Pechino e Kathmandu: repressione tibetana pagata con aiuti economici
di Kalpit Parajuli
Pechino loda il giro di vite della polizia nepalese contro i sostenitori del Dalai Lama. Per il nuovo ambasciatore cinese a Kathmandu le manifestazioni degli attivisti tibetani non contano nulla. Cina e India in competizione per il controllo economico dell’Asia del sud.
Kathmandu (AsiaNews) – La repressione degli attivisti tibetani in Nepal rinsalda i rapporti fra Pechino e Kathmandu. Ieri, Yang Houlan, nuovo ambasciatore cinese in Nepal, ha sottolineato ai media locali che il Paese diventerà il più importante avamposto commerciale della Cina in Asia del sud. Secondo Yang i rapporti economici sono più importanti delle proteste dei tibetani. “Il problema del Tibet – ha sottolineato il diplomatico - riguarda la politica e non i diritti umani o la libertà religiosa. Crediamo che il governo nepalese farà di tutto per frenare nuove proteste”.
Ieri, in occasione del compleanno del Dalai Lama, la polizia nepalese ha impedito qualsiasi tipo di festeggiamento. Nella capitale, migliaia di attivisti sono stati costretti a celebrare la ricorrenza in privato per paura di arresti.
Bhekh Bahadur Thapa, diplomatico nepalese ed ex ministro degli esteri durante la monarchia, spiega ad AsiaNews che “da anni la Cina sta cercando consensi istituzionali in Asia del Sud” per sradicare l’egemonia dell’India, da sempre alleata del Dalai Lama. "India e Cina – sottolinea Thapa – sono entrati in competizione e sfruttano l’instabilità politica del Paese per portare avanti i loro interessi economici ".
Lo scorso 24 marzo, il Gen. Chen Bingde, capo dell’esercito cinese, ha visitato il Nepal, firmando contratti per oltre 13 milioni di euro. Da mesi India e Stati Uniti stanno cercando invece un accordo con il governo nepalese per realizzare una base militare sul confine tibetano.
Il Nepal ha 1.414 km di frontiera in comune con il Tibet. Dal 1990 al 2006 la monarchia parlamentare, su consiglio dell’India, ha consentito la libera circolazione degli esuli tibetani nel Paese. Dalai Lama e membri del governo tibetano in esilio a Dharamsala (India) hanno visitato più volte il Paese. A tutt’oggi sono oltre 20mila i rifugiati tibetani registrati presso gli uffici Onu.
Dopo l'abolizione della monarchia nel 2006 e la salita al potere di formazioni maoiste e comuniste il Nepal ha cambiato rotta, abbandonando lo storico alleato indiano e allacciando stretti rapporti con la Cina. In cambio di aiuti economici Pechino ha chiesto la chiusura delle frontiere con il Tibet e la repressione di qualsiasi manifestazione anticinese.
Ieri, in occasione del compleanno del Dalai Lama, la polizia nepalese ha impedito qualsiasi tipo di festeggiamento. Nella capitale, migliaia di attivisti sono stati costretti a celebrare la ricorrenza in privato per paura di arresti.
Bhekh Bahadur Thapa, diplomatico nepalese ed ex ministro degli esteri durante la monarchia, spiega ad AsiaNews che “da anni la Cina sta cercando consensi istituzionali in Asia del Sud” per sradicare l’egemonia dell’India, da sempre alleata del Dalai Lama. "India e Cina – sottolinea Thapa – sono entrati in competizione e sfruttano l’instabilità politica del Paese per portare avanti i loro interessi economici ".
Lo scorso 24 marzo, il Gen. Chen Bingde, capo dell’esercito cinese, ha visitato il Nepal, firmando contratti per oltre 13 milioni di euro. Da mesi India e Stati Uniti stanno cercando invece un accordo con il governo nepalese per realizzare una base militare sul confine tibetano.
Il Nepal ha 1.414 km di frontiera in comune con il Tibet. Dal 1990 al 2006 la monarchia parlamentare, su consiglio dell’India, ha consentito la libera circolazione degli esuli tibetani nel Paese. Dalai Lama e membri del governo tibetano in esilio a Dharamsala (India) hanno visitato più volte il Paese. A tutt’oggi sono oltre 20mila i rifugiati tibetani registrati presso gli uffici Onu.
Dopo l'abolizione della monarchia nel 2006 e la salita al potere di formazioni maoiste e comuniste il Nepal ha cambiato rotta, abbandonando lo storico alleato indiano e allacciando stretti rapporti con la Cina. In cambio di aiuti economici Pechino ha chiesto la chiusura delle frontiere con il Tibet e la repressione di qualsiasi manifestazione anticinese.
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