Parroco di Gaza: un popolo dimenticato spera nella guerra per ricevere aiuti
P. Mario da Silva, sacerdote di origini brasiliane, è responsabile della parrocchia latina della Sacra Famiglia, l’unica della Striscia. I giovani non hanno lavoro, gli anziani non ricevono la pensione, il desiderio comune è di fuggire. Le iniziative della Chiesa per rispondere ai bisogni. Il pericolo di infiltrazioni jihadiste. I cristiani di Gaza sono “eroi della fede”.
Gaza (AsiaNews) - La popolazione di Gaza “vive alla giornata”, nel contesto di una situazione che “si fa sempre più disperata”; le persone, anche fra i cristiani, in molti casi sono costretti “a indebitarsi” per acquistare “un po’ cibo o di elettricità”. Lo racconta ad AsiaNews p. Mario da Silva, sacerdote di origini brasiliane e responsabile della parrocchia latina della Sacra Famiglia, l’unica della Striscia. Nell’area, devastata da guerre incessanti e sottoposta a un blocco totale imposto da Israele, vivono circa 350 famiglie cristiane. “Un'emergenza - spiega il parroco - che riguarda sia i giovani, dove il tasso di disoccupazione tocca il 70% che gli anziani, i quali dopo aver lavorato una vita non godono del beneficio della pensione e non sanno come sopravvivere”.
Le conseguenze del conflitto a Gaza dell’estate 2014 hanno reso ancor più drammatiche le condizioni di vita nella Striscia, dove due milioni di persone vivono sotto la soglia di sopravvivenza, la disoccupazione media è del 60% e la povertà all’80%. E lo stesso vale per le famiglie cristiane, circa 1300 persone in totale, un terzo delle quali senza fonte di reddito alcuna.
Il tutto in un territorio vasto solo 360 km quadrati, che finiscono per diventare una enorme prigione a cielo aperto.
“La situazione a Gaza è difficile - racconta p. Mario - perché dopo la guerra abbiamo ricevuto aiuti internazionali. Tuttavia, dopo sei mesi si sono dimenticati di noi, come se tutto fosse risolto. Invece restano i problemi di sempre: la mancanza i lavoro, di gas, di acqua, di energia elettrica”.
L’approvvigionamento di acqua ed energia è uno dei problemi più gravi che la popolazione si trova ad affrontare nell’ultimo periodo. “Vi sono giornate - prosegue il sacerdote - con solo tre ore di elettricità a disposizione. Qui fa freddo e la gente non sa come riscaldare le proprie case; non abbiamo acqua perché quella che arriva è salata e per bere dobbiamo comprare quella in bottiglia”.
Il blocco imposto da Israele all’indomani dell’ascesa al potere di Hamas nella Striscia ha causato l’interruzione delle forniture di energia. “In media arrivava otto ore al giorno - spiega il parroco - ma di recente le condizioni sono precipitate”. Per questo la Chiesa locale ha avviato un progetto che prevede l’installazione di pannelli solari sulle case, i lavori “stanno iniziando in queste settimane con le prime dieci case” ma è solo una goccia nell’oceano dei bisogni.
Per p. Mario la sensazione diffusa che si respira a Gaza è di “abbandono, indifferenza” da parte della comunità internazionale e la stessa comunità cristiana chiede “maggiore attenzione” alle Chiese e ai cattolici “di tutto il mondo”. E la chiusura, l’isolamento rispetto al resto del mondo “non sono certo di aiuto per migliorare la condizione”.
“La gente di qui comincia a pensare seriamente - racconta il sacerdote - che sarebbe meglio piombare in un’altra guerra, perché in quel caso almeno arrivano gli aiuti. È un pensiero triste e terribile, ma che testimonia la drammaticità del momento. Il mondo ci guarda solo quando c’è una guerra in corso; per fortuna vi sono alcune realtà e istituzioni come Pontifical Mission, Friends of Holy Land e poche altre che ci aiutano”.
La Chiesa locale cerca, per quanto possibile e con i pochi fondi a disposizione, di creare posti di lavoro e offrire occasioni di riscatto per una popolazione dimenticata. Tramite istituzioni cristiane sono stati creati 34 posti di lavoro per giovani cristiani della Striscia, ma il pensiero comune è diffuso è quello della fuga. “I giovani che hanno potuto beneficiare dei permessi per la Pasqua lo scorso anno - racconta p. Mario - per visitare i luoghi santi come Gerusalemme e Betlemme, non hanno fatto ritorno. Sono rimasti nella città dove è nato Gesù e lì hanno trovato un lavoro, creando le premesse per una vita nuova. Ecco perché, qui, vogliono andarsene”.
“I cristiani di qui - prosegue il sacerdote - vivono principalmente di debiti, acquistando prodotti a credito al supermarket e promettendo di pagare in un secondo momento. In loro soccorso giungono poi istituzioni cristiane di carità che saldano i debiti. Chi non ha lavoro è costretto a chiedere la carità e contare sulla generosità altrui”.
Il lavoro della Chiesa è “conservare intatta la fede, difenderla, insegnare come restare cristiani nelle difficoltà e in un contesto a maggioranza musulmana”. La nostra, anche se si manifesta nelle opere, è prima di tutto “una opera spirituale e conservare la fede cristiana è il fondamento del nostro lavoro sociale” avverte p. Mario. “Dobbiamo dare loro una vita degna - aggiunge - e con questo spirito ci accostiamo ai malati, al sofferenti, a quanti sono in difficoltà”.
I cristiani di Gaza devono fronteggiare ogni giorno nuove sfide: l’ultima è rappresentata da una possibile infiltrazione dei miliziani dello Stato islamico (SI) nella Striscia. Alcuni gruppi sono attivi nella Penisola del Sinai [e nelle ultime settimane hanno ucciso sette cristiani, provocando un esodo di massa, ndr], che dista solo poche decine di chilometri dalla Striscia e non si può escludere il pericolo di una presa interna del jihadismo. Il governo di Gaza cerca di contrastarne l’ingresso, ma la situazione è delicata e non vi è la possibilità, come in Siria o Iraq, di fuggire a causa del muro.
In questo contesto così difficile a livello sociale, politico, religioso la Quaresima rappresenta ancor più un momento di gioia e aspettativa. “La speranza di molti - sottolinea p. Mario - è di poter visitare i luoghi santi. I fedeli vivono con grande raccoglimento questo momento così particolare a livello religioso e spirituale. Conservare valori cristiani come il perdono, la carità, l’amore fraterno è difficile, ecco perché qui i cristiani sono degli eroi: sanno conservare la fede in una realtà ostile e rappresentano sempre più un esempio per quanti, anche in Occidente, vivono in maniera morbida e superficiale la fede cristiana”. (DS)