09/11/2003, 00.00
arabia saudita
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Petrolio, povertà, persecuzione

Con un alto numero di condanne a morte, una legge strettamente islamica, mancanza assoluta di elezioni, controllo totale sui media, l'Arabia Saudita è una dei paesi più oppressivi della terra. (scheda preparata dalla redazione di AsiaNews)

Popolazione 21,6 milioni. Musulmani 93,7%; cristiani 3,7% (cattolici 900.000).

L'importanza dell'Arabia Saudita sullo scacchiere internazionale deriva dal fatto che nel suo sottosuolo vi sono i giacimenti di petrolio più estesi al mondo. Questo ha permesso a un paese di 20 milioni di abitanti, di passare in pochi decenni dal sottosviluppo a un avanzato sviluppo economico e militare. L'Arabia è anche la patria del Profeta Maometto e la culla dell'Islam. Il pellegrinaggio alla Mecca, dove si trova la Pietra Nera, è uno dei precetti dell'Islam mondiale, che attira ogni anno milioni di fedeli da tutte le nazioni.

La casa dei Saud, un gruppo tribale che ha unificato l'area nel XVIII secolo e che - fra alti e bassi - detiene ancora il potere, è da sempre legata all'Islam wahabita, austero, letteralista e violento. Ancora oggi la monarchia deve la sua importanza per essere custode dei luoghi sacri dell'Islam e sponsor dell'interpretazione letteralista del Corano, diffusa attraverso predicatori e moschee finanziati in tutto il mondo.

In occidente la considerazione goduta dai Saud dipende dal fatto che essi posseggono l'industria petrolifera nazionale, le cui riserve sono le più vaste del mondo (il 26% del totale finora conosciuto), con una produzione di circa 8,5 milioni di barili al giorno. In più, si può dire che il petrolio saudita, estratto, è quello che ha meno bisogno di purificazione e lavorazione, diventando così anche il meno caro sul mercato.

Tanto petrolio, poco sviluppo

La ricchezza saudita è divenuta proverbiale dopo l'embargo del 1973, quando in seguito alla guerra israelo-araba, l'Arabia attuò un boicottaggio verso l'occidente innalzando verticalmente del prezzo del petrolio. In questo periodo, per sostenere la propria fiorente economia, l'Arabia apre le porte al personale straniero, ad esperti e a poveri immigranti, mentre la sua popolazione gode enormi benefici.

La fluttuazione del prezzo del petrolio negli anni successivi hanno reso più difficile lo sviluppo del paese. Anche i tentativi di allargare l'economia ad altre produzioni oltre a quella petrolifera è fallito: ancora oggi questo settore costituisce oltre il 50% delle esportazioni e il 90% delle entrate dall'estero.

Le guerre del Golfo, l'economia in discesa, assieme a un alto tasso di crescita della popolazione e a una forte dipendenza da personale straniero, hanno portato a una crescita della disoccupazione della gioventù saudita ( il 42,9% è al di sotto dei 15 anni). Secondo studi dell'Arab Bank, almeno il 12,5% dei sauditi sono senza lavoro. Gruppi dissidenti affermano che la disoccupazione è al 20%.

La politica è tutta in mano ai Saud. La estesa famiglia reale occupa tutti i posti di responsabilità nel governo. un consiglio consultivo, la shura, che consiglia il monarca. Non vi è parlamento eletto, né partiti, nè opposizione.

Le difficoltà economiche di questi anni hanno incrementato l'insoddisfazione popolare e di diversi gruppi, di solito con base all'estero. I Saud sono criticati sia per il loro carattere dittatoriale, sia per la loro alleanza con gli Stati Uniti e l'occidente in genere che rischia di "inquinare la terra sacra d'Islam".

L'11 settembre 2001 ha manifestato il groviglio: sebbene il governo di Riad sia vicino agli Stati Uniti, 14 dei 19 kamikaze dell'attacco alle Torri Gemelle avevano il passaporto saudita. Da allora la casa dei Saud è presa fra due fuochi: l'occidente e i riformisti che premono per le riforme democratiche e i gruppi fondamentalisti - anche legati ad al Qaeda - che esigono un ritorno alle radici pure dell'Islam, rifiutando democrazia occidentale e alleanza con gli USA.

Nel 2003 la casa dei Saud ha cominciato alcune timide proposte di riforme nel campo dell'educazione, dei diritti umani e delle elezioni. Questi primi passi non sono ancora attuati perché la stessa casa reale è divisa fra filo-fondamentalisti e filo-riformatori.

Cristiani in Arabia Saudita

In Arabia Saudita non esiste libertà religiosa per le centinaia di migliaia di lavoratori cristiani (soprattutto filippini e singalesi). Considerata "terra sacra" musulmana, l'Arabia Saudita non permette ai fedeli di altre religioni di costruire propri luoghi di culto né di poter celebrare tali culti in privato. É vietato il possesso di bibbie; il proselitismo religioso è punito con la morte. I lavoratori stranieri residenti in Arabia sono circa 6 milioni. Nel 1998 una retata della polizia saudita arresto numerosi lavoratori filippini incriminati per "possesso di bibbie". Spesso gli arrestati vengono espulsi.

Oltre a costituire il gruppo non-musulmano più numeroso, i cristiani sono anche i più organizzati. I gruppi clandestini di preghiera, che si riuniscono in case private, sono spesso bersaglio delle autorità saudite. Gruppi di preghiera o studio della Bibbia si trovano nelle maggiori città (Riyadh, Jiddah, Al Jubayl e Dammam). La partecipazione a queste riunioni è rischiosa. I fedeli devono stare sempre in guardia nel comunicare data e luogo dell'incontro. Il possesso di materiale non-islamico (rosario, croci, immagini sacre e bibbie) porta dritto all'arresto da parte dei mutawa'in (la polizia religiosa del buon costume). Interrogati sul motivo del divieto degli altri culti in Arabia, i musulmani affermano che la "sacralità dei luoghi santi della Mecca e di Medina è stata estesa a tutto il territorio". L'accusa di professare il credo cristiano è spesso usata come alibi per eliminare oppositori al regime.

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