Petrolio, Mosca pronta a consultarsi con i Paesi Opec (e non). Intanto tassa il settore
Mosca (AsiaNews/Agenzie) - La Russia, il maggiore produttore di petrolio al mondo, è pronta a incontrarsi con i produttori di greggio, sia dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec) che non, per discutere la situazione del mercato mondiale, qualora un tale incontro fosse convocato. Lo ha dichiarato il ministro russo dell’Energia, Aleksandr Novak, intervenendo al forum degli investimenti di Sochi il 3 ottobre, da dove ha annunciato un bilaterale tra funzionari russi e sauditi per la fine di ottobre, in cui si dovrebbe discutere di questioni energetiche e altri progetti. Poco prima, il vice di Novak, Aleksei Texler, aveva detto di non essere a conoscenza del meeting con i funzionari da Ryiadh e aveva ribadito che Mosca sarebbe andata avanti con i suoi piani di non collaborare con l’Opec, di cui non fa parte.
A novembre scorso, la Russia ha rifiutato di cooperare con l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, nel tentativo di difendere le sue quote di mercato e perché contraria a una riduzione artificiale dell’ouput di greggio, come aveva spiegato il vice premier Arkady Dvorkovich. Impossibilitata a tagliare la produzione per ripagare il suo debito e continuare ad alimentare il bilancio federale - dipendente appunto dalle entrate del settore oil&gas - il colosso statale energetico Rosneft non ha accolto la richiesta dell’Arabia Saudita di tagliare la produzione e allinearsi alle scelte Opec per combattere lo shale oil americano. Il Venezuela, che ha risentito più di tutti del calo del barile, ha chiesto da mesi un summit d’emergenza dell’Opec insieme alla Russia per cercare in qualche modo di arginare la caduta dei prezzi. L’Opec ha in programma a dicembre la regolare revisione delle quote di produzione, rimaste invariate dall’anno scorso. “Se tali consultazioni avranno luogo noi siamo pronti a prendervi parte”, ha detto Novak, senza specificare altro.
Sul petrolio le frizioni tra governo e major
Quello del petrolio è un tema che sta impegnando molto la Russia in un teso confronto con il business interno. Novak, sempre da Sochi, ha affrontato lo spinoso tema della proposta del ministero dello Finanze - incaricato dal Cremlino - di cambiare la tassa sull’estrazione minerale, per aumentare il livello di tassazione sulle attività petrolifere di 609 miliardi di rubli (circa 9 miliardi di dollari) nel 2016. L’impegno del dicastero è di non intaccare le capacità in termini di investimento e capitali delle compagnie petrolifere, ma Novak ha già avvertito che la misura potrebbe portare alla perdita di 7-10 milioni di tonnellate di produzione il prossimo anno.
Affrontando i malumori dei player dell’industria petrolifera nazionale - da cui dipende gran parte del bilancio federale - il ministero delle Finanze ha anche proposto di non procedere con la promessa riduzione dei dazi sull’esportazione oil&gas, in modo da incassare altri 200 miliardi di rubli.
Rimasto in silenzio per alcune settimane, sempre da Sochi è intervenuto Igor Sechin, numero uno di Rosneft, il colosso statale del petrolio, che rivolgendosi direttamente al premier Dmitri Medvedev ha chiesto al governo di trovare fonti alternative di introiti per le casse pubbliche.
Secondo i loro detrattori, le nuove misure del governo potrebbero portare a un pericoloso declino degli investimenti da parte delle compagnie petrolifere, che a sua volta si rifletterebbe in un crollo della produzione. Il ministero delle Finanze - in disperata ricerca di soldi e sostenuto dal Cremlino poco soddisfatto della gestione del settore anche da parte dei manager di Stato - tende a minimizzare gli allarmismi: una riduzione dell’output potrebbe non essere così automatica come si teme. “Dal nostro punto di vista, la produzione non dovrebbe diminuire in quanto tutti gli investimenti per il 2016 sono stati già fatti”, ha spiegato Ilya Trunin, capo del dipartimento per le politiche fiscali al dicastero delle Finanze, citato da Reuters.