Papa: senza umiltà non si riesce a guardare a Dio, ma solo a se stessi, come in uno specchio
“Ognuno di noi si avvicini al presepe, che trova in casa sua o nella chiesa o dove sia, e cerchi di fare un atto di adorazione dentro: ‘Io credo che tu sei Dio, che questo bambino è Dio. Per favore, dammi la grazia dell’umiltà per poterlo capire’”. L’Europa apra il cuore ai migranti. L’incontro con il metropolita di Volokolamsk, Hilarion Alfeyev,
Città del Vaticano (AsiaNews) – Chiedere la “grazia” dell’umiltà, senza la quale non si guarda a Dio, ma a se stessi, come in uno specchio e ognuno di noi si avvicini al presepio e compia un atto di adorazione a Dio. Un “vedere” che il Papa nel discorso per l’udienza generale ha rivolto anche ai non credenti, “a tutti coloro che non hanno un’inquietudine religiosa, che non si pongono il problema di Dio, o addirittura combattono la religione, tutti quelli che impropriamente sono denominati atei. Vorrei ripetere loro – ha aggiunto - il messaggio del Concilio Vaticano II: «La Chiesa crede che il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell’uomo, dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione. […] La Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano» (Gaudium et spes, 21)”.
Alle 5mila persone raccolte nell’aula Paolo VI per l’udienza generale, dedicata al Natale ormai prossimo, Francesco, rievocando “l’evento da cui non può prescindere la storia”, ha ricordato che “fu un angelo ad annunciare la nascita di Gesù, e lo fece a degli umili pastori. E fu una stella che indicò ai Magi la strada per raggiungere Betlemme (cfr Mt 2,1.9-10). L’angelo è un messaggero di Dio. La stella ricorda che Dio creò la luce (Gen 1,3) e che quel Bambino sarà ‘la luce mondo’, come Egli stesso si autodefinirà (cfr Gv 8,12.46), la «luce vera […] che illumina ogni uomo (Gv 1,9)”. Ancora: “i pastori personificano i poveri d’Israele, persone umili che interiormente vivono con la consapevolezza della propria mancanza, e proprio per questo confidano più degli altri in Dio. Sono loro a vedere per primi il Figlio di Dio fattosi uomo, e questo incontro li cambia profondamente. Annota il Vangelo che se ne tornarono «glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto» (Lc 2,20). Intorno a Gesù bambino ci sono anche i Magi (cfr Mt 2,1-12). I Vangeli non ci dicono che fossero dei re, né il numero, né i loro nomi. Con certezza si sa solo che da un paese lontano dell’Oriente (si può pensare alla Persia, a Babilonia o all’Arabia del sud) si sono messi in viaggio alla ricerca del Re dei Giudei, che nel loro cuore identificano con Dio, perché dicono di volerlo adorare. I Magi rappresentano i popoli pagani, in particolare tutti coloro che lungo i secoli cercano Dio e si mettono in cammino per trovarlo. Rappresentano anche i ricchi e i potenti, ma solo quelli che non sono schiavi del possesso, che non sono ‘posseduti’ dalle cose che credono di possedere”.
“Ognuno di noi – l’invito del Papa - si avvicini al presepe, che trova in casa sua o nella chiesa o dove sia, e cerchi di fare un atto di adorazione dentro: ‘Io credo che tu sei Dio, che questo bambino è Dio. Per favore, dammi la grazia dell’umiltà per poterlo capire’”. “Dobbiamo chiedere la grazia dell’umiltà. - ha proseguito - Signore, che non sia superbo, che non sia autosufficiente, che non creda che io sia al centro dell’universo. Fammi umile, dammi la grazia dell’umiltà: è l’unica strada, perché senza umiltà non troveremo mai Dio, troveremo noi stessi”. “Chi non segue la strada dell’umiltà guarda soltanto uno specchio, guarda se stesso, chiediamo la grazia di rompere lo specchio”. “Solo l’umiltà è la via che ci conduce a Dio e, allo stesso tempo, proprio perché ci conduce a lui, ci porta anche all’essenziale della vita, al suo significato più vero, al motivo più affidabile per cui la vita vale la pena di essere vissuta. Senza umiltà siamo ‘tagliati fuori’ dalla comprensione di Dio e di noi stessi”.
Al termine del discorso, Francesco ha detto che “durante il mio recente viaggio in Grecia ho potuto toccare con mano ancora una volta l’umanità ferita dei profughi e migranti”. “Constato – ha aggiunto - come solo alcuni Paesi europei stanno sopportando la maggior parte delle conseguente del fenomeno migratorio nell’area del Mediterraneo mentre richiede una responsabilità condivisa da tutti, dalla quale nessun Paese può esimersi. È un problema di umanità”. Francesco ha poi ringraziato le autorità italiane per aver potuto portare un gruppo persone conosciute durante il viaggio. “Alcuni di loro sono qui in mezzo a noi. Benvenuti!”. “Ce ne faremo carico come Chiesa nei prossimi mesi – ha detto ancora - è un piccolo segno, sia di stimolo ad altri Paesi europei, affinché permettano alle autorità ecclesiali locali di farsi carico di altri nostri fratelli e sorelle che vanno urgentemente ricollocati, accompagnati, protetti e integrati”. “Sono numerose le organizzazioni cattoliche pronte ad accoglierli e ad accompagnarli in una feconda integrazione”. “Serve solo aprire una porta, la porta del cuore”.
Ancora stamattina, prima dell'udienza generale, Francesco ha incontrato il metropolita di Volokolamsk, Hilarion Alfeyev, nello studio dell'Aula Paolo VI. In proposito, la Sala stampa della Santa Sede ha detto che “durante la conversazione svoltasi in uno spirito di fraternità, sono stati discussi alcuni temi che costituiscono motivo di comune preoccupazione e di fronte alle quali è comune l'impegno a cercare concrete risposte umane e spirituali. Nel corso dell'incontro, il Santo Padre ha potuto esprimere la propria gratitudine per gli auguri per il suo ottantacinquesimo compleanno, portati dal metropolita Hilarion a nome suo e del patriarca Kirill. Da parte sua il Papa ha espresso sentimenti di affetto e vicinanza alla Chiesa russa e al suo Patriarca Kirill, che ha da poco celebrato il suo settantacinquesimo compleanno, ricordando con gratitudine il cammino di fraternità compiuto insieme e la conversazione avuta a La Habana nel 2016”.
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