28/01/2014, 00.00
MEDIO ORIENTE
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Per non perdere il nuovo Risveglio arabo

di Marwan Muasher *
Una valutazione degli sviluppi che sta avendo la primavera araba nei diversi Paesi del Medio Oriente e un suggerimento al modo in cui il mondo occidentale potrebbe aiutare la transizione di questi Paesi verso la democrazia e il pluralismo.

Beirut (AsiaNews) - Il Risveglio arabo, che l'Occidente ha chiamato "Primavera" è per lo più sfociato o in regimi autoritari controllati dai militari o in governi guidati dagli islamisti, come mostra quanto accaduto in Egitto, anche alla luce dell'annuncio della candidatura di al-Sisi. Dalla Primavera si sono attesi cambiamenti immediati, ma ci vorranno decenni per costruire le basi di sistemi politici che difendano la democrazia e preservino i suoi principi fondamentali anno dopo anno. E' un processo in cui qualche nazione avrà successo, altre lotteranno, e altre falliranno. Il risultato in ogni Paese dipenderà a seconda di quali elementi nella società guideranno la trasformazione.

Quando nel dicembre 2010 un venditore ambulante tunisino si è dato fuoco, lanciando il secondo Risveglio arabo, molti sono stati colti di sorpresa. Sebbene non possa pretendere di avere il dono della preveggenza, ho avuto un forte senso di aver già vissuto queste cose - e che se non imparavamo la lezione del passato, avremmo fallito anche questa volta.

Quei timori si sono mostrati ben fondati. Una transizione dopo l'altra ha combattuto o fallito nel produrre qualche governo che potesse rispondere alle attese di libertà e opportunità dei cittadini. La fragilità delle un-tempo-promettenti transizioni arabe mostra con chiarezza l'urgenza di iniziare un doloroso processo di costruzione di un mondo arabo definito dal pluralismo e dalla tolleranza. Solo allora si potrà dire che si è realizzato il secondo Risveglio arabo e la battaglia per il pluralismo.

Uno sguardo all'indietro al "primo" Risveglio arabo, iniziato a metà del 19mo secolo, può essere illuminante. Il risveglio prese la forma di una rivoluzione intellettuale in cui una vasta gamma di pensatori arabi cominciò a mettere in discussione il controllo sulle loro nazioni da parte dei distanti despoti ottomani, criticando i loro stessi ristretti contatti con il mondo esterno. Questi appelli per un cambiamento intellettuale, economico, politico misero le basi per un nuovo mondo arabo, giungendo infine a produrre un'ondata di lotte per l'indipendenza negli anni '40 e '50 del secolo scorso.

Dittature e islamisti

In conclusione, comunque, il primo Risveglio arabo non ha realizzato in pieno le aspirazioni di molti degli ispiratori. Alla fine, le autocrazie coloniali sono state rimpiazzate con autocrazie locali - spesso di partiti unici sostenuti dai militari, che approfittando della loro legittimità rivoluzionaria hanno rinsaldato la loro presa di potere. I nuovi regimi non si sono curati di sviluppare dei sistemi politici provvisti di verifiche ed equilibri che garantissero l'accesso a tutti. Essi hanno visto il pluralismo come una potenziale minaccia e hanno preso misure molto pesanti per prevenirne ogni realizzazione.

Questo rifiuto del pluralismo ha condannato la regione araba a decenni di fallimenti politici. Le attese economiche e politiche irrealizzate, il fallimento nel risolvere la questione palestinese, la mancanza di volontà nell'offrire un buon governo della cosa pubblica ha segnato il mondo arabo nell'epoca della post-indipendenza. Per anni, gli unici gruppi che hanno battagliato con le élite al potere sono stati quelli il cui principio organizzativo era la religione. L'islam politico è emerso come l'unica alternativa al governo del partito unico.

Gli abusi del personale governativo - soprattutto le forze di sicurezza e i servizi segreti - insieme alla ricchezza concentrata nelle mani di pochi hanno mantenuto alta la tensione sotto la superficie.

Le rivolte che nel 2011 hanno soffiato nuova vita nel mondo arabo sembravano irrefrenabili, eppure gli scopi che muovevano i dimostranti non sembrano raggiungibili. Alla fine, le loro possibilità di successo nello stabilire governi pluralisti sono riposte nelle mani della popolazione dei Paesi implicati e nelle mani dei giovani che domandano il cambiamento. Ad ogni modo, gente dall'esterno, compresi i potenti governi occidentali, possono influenzare gli eventi. Per fare ciò in modo costruttivo, occorre avere un pensiero chiaro sugli eventi e sulle loro radici.

Purtroppo, un pensare un po' viziato dell'occidente riguardo al Risveglio ha portato a scelte politiche sviate, anche se magari ben intenzionate.

Nell'arco di tre brevi anni, l'occidente è passato dal definire tale Risveglio una "primavera araba" - un nome che implicava l'attesa di una transizione immediata dei regimi da autocratici a democratici - per assistere ora a un qualche tipo di inverno arabo, a causa della crescita di partiti islamici, con le loro minacce implicite o esplicite agli sviluppi democratici liberali e il loro potenziale amoreggiare con la violenza jihadista.

Nessuno dei due scenari appare permanente o inevitabile. Dovremmo prendere sul serio il ritornello spesso ripetuto che le trasformazioni a cui le nazioni arabe sono sottoposte hanno bisogno di tempo. Sebbene si possa dire che alcune nazioni est-europee abbiano bruciato i tempi dopo la caduta dell'Urss, di solito una trasformazione rivoluzionaria e politica richiede anni e forse decenni. Agli osservatori occidentali e ai politici è necessaria una pazienza strategica mentre seguono gli eventi che si dipanano.

Anche la crescita dei partiti islamici era da aspettarsi e non dovrebbe né sorprendere, né allarmare troppo. Solo loro avevano capacità organizzative precedenti, necessarie per varare campagne a livello nazionale, e ciò ha permesso loro di conquistare vittorie elettorali molto al di là del sostegno popolare. Ma non dovrebbe nemmeno sorprendere il fatto che il loro successo alle prime elezioni non si traduca in un controllo permanente. La loro promessa di miglior governo, che li ha aiutati a ricevere sostegno da parte di molti arabi stufi dello status quo, è stata messa alla prova. E non appena sono entrati nell'agone politico - stavolta come responsabili - la loro decantata "santità" si è scontrata con la realtà, e ciò che importava era soprattutto la loro capacità di fornire risposte. Il pubblico arabo ha cominciato a giudicare gli islamisti e le forze laiche in base alle loro prestazioni e non in base all'ideologia.

I giovani, forza per il cambiamento

Ci vorranno decenni per costruire le basi di sistemi politici che difendano la democrazia e preservino i suoi principi fondamentali anno dopo anno. E' un processo in cui qualche nazione avrà successo, altre lotteranno, e altre falliranno. Il risultato in ogni Paese dipenderà a seconda di quali elementi nella società guideranno la trasformazione. Per lungo tempo il mondo arabo è stato dominato da due forze - una élite chiusa e inaffidabile, da una parte, e gli islamisti dall'altra. Ma nessuno di questi gruppi -spesso giunti a un comune e scomodo modus vivendi - ha mai dimostrato un impegno genuino verso il pluralismo.

La speranza reale poggia sulla nuova generazione, i giovani che hanno davvero iniziato tutto nelle strade e che sono molto più impegnati dei loro padri sui principi della democrazia. Questa terza forza potrà rompere il ciclo di oppressione. Fino ad ora, il miglior lavoro compiuto dalla giovane generazione rivoluzionaria sta nel definire ciò che è contro e ciò che è a favore, ma ci vorranno anni per fondare capacità organizzative e finanziarie tali da giungere a un'ultima e definitiva rottura col passato.

Questo è il punto su cui l'offerta di assistenza da parte occidentale sarebbe molto utile.

Per avere successo dove il primo Risveglio arabo ha fallito, questo secondo Risveglio arabo ha bisogno di affermare i valori universali: democrazia, pluralismo, diritti umani. Tali ideali non possono essere imposti su una regione dall'esterno, ma si può incoraggiare la loro crescita. Ciò richiede pazienza e una comprensione precisa delle condizioni attuali e del tipo di azioni che si pensa possano essere più efficaci. La promessa di un nuovo mondo arabo si realizzerà solo quando le società e i loro leader eletti abbracceranno davvero la tolleranza, la diversità, la pacifica rotazione del potere, una crescita economica inclusiva.

A causa delle notizie tristi che oggi emergono dalla regione, alcuni considereranno le mie parole come legate a una visione ingenua, piuttosto romantica di un mondo arabo che non esiste più - un miraggio nel deserto, totalmente staccato dalla realtà. Essi faranno notare lo stato tumultuoso della situazione e la trasformazione settaria delle questioni politiche regionali

Ma è bene non confondere queste iniziali schermaglie con il raccolto finale. Finalmente, la battaglia delle idee nel mondo arabo contemporaneo è iniziata e non è per nulla finita. La regione attraverserà un periodo di agitazioni, in cui forze esclusive cercheranno di dominare il paesaggio con verità assolute e nuove dittature. Comunque, alla fine, anche queste forze si spegneranno perché l'esclusivismo, i discorsi autoritari non possono rispondere ai bisogni della popolazione per una qualità migliore della vita, dal punto di vista culturale, politico, culturale e tanto altro.

Non vi sono scorciatoie per la democrazia e la prosperità. Il secondo Risveglio arabo è appena cominciato e la fine potrebbe andare oltre l'arco di vita di questa generazione. In fondo, tutte le altre alternative alla diversità si sono consumate, e forse i popoli della regione rifiuteranno la prospettiva di attendere così a lungo, e impiegheranno le loro energie nel creare oggi un mondo arabo pluralista. Questa loro battaglia per il pluralismo è degna di essere combattuta e vinta.

 

* Marwan Musher è vicepresidente agli studi al Carnegie Endowment, responsabile della ricerca sul Medio Oriente a Washington e Beirut. Egli è stato ambasciatore della Giordania negli Stati Uniti, ministro degli esteri e vice primo ministro. In origine questo articolo è stato pubblicato su Foreign Policy. Traduzione italiana di AsiaNews.

 

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