Pechino, blogger condannato a 3 anni per "aver diffuso pettegolezzi" in Rete
Pechino (AsiaNews) - Una Corte distrettuale di Pechino ha condannato questa mattina un blogger a 3 anni di galera con l'accusa di aver "calunniato e raccolto voci per provocare disordini". Qin Zhihui è la prima vittima della nuova legge sulla libertà di espressione, approvata nel settembre 2013 dal governo, che di fatto imbavaglia la Rete e i suoi utenti. La condanna è stata rilanciata dalla Cctv, la televisione nazionale.
Secondo i giudici, Qin "ha avuto un impatto negativo sociale e ha disturbato l'ordine pubblico" con i suoi "inaccurati" post su Sina Weibo, una sorta di Twitter cinese molto usato da dissidenti e cittadini comuni per rendere pubbliche ingiustizie e denunciare scandali politici e sociali. Secondo l'accusa, il blogger avrebbe preso tangenti da alcune industrie per screditare i rivali in affari: Qin si è dichiarato colpevole e "ha chiesto scusa per i suoi crimini".
Secondo attivisti ed esperti di comunicazione, anche se l'uomo fosse davvero colpevole di calunnia e diffamazione di attività commerciali rivali, è "pericoloso e scorretto" che i giudici abbiano deciso di applicare la nuova legge sulla libertà di espressione. Il tribunale infatti non è entrata nel merito delle accuse, ma lo ha condannato per "aver diffuso dei pettegolezzi".
Il 9 settembre 2013 la Corte Suprema del popolo e l'Ufficio centrale dei procuratori di Stato hanno pubblicato un'interpretazione giuridica che consente alle autorità di fermare fino a un massimo di 3 anni coloro che su internet "scrivono cose false che vengono riprese almeno 500 volte o lette 5000 volte". Il timore, secondo le alte sfere cinesi, è che il Partito possa fare la fine dell'Unione Sovietica se al popolo viene lasciata la libertà di denuncia. Il testo permette inoltre "pene più serie" per coloro che usano internet "per provocare proteste di massa, scontri etnici o religiosi, creano danni all'immagine del Paese o danneggiano la Cina a livello internazionale".
La blogosfera è uno strumento sempre più usato dalla popolazione cinese, che vi pubblica denunce contro funzionari corrotti, espropri illegali di terre, abusi ai diritti umani. Il governo cerca di frenare questo trend tramite uno speciale corpo di cyber agenti, ma questo sforzo sembra sempre più una missione impossibile.