Per le vittime del ciclone, la giunta birmana deve rispondere di crimini contro l’umanità
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Il governo birmano dovrebbe comparire davanti alla Corte internazionale per i diritti umani; la dittatura ha commesso abusi e crimini nei messi successivi alla tragedia di Nargis. È la dura condanna di una associazione umanitaria, che ha documentato le violazioni commesse dai militari nei confronti delle vittime del ciclone.
“L’accusa di crimini contro l’umanità è un reato grave – afferma Chris Beyre, direttore della ong americana Center for Public Health and Human Rights – ma nel contesto delle operazioni di soccorso vi sono casi documentati di sfruttamento del lavoro, confisca dei beni destinati alle vittime ed evizioni forzate, che vanno affrontati in modo serio”.
“Dopo la tempesta: Voci dal Delta” è il primo rapporto indipendente – libero dalla censura della dittatura militare birmana – che racconta i drammi delle vittime del ciclone. Esso si basa sul materiale raccolto in 90 interviste a volontari e sopravvissuti. Al suo interno vi sono esempi di ostacoli e minacce verso i volontari, casi di sparizione di aiuti umanitari che poi venivano rivenduti, l’utilizzo forzoso di manodopera per la ricostruzione, incluso lo sfruttamento del lavoro minorile.
Per 20 villaggi dell’area di Laputta, nel delta dell’Irrawaddy, vi è inoltre il rischio di mancanza di acqua potabile, a causa della contaminazione delle vasche di raccolta e delle fonti. Lo riferisce la ong Emergency Assistance Team (EAT-Burma), secondo cui molte persone sono costrette a utilizzare acqua potabile mista ad acqua di mare. Alle famiglie dei villaggi è consentita la distribuzione di due bottiglie di acqua potabile al giorno – al prezzo di mezzo dollaro l’una – e circa 4 litri di acqua non potabile per l’igiene personale e la pulizia dei vestiti. L’arrivo dell’estate e la mancanza di dissalatori potrebbero far precipitare la situazione; fra i bambini sono emersi casi di diarrea e si teme la diffusione di epidemie.
Un recente rapporto elaborato da Onu e Asean – l’associazione che unisce 10 Paesi del sud-est asiatico – stima in 700 milioni di dollari i fondi necessari, nei prossimi tre anni, per garantire l’opera di ricostruzione delle aree colpite da Nargis. Esso ha causato la morte di circa 140mila persone, ma si calcola che oltre 2,4 milioni di birmani abbiano riportato danni di varia entità e ancora oggi risentono degli effetti devastanti del ciclone.