Pescatori indiani: Nessuna ostilità verso i marò italiani
Trivandrum (AsiaNews) - "I familiari delle vittime, i sopravvissuti e la popolazione del Kerala non provano alcun astio verso i marò e verso l'Italia. Sono solo addolorati per quanto successo e preoccupati per la loro sicurezza". Così p. Ignaci Rajasekaran, cancelliere dell'arcidiocesi di Trivandrum (capitale del Kerala), commenta ad AsiaNews il clima di tensione diplomatica che contrappone ormai in modo netto le posizioni di Italia e India. Ieri una corte di Kochi ha confermato il fermo (ma non la detenzione in carceri indiane, ndr) per i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Entro 14 giorni, i militari del Battaglione San Marco saranno riascoltati. P. Rajasekaran esclude poi "nel modo più assoluto" il rischio di condanna a morte per i due marò, paventata nelle ultime ore dai media italiani. "In India - spiega - non si parla di questa possibilità. Certo, la pena di morte è legale. Ma è molto raro e improbabile che un nostro tribunale possa emettere una sentenza simile".
Sempre nella giornata di ieri, alcune persone hanno manifestato a Kochi per chiedere l'arresto dei nostri militari. Dietro le proteste, si sospetta ci sia la mano del Bjp (Bharatiya Janata Party), partito ultranazionalista indù all'opposizione in Kerala. Una fonte di AsiaNews, anonima per motivi di sicurezza, ammette che "ci sono precise ragioni politiche dietro questo polverone che si è alzato. Il Kerala è guidato dal Congress (Inp) di Sonia Gandhi, italiana e cristiana. Tra poco il Paese andrà al voto per eleggere la nuova Assemblea legislativa. Di certo il Bjp vuole sfruttare questa situazione a suo vantaggio. È possibile che voglia spingere la Gandhi a intervenire per calmare le acque, e far passare l'idea che il Congress ha più a cuore i rapporti internazionali che il bene della popolazione".
Questa mattina alcuni pescatori di Poovar (arcidiocesi di Trivandrum) hanno raccontato al sacerdote di aver subito un attacco due settimane fa da un'imbarcazione mai identificata. Il loro peschereccio riporta evidenti fori di proiettile, ma "non essendo morto nessuno - spiega p. Rajasekaran -, le autorità e i media non si sono interessati. Adesso invece, con in ballo due vite spezzate, il governo sta correndo a chiarire la situazione". Ma ai pescatori e alle famiglie, sottolinea il sacerdote, "non importa che si tratti di un cargo o di una petroliera, di una nave italiana o di un altro Paese. Quando hanno visto morire due loro compagni, i pescatori non sapevano chi avesse sparato. Hanno solo lanciato l'allarme. Il loro problema è la sicurezza. La vita di un pescatore è dura: stai via due settimane, e puoi tornare a mani vuote o con 3mila rupie di pescato. Vogliono poter uscire in mare aperto e non rischiare di perdere la loro barca. O, peggio ancora, di morire".
Intanto, lo Stato del Kerala si sta muovendo per aiutare le famiglie delle vittime. Questa mattina la vedova di Jelestein ha ricevuto le 500mila rupie di risarcimento annunciate dalle autorità nei giorni passati. Il governo ha promesso di trovarle anche un lavoro statale. Più difficile la situazione per la famiglia di Pinku. Le sorelle vivono in una zona dell'arcidiocesi di Trivandrum che però confina con il Tamil Nadu. "I due Stati - spiega p. Rajasekaran - devono trovare un accordo. Spero risolvano presto la situazione: la cultura indù è ostile nei confronti delle vedove e senza un lavoro per loro sarà molto difficile". (GM)