Papa: nella preghiera e la comunione con Gesù, la forza per affrontare anche la persecuzione
Città del Vaticano (AsiaNews) - Nutrita dall'ascolto della Scrittura e dalla comunione con Gesù e la sua Chiesa, la preghiera rende capaci di affrontare le difficoltà della vita e anche la persecuzione. E' l'insegnamento che viene "dalla testimonianza e dalla preghiera" di santo Stefano, il primo martire cristiano, che Benedetto XVI ha proposto oggi alle 40mila persone presenti in piazza san Pietro per l'udienza generale.
Stefano, "uno dei sette scelti per il servizio della carità", ha ricordato il Papa, venne condotto in tribunale, davanti al Sinedrio, con l'accusa di aver detto che Gesù avrebbe distrutto il tempio di Gerusalemme e sovvertito le usanze tramandate da Mosè. Gesù aveva effettivamente parlato della distruzione del tempio, che egli avrebbe ricostruito in tre giorni, ma "parlava del suo corpo".
"Il discorso di Stefano davanti al tribunale, il più lungo degli Atti degli Apostoli si sviluppa proprio su questa profezia di Gesù, il quale è il nuovo tempio, inaugura il nuovo culto, e sostituisce, con l'offerta che fa di se stesso sulla croce, i sacrifici antichi. Stefano vuole dimostrare come sia infondata l'accusa che gli viene rivolta di sovvertire la legge di Mosè e illustra la sua visione della storia della salvezza, dell'alleanza tra Dio e l'uomo. Egli rilegge così tutta la narrazione biblica, itinerario contenuto nella Sacra Scrittura, per mostrare che esso conduce al «luogo» della presenza definitiva di Dio, che è Gesù Cristo, in particolare la sua Passione, Morte e Risurrezione. In questa prospettiva Stefano legge anche il suo essere discepolo di Gesù, seguendolo fino al martirio".
E' la meditazione sulla Sacra Scrittura che permette a Stefano di comprendere il suo presente. "Nel suo discorso Stefano parte dalla chiamata di Abramo, pellegrino verso la terra indicata da Dio e che ebbe in possesso solo a livello di promessa; passa poi a Giuseppe, venduto dai fratelli, ma assistito e liberato da Dio, per giungere a Mosè, che diventa strumento di Dio per liberare il suo popolo, ma incontra anche e più volte il rifiuto della sua stessa gente. In questi eventi narrati dalla Sacra Scrittura, della quale Stefano mostra di essere in religioso ascolto, emerge sempre Dio, che non si stanca di andare incontro all'uomo nonostante trovi spesso un'ostinata opposizione".
"In tutto ciò egli vede la prefigurazione della vicenda di Gesù stesso, il Figlio di Dio fattosi carne, che - come gli antichi Padri - incontra ostacoli, rifiuto, morte". Nella sua meditazione sull'agire di Dio nella storia della salvezza, Stefano evidenzia la perenne tentazione di rifiutare Dio e la sua azione ed afferma che "Gesù è il Giusto annunciato dai profeti; in Lui Dio stesso si è reso presente in modo unico e definitivo: Gesù è il luogo del vero culto".
Stefano, dunque, non nega l'importanza del tempio, "ma sottolinea che Dio non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo. Il nuovo tempio in cui Dio abita è il suo Figlio, che ha assunto la carne umana, è l'umanità di Cristo, il Risorto che raccoglie i popoli e li unisce nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue".
"La vita e il discorso di Stefano improvvisamente si interrompono con la lapidazione, ma proprio il suo martirio è il compimento della sua vita e del suo messaggio: egli diventa una cosa sola con Cristo". Prima di morire, infatti egli chiede a Gesù di accogliere il suo spirito, e come Gesù chiede a Dio di "non imputare" coloro che lo lapidavano.
La testimonianza di santo Stefano ci offre alcune indicazioni per la nostra preghiera e la nostra vita. La prima è che santo Stefano ha tratto la forza per affrontare i suoi persecutori e giungere fino al dono di se stesso "dal suo rapporto con Dio" e "dalla meditazione sulla storia della salvezza, dal vedere l'agire di Dio, che in Gesù Cristo è giunto al vertice". Quindi "anche la nostra preghiera dev'essere nutrita dall'ascolto della Parola di Dio".
La seconda è che il martire "vede preannunciata, nella storia del rapporto di amore tra Dio e l'uomo, la figura e la missione di Gesù. Egli - il Figlio di Dio - è il tempio "non fatto da mano d'uomo" in cui la presenza di Dio Padre si è fatta così vicina da entrare nella nostra carne umana per portarci a Dio, per aprirci le porte del Cielo. La nostra preghiera, allora, deve essere contemplazione di Gesù alla destra di Dio, di Gesù come Signore della nostra, della mia, esistenza quotidiana. In Lui, sotto la guida dello Spirito Santo, possiamo anche noi rivolgerci a Dio - conclude il Papa - con la fiducia e l'abbandono dei figli che si rivolgono ad un Padre che li ama in modo infinito".