Papa: nell’età dei robot rilanciare un umanesimo fraterno tra singoli e popoli
Lettera di Francesco per i 25 anni Pontificia accademia per la vita. “Mentre, per un verso, si rivendicano presunti diritti, di carattere arbitrario e voluttuario, con la pretesa di vederli riconosciuti e promossi dalle strutture pubbliche, per l’altro verso, vi sono diritti elementari e fondamentali disconosciuti e violati nei confronti di tanta parte dell’umanità”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Rilanciare una nuova visione “per un umanesimo fraterno e solidale dei singoli e dei popoli”, reagendo, “prima che sia troppo tardi” agli “spiriti negativi che fomentano la divisione, l’indifferenza, l’ostilità” e guardando alle conseguenze che gli sviluppi delle tecnologie possono portare, in positivo o negativo, al genere umano. E’ il campo di intervento della Pontificia accademia per la vita come lo indica papa Francesco in una lettera a mons. Vincenzo Paglia, presidente dell’Accademia, in occasione dei 25 anni dalla fondazione della istituzione.
Nel documento il Papa invita l’Accademia a essere “luogo coraggioso” di confronto e dialogo a servizio del bene di tutti, affrontando le domande che si pongono nel dialogo tra le diverse culture e società oggi sempre più strettamente a contatto, con una particolare attenzione ai temi della vita e dei diritti umani. Se “la vita umana è violata oggi in modi brutali non solo da comportamenti individuali, ma anche dagli effetti di scelte e di assetti strutturali”, per i diritti umani “è in gioco la comprensione e la pratica di una giustizia che mostri il ruolo irrinunciabile della responsabilità nel discorso sui diritti umani e la loro stretta correlazione con i doveri, a partire dalla solidarietà con chi è maggiormente ferito e sofferente”. “Benedetto XVI ha molto insistito sull’importanza di «sollecitare una nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri senza i quali si trasformano in arbitrio. Si assiste oggi a una pesante contraddizione. Mentre, per un verso, si rivendicano presunti diritti, di carattere arbitrario e voluttuario, con la pretesa di vederli riconosciuti e promossi dalle strutture pubbliche, per l’altro verso, vi sono diritti elementari e fondamentali disconosciuti e violati nei confronti di tanta parte dell’umanità» (Enc. Caritas in veritate, 43)”.
Attenzione va posta anche alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le biotecnologie, le nanotecnologie, la robotica. Esse rendono possibile intervenire molto profondamente nella materia vivente e anche nel corpo umano. Sono interventi che “possono modificare non solo le sue funzioni e prestazioni, ma anche le sue modalità di relazione, sul piano personale e sociale, esponendolo sempre più alle logiche del mercato. Occorre quindi anzitutto comprendere le trasformazioni epocali che si annunciano su queste nuove frontiere, per individuare come orientarle al servizio della persona umana, rispettando e promuovendo la sua intrinseca dignità”.
Nell’attuale momento storico, evidenzia il documento, “la passione per l’umano, per l’intera umanità, è in grave difficoltà. Le gioie delle relazioni familiari e della convivenza sociale appaiono profondamente logorate” da “una smodata ricerca del proprio interesse e di una competizione esasperata, che non rifugge dalla violenza”. La “poca attenzione” alla questione dell’unità della famiglia umana e del suo futuro è conseguenza e si riflette nella “decostruzione dell’umanesimo”.
Bisogna affermare, invece che “la differenza della vita umana è un bene assoluto, degno di essere eticamente presidiato, prezioso per la cura di tutta la creazione. Lo scandalo è il fatto che l’umanesimo contraddica sé stesso, invece di prendere ispirazione dall’atto dell’amore di Dio. La Chiesa per prima deve ritrovare la bellezza di questa ispirazione e fare la sua parte, con rinnovato entusiasmo”.
Per il popolo cristiano si tratta di offrire uno specifico contributo “a una visione dell’umano capace di sostenere l’unità della famiglia dei popoli nelle odierne condizioni politiche e culturali”. “Perché una cosa è sentirsi costretti a vivere insieme, altra cosa è apprezzare la ricchezza e la bellezza dei semi di vita comune che devono essere cercati e coltivati insieme. Una cosa è rassegnarsi a concepire la vita come lotta contro mai finiti antagonisti, altra cosa è riconoscere la famiglia umana come segno della vitalità di Dio Padre e promessa di una destinazione comune al riscatto di tutto l’amore che, già ora, la tiene in vita”.
“La medicina e l’economia, la tecnologia e la politica che vengono elaborate al centro della moderna città dell’uomo, devono rimanere esposte anche e soprattutto al giudizio che viene pronunciato dalle periferie della terra. Di fatto, le molte e straordinarie risorse messe a disposizione della creatura umana dalla ricerca scientifica e tecnologica rischiano di oscurare la gioia della condivisione fraterna e la bellezza delle imprese comuni, dal cui servizio ricavano in realtà il loro autentico significato. Dobbiamo riconoscere che la fraternità rimane la promessa mancata della modernità. Il respiro universale della fraternità che cresce nel reciproco affidamento – all’interno della cittadinanza moderna, come fra i popoli e le nazioni – appare molto indebolito. La forza della fraternità, che l’adorazione di Dio in spirito e verità genera fra gli umani, è la nuova frontiera del cristianesimo. Ogni dettaglio della vita del corpo e dell’anima in cui lampeggiano l’amore e il riscatto della nuova creatura che si va formando in noi, sorprende come il vero e proprio miracolo di una risurrezione già in atto (cfr Col 3,1-2). Il Signore ci doni di moltiplicare questi miracoli! La testimonianza di San Francesco d’Assisi, con la sua capacità di riconoscersi fratello di tutte le creature terrestri e celesti, ci ispiri nella sua perenne attualità”. (FP)
25/02/2019 12:29