Pezzotta: L'Italia non appoggi la giunta militare del Myanmar
Roma (AsiaNews) Il segretario generale della Cisl, uno dei sindacati italiani, chiede all'Italia di non fare affari con la giunta militare di Yangon. Di ritorno da un viaggio nel sud-est asiatico dove ha incontrato leader politici e sindacali in esilio - Savino Pezzotta ha spiegato ad AsiaNews le preoccupazioni per la democrazia in Myanmar, alla vigilia dell'incontro nazionale sulla nuova costituzione, voluto dalla giunta militare. In una lettera a Gianfranco Fini, ministro italiano degli esteri, Pezzotta ha chiesto che l'Italia si schieri con più decisione contro l'oppressione dei diritti umani. Ecco l'intervista rilasciata ad AsiaNews:
Dott. Pezzotta, qual è la sua esperienza birmana?
Ho incontrato i dirigenti del sindacato birmano in esilio, nei campi profughi e nelle scuole che hanno costruito al confine con la Thailandia. Ho anche incontrato 150 rappresentanti dell'opposizione, raccolti nel Consiglio nazionale dell'unione birmana (Ncub). Loro stanno lavorando per la nuova costituzione e chiedono di non essere dimenticati dall'opinione pubblica internazionale. In occidente nessuno ne parla; invece occorre che la vicenda birmana sia portata ancora alla luce del sole. Mentre il governo prepara la nuova costituzione, senza la presenza dell'opposizione, una specie di Comitato nazionale per la liberazione, sta stilando la loro costituzione birmana. Fra gli esiliati sono presenti tutti gli elementi della società, anche i sindacati. Il primo obbiettivo per loro e per noi è la liberazione di Aung San Suu Kyi, la leader della Lega per la democrazia, che ora è agli arresti domiciliari.
Come mai un sindacato occidentale si interessa alla costituzione di un paese asiatico?
I diritti sindacali sono legati al rispetto per i diritti umani: libertà di associazione, diritto al lavoro e a un lavoro decente. Quello che mi ha colpito di più è la situazione non solo di sfruttamento ma di vero schiavismo: il lavoro forzato utilizzato per piegare e condizionare chi cerca la libertà. L'occidente è indifferente. E non si spiega perchè. Forse perché pensa sia solo una questione "asiatica", che non tocca il mondo occidentale. Ma ovunque l'uomo viene umiliato, lì deve scattare il nostro interesse.
L'Italia fa qualcosa per il Myanmar?
Ho scritto una lettera la ministro degli Esteri Gianfranco Fini per chieder un appoggio pubblico al lavoro fatto dal Ncub. Ho anche chiesto che il governo italiano sia coerente con l'indicazione dell'Unione Europea, perchè vengano fermate le esportazioni birmane verso il nostro paese. Imprese di proprietà della giunta aumentano le esportazioni di legname pregiato verso l'Italia, utilizzando lavoro forzato e facendo danni all'ambiente. Nel solo mese di settembre 2004 le esportazioni sono state di 717.304 euro. Una cosa simile sta avvenendo per le esportazioni tessili. Occorre che l'Italia non si manifesti come un paese che appoggia il regime birmano, ma anzi sostenga le organizzazioni democratiche .