Pechino: Il vescovo è andato all'estero in modo illegale
La diocesi di Qiqihar teme una campagna di distruzione e di arresti, come sta avvenendo in altre zone del paese
Pechino (AsiaNews) - La Cina ha subito negato che il vescovo Wei Jingyi sia in prigione e afferma che il prelato della chiesa sotterranea è solo in stato di fermo perché sospettato di essere andato all'estero in modo illegale. Fonti di AsiaNews in Cina hanno confermato invece che il vescovo è tenuto in prigione ad Harbin.
Ieri il portavoce della Sala Stampa Joaqin Navarro Valls aveva detto che il Vaticano provava "preoccupazione e tristezza" per la notizia dell'arresto del vescovo e chiedeva al governo cinese di rivelare le accuse contro di lui, come "avviene in ogni stato di diritto".
Oggi il portavoce del Ministero degli Esteri Liu Jianchao, alla conferenza stampa settimanale, ha dichiarato che "gli organi della Pubblica Sicurezza non hanno preso nessuna misura restrittiva contro di lui [il vescovo Wei Jingyi]" e che "le voci riportate non corrispondono ai fatti".
Un responsabile degli Uffici Affari Religiosi, intervistato da Reuters, ha detto che il suo ufficio ha bloccato mons. Wei per "parlare con lui". Secondo il responsabile il vescovo "si è recato all'estero con un documento di identificazione che portava il suo nome, ma la foto non era sua".
Il membro dell'UAR ha detto che l'Ufficio sta investigando la situazione: "Secondo la legge cinese, abbiamo il diritto di investigarlo". Ma ha rifiutato di rispondere alla domanda se mons. Wei Jingyi è in prigione.
Fonti di AsiaNews nell'area hanno confermato che il vescovo è in prigione ad Harbin. Secondo tali fonti, se il vescovo avesse richiesto il passaporto per poter viaggiare all'estero, gli sarebbe stato negato. Per la sua fedeltà al Papa, mons. Wei Jingyi è sospettato di avere "rapporti con uno stato straniero".
Intanto i fedeli della diocesi di Qiqihar "sono tranquilli, ma c'è tensione". I fedeli temono che le strutture della diocesi seminario, chiesa, ecc. - vengano distrutti.
Il governo cinese ha lanciato da mesi una nuova campagna contro le comunità sotterranee, che rifiutano il controllo asfissiante del governo. Non essendo registrate presso l'Ufficio Affari Religiosi, esse sono illegali e vengono spesso accusate di "turbare l'ordine pubblico".
In diverse regioni della Cina (Fujian, Zhejiang, Mongolia Interna, Henan) è in atto una capillare ricerca dei cristiani sotterranei per costringerli ad aderire all'Associazione Patriottica, la longa manus del governo per il controllo della Chiesa, che ha come compito di creare una chiesa autonoma dall'obbedienza al Papa. Coloro che non aderiscono vengono imprigionati e gli edifici di culto (baracche, case, piccoli templi) smantellati e distrutti. Un procedimento simile avviene anche per le altre comunità religiose non registrate.