Papa: una società è civile se non ‘scarta’ chi è alla fine della vita
In un contesto come quello attuale, che tende a considerare la vita umana solo sotto il profilo della sua “efficienza”, specialmente di fronte ai malati incurabili o terminali, la Chiesa riafferma i valori della solidarietà e della fraternità. “Quanto bene fanno gli hospice per le cure palliative, dove i malati terminali vengono accompagnati” perché “possano vivere con dignità, confortati dalla vicinanza delle persone care, la fase finale della loro vita terrena”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – In un contesto come quello attuale, che tende a considerare la vita umana solo sotto il profilo della sua “efficienza”, specialmente di fronte ai malati incurabili o terminali, la Chiesa riafferma i valori della solidarietà e della fraternità. Sono principi che hanno particolare significato nell’attuale momento nel quale la società sta “erodendo la consapevolezza riguardo a ciò che rende preziosa la vita umana”, ribaditi oggi da papa Francesco nel discorso rivolto ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per la dottrina della fede.
Nel contesto attuale, ha osservato il Papa, la vita “sempre più spesso viene valutata in ragione della sua efficienza e utilità, al punto da considerare ‘vite scartate’ o ‘vite indegne’ quelle che non rispondono a tale criterio. In questa situazione di perdita degli autentici valori, vengono meno anche i doveri inderogabili della solidarietà e della fraternità umana e cristiana”.
“In realtà, una società merita la qualifica di ‘civile’ se sviluppa gli anticorpi contro la cultura dello scarto; se riconosce il valore intangibile della vita umana; se la solidarietà è fattivamente praticata e salvaguardata come fondamento della convivenza. Quando la malattia bussa alla porta della nostra vita, affiora sempre più in noi il bisogno di avere accanto qualcuno che ci guardi negli occhi, che ci tenga la mano, che manifesti la sua tenerezza e si prenda cura di noi, come il Buon Samaritano della parabola evangelica (cfr Messaggio per la XXVIII Giornata Mondiale del Malato, 11 febbraio 2020)”.
“L’approccio relazionale − e non meramente clinico − con il malato, considerato nella unicità e integralità della sua persona, impone il dovere di non abbandonare mai nessuno in presenza di mali inguaribili. La vita umana, a motivo della sua destinazione eterna, conserva tutto il suo valore e tutta la sua dignità in qualsiasi condizione, anche di precarietà e fragilità, e come tale è sempre degna della massima considerazione. Santa Teresa di Calcutta, che ha vissuto lo stile della prossimità e della condivisione, preservando, fino alla fine, il riconoscimento e il rispetto della dignità umana, e rendendo più umano il morire, diceva così: «Chi nel cammino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno non è vissuto invano». A tale riguardo, penso a quanto bene fanno gli hospice per le cure palliative, dove i malati terminali vengono accompagnati con un qualificato sostegno medico, psicologico e spirituale, perché possano vivere con dignità, confortati dalla vicinanza delle persone care, la fase finale della loro vita terrena. Auspico che tali centri continuino ad essere luoghi nei quali si pratichi con impegno la ‘terapia della dignità’, alimentando così l’amore e il rispetto per la vita”.