Polizia di Hong Kong: spareremo proiettili letali contro chi lancia bottiglie Molotov
L’Associazione dei poliziotti considera le Molotov una minaccia alla vita. Secondo i dimostranti Hong Kong sta scivolando in uno stato di polizia. Ogni giorno vi è una conferenza stampa delle forze dell’ordine, mentre la governatrice tace. Zhao Kezhi, ministro della Pubblica sicurezza, insieme a Xi Jinping per Macao. I problemi di Hong Kong trattati come problemi di “sicurezza nazionale”.
Hong Kong (AsiaNews) – L’Associazione dei giovani ufficiali di polizia di Hong Kong ha dichiarato che d’ora in poi le forze dell’ordine potranno rispondere con proiettili letali verso chiunque lanci bottiglie Molotov contro di loro. L’Associazione, che raccoglie l’80% di tutti i poliziotti del territorio, afferma che il lancio di Molotov contro poliziotti è da considerare una minaccia alla loro vita e quindi essi potranno rispondere anche con armi letali.
La dichiarazione, diffusa ieri pomeriggio, segue di un giorno quanto è successo dopo la manifestazione del 15 settembre. Durante gli scontri fra polizia e manifestanti radicali, 10 dimostranti vestiti di nero hanno lanciato almeno tre bottiglie Molotov contro poliziotti. Un veicolo ha preso fuoco, ma non vi sono stati danni alle persone. I poliziotti hanno estratto le armi, ma non hanno sparato nessun colpo.
Secondo l’Osservatorio dei diritti umani di Hong Kong, la dichiarazione potrà creare solo “confusione” perché invece di spingere i poliziotti a mettere a freno l’uso della forza, rischia di spingere a un uso maggiore di violenza.
Per molti giovani dimostranti, questa mossa è una prova ulteriore che Hong Kong sta scivolando in uno stato di polizia, dove le forze dell’ordine hanno carta bianca, pur di restaurare la sicurezza.
Essi ricordano i loro soprusi: uso eccessivo della forza contro pacifici manifestanti; lancio di proiettili di gomma ad altezza d’uomo, passibili di ferire in modo grave i colpiti; il ferimento di una ragazza che rischia di perdere un occhio; arresti “selettivi” di giovani vestiti di nero, lasciando liberi gruppi violenti pro-Cina; collusione con le mafie locali e cinesi, come verificatosi negli incidenti di Yuan Long; attacco contro manifestanti e passeggeri alla stazione di Prince Edward.
Secondo il prof. Bruce Lui Ping Kuen, della Baptist University (foto 2), è ormai chiaro che la polizia di Hong Kong agisce come quella della Cina popolare, ossia “non per far rispettare la legge, ma agendo al di sopra della legge”. E questo avviene perché essi rispondono ormai non al governo di Hong Kong, ma alla Cina in modo diretto, distruggendo già ora il principio “una nazione, due sistemi” e facendo scivolare Hong Kong sotto il principio “una nazione, un sistema”, quello di Pechino.
Fra i segnali preoccupanti di questa direzione, gli osservatori citano il fatto che ormai, nei media non si sente parlare il capo dell’esecutivo, Carrie Lam, ma ogni giorno vi è una conferenza stampa della polizia che fa una verifica degli incidenti avvenuti il giorno precedente e giustifica il suo operato, concludendo sempre con una auto-assoluzione (foto 3).
Il prof. Lui ricorda che lo scorso 11 settembre, il presidente Xi Jinping si è incontrato a Pechino con il nuovo governatore di Macao, appena eletto, Ho Iat-seng. Egli fa notare che insieme a Xi vi era anche Zhao Kezhi, ministro della Pubblica sicurezza, che sovrintende alle forze di polizia del Paese. Per molti osservatori, il fatto che per la prima volta Zhao fosse presente in un incontro riguardante Macao, e che la Xinhua abbia sottolineato la sua presenza nei dispacci ufficiali, significa che il problema della sicurezza a Macao e a Hong Kong è ormai affidato in modo diretto al ministero in Cina. Ciò significa che i problemi di Hong Kong sono trattati ormai come problemi di “sicurezza nazionale” della Cina.
Zhao Kezhi sembra plasmare anche tutta la campagna mediatica contro le manifestazioni di Hong Kong. Lo scorso agosto, visitando il Guangdong, egli ha accusato “forze straniere” di fomentare i disordini a Hong Kong e ha chiesto alla polizia di rimanere in allerta contro “le infiltrazioni straniere che tendono alla sovversione”.
Per gli osservatori, la polizia di Hong Kong sembra ormai ubbidire al Partito comunista cinese. Forse è per questo che essa agisce “sopra la legge”. Il prof. Bruce Lui Ping Kuen ricorda una massima leninista: “Chi lavora per il Partito sta sopra la legge”: è quanto succede in Cina e ora anche ad Hong Kong.
24/09/2019 14:19
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