabili donne e ragazze yazide dalle grinfie malvagie dell’Is”.
05/04/2019 13:38