Papa: solo Gesù consola le lacrime di dolore del mondo, “un oceano di desolazione”
Francesco ha preseduto la veglia di preghiera “per asciugare le lacrime” di tutti coloro che hanno bisogno di consolazione. Uno dei testimoni è stato Qaiser Felix, giornalista pakistano che collaborava con AsiaNews e ha ricordato di aver dovuto lasciare il suo Paese, in quanto cattolico, per le minacce contro la sua famiglia da parte degli integralisti musulmani.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Di fronte alle lacrime che “vengono versate ad ogni istante nel mondo; una diversa dall’altra; e insieme formano come un oceano di desolazione”, possiamo sentire la presenza di Dio accanto a noi. “La tenerezza del suo sguardo ci consola, la forza della sua parola ci sostiene, infondendo speranza”.
E’ la “Veglia per asciugare le lacrime”, veglia di preghiera per tutti coloro che hanno bisogno di consolazione, che il Papa ha presieduto in san Pietro nella solennità dell’Ascensione. A scandire la celebrazione, tre testimonianze alternate da letture bibliche, con l’accensione ogni volta di una candela davanti al reliquiario della Madonna delle lacrime di Siracusa, esposto per la circostanza in basilica e legato al fenomeno prodigioso accaduto nel 1953 nella casa di una giovane coppia di sposi dove un quadretto di gesso raffigurante la Madonna versò lacrime umane. Uno dei testimoni è stato Qaiser Felix, giornalista pakistano che collaborava con AsiaNews e ha ricordato di aver dovuto lasciare il suo Paese, in quanto cattolico, per le minacce contro la sua famiglia da parte degli integralisti musulmani.
“Dopo le testimonianze che abbiamo ascoltato e alla luce della Parola del Signore che rischiara la nostra condizione di sofferenza, - ha detto Francesco - invochiamo anzitutto la presenza dello Spirito Santo, perché venga in mezzo a noi. Sia Lui ad illuminare la nostra mente, per trovare le parole giuste e capaci di offrire conforto; sia Lui ad aprire il nostro cuore per avere certezza della presenza di Dio che non ci abbandona nella prova. Il Signore Gesù ha promesso ai suoi discepoli che non li avrebbe mai lasciati soli: in ogni situazione della vita Egli sarebbe stato vicino a loro inviando lo Spirito Consolatore (cfr Gv 14,26) che li avrebbe aiutati, sostenuti e confortati.
Nei momenti di tristezza, nella sofferenza della malattia, nell’angoscia della persecuzione e nel dolore del lutto, ognuno cerca una parola di consolazione. Sentiamo forte il bisogno che qualcuno ci stia vicino e provi compassione per noi. Sperimentiamo che cosa significhi essere disorientati, confusi, colpiti nel profondo come mai avevamo pensato. Ci guardiamo intorno incerti, per vedere se troviamo qualcuno che possa realmente capire il nostro dolore. La mente si riempie di domande, ma le risposte non arrivano. La ragione da sola non è capace di fare luce nell’intimo, di cogliere il dolore che proviamo e fornire la risposta che attendiamo. In questi momenti, abbiamo più bisogno delle ragioni del cuore, le uniche in grado di farci comprendere il mistero che circonda la nostra solitudine.
Quanta tristezza ci capita di scorgere su tanti volti che incontriamo. Quante lacrime vengono versate ad ogni istante nel mondo; una diversa dall’altra; e insieme formano come un oceano di desolazione, che invoca pietà, compassione, consolazione. Le più amare sono quelle provocate dalla malvagità umana: le lacrime di chi si è visto strappare violentemente una persona cara; lacrime di nonni, di mamme e papà, di bambini… Ci sono occhi che spesso rimangono fissi sul tramonto e stentano a vedere l’alba di un giorno nuovo. Abbiamo bisogno di misericordia, della consolazione che viene dal Signore. Tutti ne abbiamo bisogno; è la nostra povertà ma anche la nostra grandezza: invocare la consolazione di Dio che con la sua tenerezza viene ad asciugare le lacrime sul nostro volto (cfr Is 25,8; Ap 7,17; 21,4).
In questo nostro dolore, noi non siamo soli. Anche Gesù sa cosa significa piangere per la perdita di una persona amata. E’ una delle pagine più commoventi del Vangelo: quando Gesù vide piangere Maria per la morte del fratello Lazzaro, non riuscì neppure Lui a trattenere le lacrime. Fu colto da una profonda commozione e scoppiò in pianto (cfr Gv 11,33-35). L’evangelista Giovanni con questa descrizione vuole mostrare la partecipazione di Gesù al dolore dei suoi amici e la condivisione nello sconforto. Le lacrime di Gesù hanno sconcertato tanti teologi nel corso dei secoli, ma soprattutto hanno lavato tante anime, hanno lenito tante ferite. Anche Gesù ha sperimentato nella sua persona la paura della sofferenza e della morte, la delusione e lo sconforto per il tradimento di Giuda e di Pietro, il dolore per la morte dell’amico Lazzaro. Gesù «non abbandona quelli che ama» (Agostino, In Joh 49,5). Se Dio ha pianto, anch’io posso piangere sapendo di essere compreso. Il pianto di Gesù è l’antidoto contro l’indifferenza per la sofferenza dei miei fratelli. Quel pianto insegna a fare mio il dolore degli altri, a rendermi partecipe del disagio e della sofferenza di quanti vivono nelle situazioni più dolorose. Mi scuote per farmi percepire la tristezza e la disperazione di quanti si sono visti perfino sottrarre il corpo dei loro cari, e non hanno più neppure un luogo dove poter trovare consolazione. Il pianto di Gesù non può rimanere senza risposta da parte di chi crede in Lui. Come Lui consola, così noi siamo chiamati a consolare.
Nel momento dello smarrimento, della commozione e del pianto, emerge nel cuore di Cristo la preghiera al Padre. La preghiera è la vera medicina per la nostra sofferenza. Anche noi, nella preghiera, possiamo sentire la presenza di Dio accanto a noi. La tenerezza del suo sguardo ci consola, la forza della sua parola ci sostiene, infondendo speranza. Gesù, presso la tomba di Lazzaro, pregò dicendo: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto» (Gv 11,41-42). Abbiamo bisogno di questa certezza: il Padre ci ascolta e viene in nostro aiuto. L’amore di Dio effuso nei nostri cuori permette di dire che quando si ama, niente e nessuno potrà mai strapparci dalle persone che abbiamo amato. Lo ricorda con parole di grande consolazione l’apostolo Paolo: «Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? [...] Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,35.37-39). La forza dell’amore trasforma la sofferenza nella certezza della vittoria di Cristo e nostra con Lui, e nella speranza che un giorno saremo di nuovo insieme e contempleremo per sempre il volto della Santissima Trinità, eterna sorgente della vita e dell’amore. E vicino ad ogni croce c’è sempre la Madre di Gesù. Con il suo manto lei asciuga le nostre lacrime. Con la sua mano ci fa rialzare e ci accompagna nel cammino della speranza”.
06/05/2016 11:56
12/02/2020 11:18