25/09/2022, 11.49
VATICANO
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Papa: non resti inascoltato il grido delle piccole vittime del Myanmar

Dalla città di Matera – dove ha concluso il Congresso eucaristico nazionale italiano – Francesco ha dato voce al dolore per i bambini uccisi nel bombardamento dell’esercito birmano su una scuola nel Sagaing. “L’Eucaristia sia profezia di un mondo nuovo, riscopriamo la preghiera dell’adorazione che ci libera dalle nostre schiavitù".

Matera (AsiaNews) – “Non resti inascoltato” il grido dei bambini uccisi nel bombardamento dell’esercito birmano su una scuola buddhista nella regione del Sagaing. Dalla città di Matera – dove ha recitato oggi la preghiera dell’Angelus al temine della Messa presieduta a conclusione del Congresso eucaristico nazionale della Chiesa italiana – papa Francesco ha affidato ancora una volta a Maria le sofferenze dei popoli feriti dalle guerre, con un’attenzione particolare al Myanmar, in questi giorni straziato da un nuovo orrore.

“Da più di due anni - ha ricordato il pontefice - quel nobile Paese è martoriato da gravi scontri armati e violenze, che hanno causato tante vittime e sfollati. Questa settimana mi è giunto il grido di dolore per la morte di bambini in una scuola bombardata. Si vede che è la moda, bombardare le scuole, oggi, nel mondo – ha commentato amaramente -. Che il grido di questi piccoli non resti inascoltato. Queste tragedie non devono avvenire”.

Il papa ha anche pregato che Maria Regina della Pace “conforti il martoriato popolo ucraino e ottenga ai capi delle nazioni la forza di volontà per trovare subito iniziative efficaci che conducano alla fine della guerra”. Si è poi unito all’appello dei vescovi del Camerun per la liberazione di alcune persone sequestrate nella diocesi di Mamfe, tra cui cinque sacerdoti e una religiosa. “Il Signore doni pace ai cuori e alla vita sociale di quel caro Paese”.

Ricordando quindi la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che la Chiesa celebra oggi, papa Francesco ha invitato a edificare un futuro “in cui i migranti, i rifugiati, gli sfollati e le vittime della tratta possano vivere in pace e con dignità. Perché il Regno di Dio si realizza con loro, senza esclusi. È anche grazie a questi fratelli e sorelle che le comunità possono crescere a livello sociale, economico, culturale e spirituale; e la condivisione di diverse tradizioni arricchisce il popolo di Dio. Impegniamoci tutti a costruire un futuro più inclusivo e fraterno – ha continuato -. I migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati”.

Facendo riferimento al Congresso eucaristico celebrato a Matera il pontefice ha inoltre affidato a Maria “il cammino della Chiesa in Italia, perché in ogni comunità si senta il profumo di Cristo Pane vivo disceso dal Cielo”. Aggiungendo: “io oserei oggi chiedere per l’Italia: più nascite, più figli”.

Il senso più profondo dell’essere Chiesa intorno all’Eucaristia l’aveva spiegato poco prima nell’omelia della Messa, commentando la parabola del banchetto dell’uomo ricco e del povero Lazzaro a cui non è consentito neppure cibarsi delle briciole (Lc 16,19-31). Papa Francesco ha sottolineato come il Vangelo non riporti il nome dell’uomo ricco. “Le ricchezze ti portano a questo – ha commentato - ti spogliano anche del nome. Soddisfatto di sé, ubriacato dal denaro, stordito dalla fiera delle vanità, nella sua vita non c’è posto per Dio perché egli adora solo sé stesso”.

Al contrario l’Eucaristia afferma il primato di Dio, invita ad adorare Lui e non sé stessi. “Perché se adoriamo noi stessi – ha detto il papa - moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io; se adoriamo le ricchezze di questo mondo, esse si impossessano di noi e ci rendono schiavi. Quando invece adoriamo il Signore Gesù presente nell’Eucaristia, riceviamo uno sguardo nuovo anche sulla nostra vita: io non sono le cose che possiedo o i successi che riesco a ottenere. Io sono un figlio amato, io sono benedetto da Dio; Lui mi ha voluto rivestire di bellezza e mi vuole libero da ogni schiavitù”. Di qui l’invito a riscoprire l’adorazione, “una preghiera che si dimentica con frequenza. Riscopriamola: essa ci libera e ci restituisce alla nostra dignità di figli, non di schiavi”.

Ma la parabola ricorda anche l’abisso che divide l’uomo ricco dal povero Lazzaro, una “fossa” che è stato lui stesso a scavare. “È doloroso - ha aggiunto il pontefice - vedere che questa parabola è ancora storia dei nostri giorni: le ingiustizie, le disparità, le risorse della terra distribuite in modo iniquo, i soprusi dei potenti nei confronti dei deboli, l’indifferenza verso il grido dei poveri, l’abisso che ogni giorno scaviamo generando emarginazione, non possono lasciarci indifferenti. E allora oggi, insieme, riconosciamo che l’Eucaristia è profezia di un mondo nuovo”.

“Sogniamo una Chiesa eucaristica – ha concluso Francesco - fatta di donne e uomini che si spezzano come pane per tutti coloro che masticano la solitudine e la povertà, per coloro che sono affamati di tenerezza e di compassione, per coloro la cui vita si sta sbriciolando perché è venuto a mancare il lievito buono della speranza. Una Chiesa che si inginocchia davanti all’Eucaristia e adora con stupore il Signore presente nel pane; ma che sa anche piegarsi con compassione e tenerezza dinanzi alle ferite di chi soffre, sollevando i poveri, asciugando le lacrime di chi soffre, facendosi pane di speranza e di gioia per tutti. Perché non c’è un vero culto eucaristico senza compassione per i tanti ‘Lazzaro’ che anche oggi ci camminano accanto”.

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