Per "bloccare" le ong, il Laos segue l'esempio cinese
Vientiane (AsiaNews/AsiaNews) - Una minaccia allo sviluppo del Laos e della sua popolazione: così operatori umanitari e diplomatici occidentali considerano la decisione del governo di approvare una serie di restrizioni "China-style" al lavoro delle Ong attive nel Paese.
Sono due i decreti che destano maggiore preoccupazione. Il primo riguarda le Ong straniere e propone di porle sotto la supervisione del ministero degli Affari Esteri. Una proposta che ricalca una legge approvata in Russia nel 2012, che classifica tutte le Ong internazionali come "agenti stranieri".
Il secondo riguarda le Ong locali e impone restrizioni nella loro capacità di ricevere finanziamenti e donazioni dall'estero. Tutte le organizzazioni non-governative dovranno riportare qualsiasi donazione superiore ai 50 milioni di kip (circa 4.794 euro) al ministero delle Finanze. Quelle superiori ai 100 milioni di kip (circa 9.589 euro) dovranno ricevere l'approvazione del ministero degli Affari esteri, delle Finanze e del Dipartimento degli Affari interni. Il decreto specifica inoltre che l'operato delle Ong locali dovrà limitarsi al solo "sostegno" nei settori di agricoltura, educazione, salute pubblica, sport, scienza e benefici umanitari.
Diverse ambasciate occidentali a Vientiane giudicano preoccupanti le bozze dei due decreti. Il ruolo delle Ong in Laos, guidato dal 1975 dal Lao People's Revolutionary Party, ha particolare valore per via di una società civile non ancora molto sviluppata, soprattutto se confrontata con altre nazioni del Sudest asiatico.
Il Paese ha il dubbio "primato" di essere la nazione meno sviluppata dei membri dell'Asean (Association of Southeast Asian Nations). Nonostante l'apertura agli investimenti stranieri di Vietnam, Thailandia e Cina, il suo Pil è di appena 9,2 miliardi di dollari: cinque volte più piccolo di quello del Myanmar - che pure è uscito solo di recente da una decennale dittatura militare - e 40 volte più piccolo di quello della Thailandia.