Papa: un ‘ministero’ per il catechista, necessario per la cultura globalizzata
E’ un “ministero laicale” per uomini e donne, che “imprime un’accentuazione maggiore all’impegno missionario tipico di ciascun battezzato che si deve svolgere comunque in forma pienamente secolare senza cadere in alcuna espressione di clericalizzazione”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Papa Francesco “istituzionalizza” i catechisti. Da oggi infatti nella Chiesa quello di catechista è un “ministero”, ossia un servizio della comunità ecclesiale riconosciuto e regolato, grazie al Motu Proprio "Antiquum ministerium”. Il ministero di catechista verrà dato dal singolo vescovo con un rito che la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti “provvederà entro breve tempo a pubblicare”.
Il titolo del documento papale si riferisce al fatto che “il ministero di Catechista nella Chiesa è molto antico”: a esso fanno riferimento gli apostoli e le lettere di san Paolo. “Fin dai suoi inizi – scrive Francesco - la comunità cristiana ha sperimentato una diffusa forma di ministerialità che si è resa concreta nel servizio di uomini e donne i quali, obbedienti all’azione dello Spirito Santo, hanno dedicato la loro vita per l’edificazione della Chiesa”. Tra tali carismi, fin dall’inizio della Chiesa anche “la fattiva presenza di battezzati che hanno esercitato il ministero di trasmettere in forma più organica, permanente e legato alle diverse circostanze della vita, l’insegnamento degli apostoli e degli evangelisti”. E “anche ai nostri giorni, tanti catechisti capaci e tenaci sono a capo di comunità in diverse regioni e svolgono una missione insostituibile nella trasmissione e nell’approfondimento della fede”.
Papa Francesco ricorda poi che dal Concilio Vaticano è cresciuta l’attenzione per l’importanza dell’impegno del laicato nell’opera di evangelizzazione. Ai documenti conciliari sono seguiti quelli di papi, sinodi, episcopati, singoli vescovi, “espressione del valore centrale dell’opera catechistica che mette in primo piano l’istruzione e la formazione permanente dei credenti”.
Al giorno d’oggi, “senza nulla togliere alla missione propria del Vescovo di essere il primo Catechista nella sua Diocesi”, “è necessario riconoscere la presenza di laici e laiche che in forza del proprio battesimo si sentono chiamati a collaborare nel servizio della catechesi”. “Questa presenza si rende ancora più urgente ai nostri giorni per la rinnovata consapevolezza dell’evangelizzazione nel mondo contemporaneo (cfr Esort. Ap. Evangelii gaudium, 163-168), e per l’imporsi di una cultura globalizzata (cfr Lett. enc. Fratelli tutti, 100.138), che richiede un incontro autentico con le giovani generazioni, senza dimenticare l’esigenza di metodologie e strumenti creativi che rendano l’annuncio del Vangelo coerente con la trasformazione missionaria che la Chiesa ha intrapreso”.
Il Concilio affermava che i fedeli laici “sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzi (Lumen Gentium, 33)”, ma, oltre a questo, possono essere chiamati a “collaborare più immediatamente con l’apostolato della gerarchia”. “La funzione peculiare svolta dal Catechista, comunque, si specifica all’interno di altri servizi presenti nella comunità cristiana”. “Il Catechista è nello stesso tempo testimone della fede, maestro e mistagogo, accompagnatore e pedagogo che istruisce a nome della Chiesa”. E’ un “ministero laicale” che “imprime un’accentuazione maggiore all’impegno missionario tipico di ciascun battezzato che si deve svolgere comunque in forma pienamente secolare senza cadere in alcuna espressione di clericalizzazione”. A esso vanno quindi chiamati “uomini e donne di profonda fede e maturità umana, che abbiano un’attiva partecipazione alla vita della comunità cristiana, che siano capaci di accoglienza, generosità e vita di comunione fraterna, che ricevano la dovuta formazione biblica, teologica, pastorale e pedagogica per essere comunicatori attenti della verità della fede, e che abbiano già maturato una previa esperienza di catechesi”. Ma che operino “in forma pienamente secolare, senza cadere in alcuna espressione di clericalizzazione”.
Ma, ha sottolineato mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, alla presentazione del documento, i catechisti “sono chiamati a esprimere al meglio la loro vocazione battesimale, non come sostituti dei presbiteri o delle persone consacrate, ma come autentici laici e laiche che nella peculiarità del loro ministero permettono di far esperire fin dove giunge la chiamata battesimale di testimonianza e servizio efficace nella comunità e nel mondo”.
“È ovvio – ha poi precisato mons. Fisichella - che non tutti coloro che oggi sono catechisti e catechiste potranno accedere al ministero di catechista. Questo ministero è riservato a quanti corrisponderanno ad alcuni requisiti che il Motu proprio elenca. Primo fra tutti, quello della dimensione vocazionale a servire la Chiesa dove il vescovo lo ritiene più qualificante”. “Non si dimentichi che in diverse regioni dove la presenza dei sacerdoti è nulla o rara, la figura del catechista è quella di chi presiede la comunità e la mantiene radicata nella fede. È in questo senso che bisogna intendere quanto scrive Papa Francesco: ‘È un servizio stabile reso alla Chiesa locale secondo le esigenze pastorali individuate dall’Ordinario del luogo, ma svolto in maniera laicale come richiesto dalla natura stessa del ministero’”. (FP)