19/02/2025, 11.04
CAMBOGIA
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Phnom Penh: pene più severe per chi nega i crimini dei Khmer Rossi

L’Assemblea nazionale ha approvato un disegno di legge che prevede fino a cinque anni di carcere per chi mette in discussione le atrocità del regime di Pol Pot. Il provvedimento arriva a pochi mesi dal 50° anniversario della loro presa del potere. Ma per gli osservatori la norma potrebbe essere usata anche per reprimere il dissenso politico.

Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) – L’Assemblea nazionale della Cambogia ha approvato all'unanimità un disegno di legge che inasprisce le pene per chi nega i crimini commessi sotto il regime dei Khmer Rossi. Il provvedimento prevede condanne fino a cinque anni di carcere e multe che variano tra i 2.500 e i 125mila dollari per chiunque "negherà la verità sull'amaro passato". 

L’obiettivo dichiarato è prevenire il ripetersi di simili atrocità e garantire giustizia alle vittime del regime che, tra il 1975 e il 1979, ha causato la morte di quasi 2 milioni di persone per fame, lavori forzati ed esecuzioni di massa. Ma alcuni osservatori temono che sia l’ennesima misura per reprimere il dissenso interno. 

Tutti i 115 membri della Camera bassa del Parlamento cambogiano hanno votato a favore del disegno di legge, che sarà ora trasmesso al Senato per un’approvazione formale prima di diventare effettivo con la firma del re Norodom Sihamoni. Il provvedimento giunge pochi mesi prima del 50° anniversario della presa del potere da parte dei Khmer Rossi, avvenuta il 15 aprile 1975.

La nuova normativa sostituisce una legge simile introdotta nel 2013 su iniziativa dell’allora primo ministro Hun Sen, che nel 2023 ha lasciato l’incarico a favore del figlio Hun Manet, e oggi ricopre l’incarico di presidente del Senato, continuando ad esercitare una certa influenza sul governo. La legge precedente prevedeva pene più leggere – da sei mesi a due anni di reclusione e multe fino a 1.000 dollari – e fu approvata dopo che un esponente dell'opposizione aveva messo in dubbio l’autenticità di alcune prove sulle atrocità del regime, affermando che fossero state fabbricate dal Vietnam. 

Secondo la dichiarazione ufficiale dell’Assemblea nazionale, il disegno di legge punisce gli individui che non riconoscono, negano o si oppongono al riconoscimento di crimini provati nei procedimenti legali condotti dal tribunale sostenuto dalle Nazioni unite. Il Tribunale, attivo dal 2009, ha stabilito che il regime maoista guidato da Pol Pot ha commesso genocidio, crimini contro l'umanità e gravi violazioni del diritto umanitario internazionale.

Alcuni osservatori temono che la nuova legge possa essere usata dal governo per rafforzare il controllo politico e reprimere ulteriormente il dissenso. Gruppi per i diritti umani hanno accusato Hun Sen di aver sfruttato il sistema giudiziario per eliminare l’opposizione durante i suoi 38 anni di governo, e vedono in questa misura un altro potenziale strumento per soffocare le voci critiche.

La maggior parte dei cambogiani non mette in discussione le responsabilità dei Khmer Rossi nei crimini commessi tra il 1975 e il 1979. Tuttavia Hun Sen, che aveva per la prima volta proposto una revisione della legge a maggio dello scorso anno, ha ventilato la possibilità che i suoi oppositori politici avrebbero potuto istigare una “rivoluzione dei colori” (simile alle rivolte avvenute in Ucraina e in altri Stati ex sovietici) trascinando il Paese in un nuovo periodo di violenze.

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