27/09/2016, 11.25
PAKISTAN
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Peshawar: a tre anni dalla strage alla chiesa protestante, c'è ancora chi lotta per sopravvivere

di Kamran Chaudhry

Il 22 settembre nella All Saints Church si è pregato per le vittime dell’attacco talebano. Alcuni feriti ancora devono recarsi in ospedale per le cure. Il 24 settembre un’altra messa nella chiesa di St. John Vianney. La storia di Aqeel Arif, rimasto paralizzato e muto dopo le esplosioni.

Lahore (AsiaNews) – Dopo tre anni dalla strage compiuta dai talebani contro la All Saints Church (protestante) di Peshawar, alcuni feriti cristiani ancora lottano per sopravvivere. Il 22 settembre scorso, giorno dell’anniversario, nella chiesa teatro dell’attacco si è svolta una preghiera di commemorazione delle oltre 100 vittime e in sostegno delle 144 persone rimaste ferite. Il rev. Humphrey S. Peters, vescovo anglicano della Church of Pakistan, afferma ad AsiaNews che “ancora oggi quattro cristiani feriti nelle esplosioni sono costretti a recarsi in ospedale per ricevere le cure mediche” e lancia un appello al governo “affinchè mantenga la promessa di aprire un fondo per sovvenzionare le vittime della strage”.

Il 22 settembre 2013, al termine della funzione domenicale, due kamikaze si sono fatti esplodere nei pressi della chiesa protestante a Kohati Gate. Lo storico edificio, costruito nel 1883 prendendo spunto dalle moschee, è rivolto verso la Mecca e costituisce una struttura simbolo del tentativo di pace, armonia e convivenza pacifica fra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana. Al momento delle esplosioni erano presenti oltre 600 fedeli.

All’indomani dell’attentato sono stati proprio i leader della comunità islamica, insieme ai protestanti e alla Conferenza episcopale pakistana, a condannare con fermezza il barbaro atto di violenza. Da quel primo episodio, la provincia di Khyber Pakhtunkhwa (nel nord del Pakistan, di cui Peshawar è la capitale), è stata spesso bersaglio dei terroristi islamici: pochi giorni dopo, altri attentati kamikaze; nel dicembre 2014, l’attacco alla scuola militare di Peshawar, in cui sono morte 150 persone in maggioranza bambini; nel gennaio 2016 un’altra strage, questa volta all’università di Charsadda, è costata la vita a 21 studenti; l’ultimo attentato all’inizio di settembre contro la colonia cristiana di Warsak Road, a pochi chilometri dalla  scuola militare.

P. John William dichiara che la comunità cristiana “vive in costante pericolo. La situazione delle minoranze non è migliorata da quando il governo ha lanciato il Piano di azione nazionale per combattere i militanti”. Il sacerdote ha officiato una seconda cerimonia di commemorazione delle vittime nella chiesa di St. John Vianney, lo scorso 24 settembre.

Alla messa era presente anche Aqeel Arif, 47 anni, rimasto paralizzato e muto dopo l’esplosione. I dottori hanno dovuto amputargli la gamba sinistra per frenare l’emorragia, ma non sono riusciti a fare nulla per le corde vocali. Oggi l’uomo vive sulla sedia a rotelle, che i parrocchiani hanno aiutato a spingere sui gradini della chiesa. La moglie Jane racconta che le “sue medicine costano 15mila rupie al mese (circa 127 euro), cioè l’equivalente della sua pensione. Anche altri due figli sono rimasti feriti, ma non hanno mai avuto risarcimenti dal governo provinciale”. “Io ho dovuto abbandonare il lavoro – continua – e prendermi cura di mio marito, dato che la sua vita è costretta in un letto. All’inizio siamo stati aiutati sia dal governo che dalla Chiesa, ma ora dobbiamo decidere se mangiare o acquistare le medicine. Una Ong sta pagando le tasse scolastiche del figlio minore, ma non basta. Abbiamo bisogno di sostegno in maniera continua”.

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