Pechino: in tivu si parla del papa. Un programma “lunare”
Mezz’ora di trasmissione con immagini di papa Francesco e dei fedeli in piazza san Pietro; discussione su possibili rapporti fra Pechino e Santa Sede. Ma la visione della religione rimane quella di sempre: uno strumento politico. Enfasi sulla questione di Taiwan. L’esperto cinese cita Wenzhou, ma non la campagna di demolizione delle croci.
Roma (AsiaNews) – Due giorni fa, il 26 febbraio, alle 19.30 ora di Pechino, è andato in onda alla televisione di Stato un programma che affrontava il tema dell’autorità del papa sui fedeli, dei rapporti fra Cina e Vaticano e dell’importanza delle religioni nella Cina e nel mondo. Per chi volesse rivederlo, cliccate qui.
Certo fa un po’ (buona) impressione vedere sulla televisione cinese immagini del papa coi fedeli radunati in piazza san Pietro per l’Angelus. Come è anche da apprezzare il coraggio del presentatore Yang Rui nel voler affrontare questo tema, che di solito viene svolto dai media strettamente ufficiali, come l’agenzia Xinhua e il Global Times, fido servitore del Quotidiano del popolo.
Devo dire però che la cosa non mi ha impressionato più di tanto. Il tema interessante (il papa e i rapporti fra Cina e Vaticano) è stato liquidato in poche battute. Poi si è dato spazio al “problema” dei rapporti fra Vaticano e Taiwan, ai problemi dell’integralismo islamico, del terrorismo, del papa che “compete” con il Partito comunista cinese per il “governo” dei vescovi…
Il giornalista Francesco Sisci, uno dei due ospiti in studio, ha cercato alla meglio di spiegare che l’autorità del pontefice è un’autorità spirituale e che non si immischia nella politica, ma inevitabilmente si tornava a vedere il povero papa Francesco come un leader politico da temere. La presenza dell’altro ospite, Zhong Houtao, dell’Istituto su Taiwan dell’Accademia delle Scienze, era davvero disastrosa perché comunicava in tutti i modi la posizione tipica del governo cinese che a priori sospetta di ogni religione come possibile strumento di rovesciamento dello Stato.
Da tutto questo si vede che in Cina – anche fra gli accademici – non è ancora cresciuta la comprensione della possibile divisione fra religione e politica, autorità spirituale e autorità statale.
Una cattolica di Pechino ha commentato per AsiaNews: “Il fatto che sia stato invitato un esperto su Taiwan e non un esperto di religioni, significa che per il governo ciò che è importante non è la religione, ma la sicurezza nazionale”. E in effetti, tutta la politica di Pechino (censure, controlli, arresti di avvocati, aumento delle spie, ecc…) è segnata dalla questione della sicurezza, che giustifica ogni violazione ai diritti umani, anche alla libertà religiosa.
Ma a quanto emerge dal programma, gli accademici non sanno nemmeno quello che succede nel loro Paese. Zhong Houtao ha detto che in Cina vi è piena libertà religiosa, senza nemmeno citare che vi sono comunità non ufficiali che ne lamentano la mancanza. E come se il nostro vivesse sulla luna (da qui il carattere “lunare” alla trasmissione), ha parlato di Wenzhou (Zhejiang) come un luogo dove si vive la fede “con tranquillità”. E non ha nemmeno citato la campagna di demolizioni di croci e chiese che ha colpito migliaia di edifici e portato a decine di arresti di pastori e fedeli.
Una cinese della diaspora ha commentato: “È un programma pieno di cose senza senso e di propaganda”. In effetti il servizio era sul canale Cgtn, (China Global Television Network) quello in inglese, rivolto agli stranieri e non ai cinesi. I dialoghi andavano avanti senza nemmeno dei sottotitoli in cinese. Forse era proprio un gesto di propaganda, per mostrare agli stranieri che la Cina sa discutere anche di religione. Ma da non mostrare ai cinesi. Per un momento nella trasmissione si è accennato al comunismo come “fede”, che è in ribasso, ma il presentatore ha cambiato subito argomento.
13/08/2015
17/08/2016 11:58