Poca attenzione in Turchia al mancato incontro Erdogan-Papa. Che però potrebbe esserci
Ma un collaboratore del premier apre ad un possibile colloquio, al quale accenna anche il Vaticano. Il ministro per gli Affari religiosi torna a criticare Benedetto XVI. Attesa per il rapporto ufficiale della Commissione Europea sulle riforme nel Paese: una bocciatura potrebbe riflettersi negativamente proprio sulle minoranze etniche e religiose.
Ankara (AsiaNews) - Su tutti i maggiori quotidiani nazionali turchi la notizia che oggi occupa le prime pagine con numerose foto a colori è la pioggia torrenziale che sta devastando l'est della nazione e che nel giro di pochi giorni ha già portato via una trentina di vite umane. Alluvioni e inondazioni vedono impegnate le Forze Armate e le varie associazioni umanitarie turche ed internazionali. Questa è la tragedia che sta vivendo ora la nazione turca.
Non c'è grande spazio per la notizia che altrove serpeggia come un veleno, che Erdogan, il primo ministro turco, non dovrebbe incontrare papa Benedetto XVI durante la sua visita in Turchia dal 28 novembre al 1 dicembre. Questo era quanto si sapeva finora, ma proprio oggi un suo collaboratore ha detto che "il primo ministro non ha preso la decisione di principio di non incontrare il Papa" e che "se di comune accordo fosse trovato un momento conveniente", "gli farebbe piacere incontrarlo".
Una indiretta conferma dell'atteggiamento di Erdogan viene oggi da un comunicato vaticano, nel quale si precisa che "la Santa Sede era già da tempo informata - nel corso della preparazione del viaggio - circa la concomitanza con l'importante impegno del Primo Ministro per il vertice della NATO in Lettonia, ed era altresì informata che il Capo del Governo avrebbe cercato di essere presente in Turchia per incontrare il Santo Padre ma che non poteva garantirlo, e in caso di assenza sarebbe stato rappresentato da altra importante autorità del Governo, cioè il Vice Primo Ministro".
In Turchia l'assenza del premier turco nei giorni della visita papale era stata sostenuta fin da quando, appena dopo la morte di don Andrea Santoro - assassinio che aveva sbloccato l'incertezza sull'invito del Pontefice in terra turca - il presidente della Repubblica turca Necdet Sezer aveva dato l'ok. Sezer aveva sottolineato l'impossibilità della presenza del premier per via dell'incontro Nato che si sarebbe svolto in Lettonia nelle stesse date. Di più, lo stesso Sezer disse di non voler cambiare date proprio per la valenza religiosa che quel 30 novembre, festa di sant'Andrea, patrono degli ortodossi, aveva agli occhi di Benedetto XVI che desiderava partecipare alle funzioni religiose organizzate dal patriarca Bartolomeo I. E allora, sui quotidiani turchi, veniva riportato il fatto che fu lo stesso presidente a rinunciare a presenziare all'importante e strategico summit della Nato, per poter incontrare personalmente Benedetto XVI, capo dello Stato Vaticano, sul territorio turco.
D'altro canto, si sa quanto sia strategico che il premier turco Erdogan partecipi a questo importante appuntamento con gli USA e gli altri stati membri della NATO, confermando il suo impegno a rispettare gli impegni internazionali della Turchia proprio ora in cui già i rapporti con la Comunità Europea sono estremamente fragili e controversi.
E' anche vero, però, che il summit della Nato si svolge a Riga solo il 28 e 29 novembre e che, il 30, Erdogan sarà di nuovo in patria.
Ieri, poi, parlando della visita del Papa, il responsabile degli Affari religiosi, Alì Bardakoğlu ha sostenuto che le critiche all'islam sono una seria minaccia per la pace, dicendosi addolorato di vedere l'islam criticato mentre si ignora il contributo della religione alla civiltà. "Questo atteggiamento ha affermato che accresce le divisioni e la mancanza di reciproca fiducia, sta seriamente minacciando la pace".
Confermando poi un suo colloquio con Benedetto XVI durante la visita in Turchia "l'incontro tra persone ha detto non significa che si approvino reciprocamente".
L'impressione, insomma, è che anche in questo caso la Turchia non abbia deciso con sicurezza quale strada intraprendere, mentre i mass media turchi parlano di "schizofrenia europea", viste le diverse e contrapposte posizioni che l'Europa tiene nei confronti della Turchia. Solo fino a qualche tempo fa sembrava estremamente favorevole all'ingresso della Turchia, elogiandone i progressi compiuti sulla strada delle riforme e riconoscendo gli sforzi operati verso la democratizzazione del Paese, ora pare aver tirato quel freno che potrebbe bloccare il cammino intrapreso sospendendo l'inizio del negoziato previsto per dicembre di quest'anno.
Intanto si aspetta con ansia il rapporto ufficiale che la Commissione Europea emanerà l'8 novembre. Dalle anticipazioni trapelate, vengono indicati dei punti critici difficili da sormontare, quali il rapporto commerciale con Cipro, la libertà di espressione e la tutela dei diritti delle minoranze etniche e religiose, il ruolo dei militari nella vita civile del Paese, l'uso delle torture ancora presente nelle carceri.
Risultato? Anche il parere della popolazione turca sta cambiando: mentre fino all'anno scorso i favorevoli all'ingresso in Europa superavano il 70%, ora sono scesi al 54%.
Dato preoccupante, che potrebbe avere delle conseguenze nefaste, proprio nei confronti di quelle minoranze etniche e religiose che si vorrebbe maggiormente integrate e rispettate, qualora la Commissione europea prendesse una decisione sbagliata.