Per Israele è tempo di trattare la pace con Hamas
Tel Aviv (AsiaNews) - Hamas ha vinto le elezioni palestinesi assicurandosi almeno 77 seggi al parlamento. Mai una sorpresa è stata meno sorprendente di questi risultati. I lunghi anni al governo di Al-Fatah, il partito nazionalista laico, sono stati caratterizzati da una miscela velenosa di corruzione ed impotenza.
A decidere l'abbandono di Al-Fatah da parte di una così grande parte dell'elettorato palestinese è stato però soprattutto Israele, che per i governi di Al-Fatah non ha mai nascosto il suo disprezzo, il suo rifiuto. Israele ha respinto ripetutamente i reiterati inviti del Presidente Abu-Mazen e del suo governo di ritornare al tavolo dei negoziati per elaborare insieme un trattato di pace. Israele ha arrestato e condannato a cinque ergastoli l'esponente politico più accreditato di Al-Fatah, Marwan Bargouti. Israele ha perso occasioni per fare un grande gesto di clemenza verso i migliaia di detenuti palestinesi, gesto che avrebbe dimostrato alla popolazione civile palestinese l'efficacia dei governi Al-Fatah alla ricerca di intesa con Israele. Israele ha deciso che la ritirata da Gaza doveva essere un atto strettamente unilaterale, invece di farla avvenire mediante accordo pubblico negoziato con l'Autorità palestinese, e in questo modo ha assicurato che tutto il credito da parte della popolazione palestinese fosse attribuito alla "lotta armata" di Hamas e delle altre "organizzazione armate", e non a qualche (inesistente) abilità diplomatica da parte di Al-Fatah. Israele, tutto sommato, non ha perso alcuna occasione per dimostrare all'elettorato palestinese di non tener in nessun conto i politici di Al-Fatah, ma di essere invece pronto a piegarsi spettacolarmente alla linea più dura di Hamas, come è avvenuto - almeno nella percezione della gente - l'estate scorsa a Gaza.
Ma lo strano rapporto delle istituzioni israeliane con l'ascesa di Hamas va molto più indietro, agli anni '80, quando i servizi israeliani - e il fatto è stato sempre di dominio pubblico - favorivano, almeno tacitamente, l'emergere di Hamas nei territori occupati, pur di dividere la popolazione palestinese, e di reprimere meglio il suo movimento centrale, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina, e il partito al-Fatah che in essa predominava. In un certo senso perciò, i risultati riportati da Hamas sono il culmine di circa un quarto di secolo di politica israeliana.
Come già osservato alla vigilia del voto, i risultati ottenuti da Hamas darebbero un arma in più a chi in Israele rifiuta sempre l'ipotesi di una pace negoziata e pattuita con la Palestina, ma non dovrebbero cambiare nulla nelle attese di chi crede che Israele deve la pace, non solo ai vicini ma a sé stessa.
Dopo aver insistito tanto, e spesso con tanta impetuosità, imprudenza, e persino con la forza delle armi, sulla necessità della democrazia nelle nazioni arabe, Usa, Europa e Israele non potranno disattendere o delegittimare il voto palestinese, forse il più democratico che c'è mai stato nel mondo arabo. La perfetta organizzazione delle elezioni, l'ordine, la calma nel giorno del voto, l'atmosfera solenne e festosa che ha caratterizzato il 25 gennaio, la riverenza quasi sacrale dimostrata da tanti elettori nell'apprestarsi ad affidare il proprio voto alle urne - tutto questo fa onore alla società civile palestinese, soprattutto se si ricorda che le elezioni si tenevano nel contesto quasi impossibile di vita sotto occupazione militare.
La pace, viene ricordato in questa Terra tante volte - ma mai abbastanza - si fa con i nemici. La pace si cerca precisamente con il nemico armato e violento: in questi luoghi, con il nemico inerme non si è mai cercato di fare la pace. Purtroppo Israele non l'h mai cercata, per esempio, nei due decenni, tra il 1967 e il 1987, quando la popolazione palestinese era piuttosto paziente e relativamente quiescente, sotto il peso dell'occupazione e della colonizzazione. Non ce n'era bisogno allora della pace; la pace c'era, ad avviso dei governanti israeliani dell'epoca, la pace di dominare, di portare via la terra e le acque dei palestinesi. Chi non voleva la pace con la popolazione autoctona dei territori occupati, con i loro rappresentanti eletti locali (spesso destituiti e deportati, manu militari), si trovò dopo costretto a parlarne proprio con l'Olp e Al-Fatah, demonizzati prima esattamente come lo è Hamas oggi; e chi non vorrà ora trattare con Hamas oggi, rischia di trovarsi costretto domani a trattare con Jihad Islamica... solo che a quel punto trattare forse non si potrà più....