Pechino ordina alla polizia di “colpire duro” le tensioni sociali
Anche se non fa riferimento diretto all’ondata di scioperi che continua a colpire il Paese, la campagna di repressione consente di fatto agli agenti di agire contro i manifestanti. Che, nel frattempo, cercano nuove forme per continuare la protesta.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La polizia cinese “deve identificare e risolvere i conflitti sociali prima che questi crescano troppo”. È il senso della nuova campagna lanciata dal governo, che intende “colpire duro” le tensioni alla base della recente ondata di crimini violenti.
Ma alcuni analisti ritengono che questo ordine sia stato emanato con un occhio anche agli scioperi che stanno colpendo il Paese. Nonostante il premier Wen Jiabao abbia definito i lavoratori migranti “figli della Cina”, infatti, l’esecutivo non vede di buon occhio l’aumento delle proteste che chiedono aumenti salariali e miglior trattamento sul posto di lavoro, che rischia di mettere in crisi il sistema produttivo cinese, basato sulla manodopera a basso costo.
La campagna è stata presentata dal vice ministro per la Pubblica sicurezza, Zhang Xinfeng, che spiega: “La Cina, nel corso del processo di trasformazione economica e sociale, affronta conflitti interni e nuovi problemi nel campo della sicurezza. La polizia, a tutti i livelli, deve realizzare la complessità del problema”.
Un comunicato del ministero afferma che gli agenti “devono individuare i problemi alla radice, e risolvere i conflitti nelle fasi iniziali”. Non è chiaro, però, se gli agenti siano chiamati a affrontare in maniera pacifica o con le armi le tensioni nascenti nel Paese. Una campagna simile, lanciata prima dei Giochi olimpici di Pechino del 2008, si risolse con una serie di arresti.
Nel frattempo, però, anche gli scioperanti stanno cambiando tattiche per cercare di portare avanti la protesta. I giovani migranti che hanno lanciato le proteste alla Honda e alla Foxconn, infatti, fanno parte di una nuova generazione più dinamica e meno propensa a subire in silenzio lo sfruttamento industriale. I lavoratori della Honda, ad esempio, sono riusciti a contattare un docente universitario di Pechino per chiedergli di divenire il loro rappresentante locale.
La crisi del lavoro sembra aver colpito anche Hong Kong. Gli investitori del Territorio che hanno interessi commerciali nel delta del fiume Pearl hanno aumentato i salari e migliorato le condizioni di lavoro. Secondo Cliff Sun Kai-lit, presidente della Federazione locale delle Industrie, “la paura maggiore è che le proteste si diffondano”.
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