Patriarca di Baghdad a un anno dalla caduta di Mosul: Solo la riconciliazione salverà il Paese
Baghdad (AsiaNews) - Ad un anno di distanza dall’offensiva che ha permesso allo Stato islamico di conquistare Mosul, seconda città per importanza dell’Iraq, il patriarca caldeo rivolge un messaggio alle famiglie cristiane sfollate. Centinaia di migliaia di persone che hanno perso tutti i loro beni in una sola notte e sono state costrette a fuggire all’estero o a vivere come profughi nella loro stessa terra.
Nella lettera, inviata ad AsiaNews, mar Sako invita a mantenere viva la “speranza” per un “rapido ritorno alle loro case”. Egli ricorda una volta di più che l’Iraq è “la terra dei nostri padri e dei nostri nonni, essa è parte della nostra storia e delle nostre memorie”. Al governo, alla comunità internazionale e ai leader religiosi, cristiani e musulmani, il compito di proporre iniziative atte a risolvere la crisi. Tuttavia, solo grazie a una vera “riconciliazione” delle varie anime del Paese “potremo dirci tutti vincitori, e non vi sarà nessun perdente, se non il male stesso”.
Ecco, di seguito, il messaggio di mar Sako inviato ad AsiaNews:
A distanza di un anno dalla tragedia di Mosul, noi volgiamo lo sguardo in direzione della nostra amata gente per dir loro che ci uniamo alla loro preghiera e alla loro speranza di una salvezza ormai prossima e di un rapido ritorno alle loro case. Perché questa è la terra dei nostri padri e dei nostri nonni, essa è parte della nostra storia e delle nostre memorie.
Rinnoviamo ancora una volta il nostro appello alla comunità internazionale e alle autorità religiose perché mettano in campo un impegno deciso atto a contenere le crisi, sia umanitaria che politica. Se persiste l’attuale situazione, allora saremo destinati al peggio. Disoccupazione e povertà, sfollamento, morte e distruzione sono visibili dappertutto!
Chiediamo al contempo con rinnovata urgenza ai politici irakeni di dar luogo a una reale riconciliazione e a una radicale riforma della politica, perché grazie alla riconciliazione potremo dirci tutti vincitori, e non vi sarà nessun perdente, se non il male stesso come si suole ripetere.
La riconciliazione implica anche l’assunzione di responsabilità dal profondo del cuore e in modo saggio, attraverso un piano ben preciso che garantisca concessioni che porteranno pace, stabilità e prosperità alla nazione.
Lavoriamo per la riconciliazione, al fine di scongiurare la morte anche di un solo cittadino irakeno a causa della sua religione o della dottrina professata, per la lingua o il genere di appartenenza.
Lavoriamo per la riconciliazione, perché non debba morire più nemmeno un bambino a causa della fame, della sete, della mancanza di cure mediche.
Lavoriamo per la riconciliazione, per prevenire lo sfollamento e la dispersione in futuro anche di una sola famiglia irakena.
Lavoriamo per la riconciliazione, per evitare umiliazioni, violenze o riduzione in schiavitù delle donne irakene.
Come Chiesa, ci impegniamo a portare avanti la nostra missione umanitaria e spirituale al servizio degli sfollati interni e per quanti sono fuggiti all’estero, incoraggiandoli e sostenendo il loro spirito e rendendoli saldi di fronte alle grandi sfide.
Certo, un miracolo è nelle mani di Dio e lui solo potrà far sì che le onde si plachino e la tempesta si tramuti in silenzio. Amen!
* Patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irakena
06/11/2006