Papa: nell’Eucaristia, Gesù si dona perché la nostra vita non vada perduta
Proseguendo nel ciclo di catechesi su "come pregava Gesù", Benedetto XVI all’udienza generale parla dell’Ultima cena. I gesti e le parole di Gesù. Partecipando all'Eucaristia, “viviamo in modo straordinario la preghiera che Gesù ha fatto e continuamente fa per ciascuno affinché il male, che tutti incontriamo nella vita, non abbia a vincere e agisca in noi la forza trasformante della morte e risurrezione di Cristo”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Partecipando all’Eucaristia “viviamo in modo straordinario il dono che Gesù ha fatto e fa per ognuno di noi, perche il male che incontriamo non abbia a vincere”, “perché la nostra vita non vada perduta, nonostante le nostre debolezza e infedeltà”. Proseguendo nelle riflessioni sulla preghiera di Gesù, Benedetto XVI oggi ha parlato alle ottomila persone presenti all’udienza generale, in Vaticano, del momento dell’istituzione dell’Eucaristia, durante l’Ultima cena.
Udienza generale segnata dalla festosa presenza di alcuni circhi, con alcuni acrobati che hanno eseguito dei numeri per il Papa.
Che nel suo discorso ha descritto l’Ultima cena come momento “particolarmente solenne” ed “emozionale, in cui Gesù si congeda dai suoi amici”. Marco racconta che fin dalla partenza verso Gerusalemme “aveva iniziato a dire loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto”, “venire ucciso e dopo tre giorni risorgere”.
In quel periodo, la vita del popolo di Israele “era segnata dall’avvicinarsi dalla Pasqua, ossia dalla memoria della liberazione del popolo”. L’Ultima cena si inserisce in questo contesto ma in un contesto totalmente nuovo: “Gesù guarda alla sua passione, morte e risurrezione, essendone pienamente consapevole. Egli vuole vivere questa cena con i suoi discepoli, con un carattere del tutto speciale e diverso dagli altri conviti; è la sua cena, nella quale dona qualcosa di totalmente nuovo: se stesso. In questo modo, Gesù celebra la sua Pasqua, anticipa la sua croce e la sua risurrezione”.
Il “nucleo” di questa cena “sono i gesti dello spezzare il pane, del distribuirlo ai suoi e del condividere il calice del vino con le parole che li accompagnano e nel contesto di preghiera in cui si collocano: è l’istituzione dell’Eucaristia”.
Nei racconti evangellici, ha evidenziato il Papa, Paolo e Luca parlano di eucaristia/ringraziamento: ‘prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro’, Marco e Matteo, invece, sottolineano l’aspetto di eulogia/benedizione: ‘prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro’”.
Le due diverse parole greche indicano le due direzioni intrinseche e complementari di questa preghiera. C’è “il ringraziamento e la lode” che sale a Dio per il dono ricevuto: nell’Ultima cena si tratta del pane e del vino. “Questa preghiera di lode e ringraziamento, che si innalza verso Dio, ritorna come benedizione, che scende da Dio sul dono e lo arricchisce. Il ringraziare, lodare Dio diventa così benedizione, e l’offerta donata a Dio ritorna all’uomo benedetta dall’Onnipotente. Le parole dell’istituzione dell’Eucaristia si collocano in questo contesto di preghiera; in esse la lode e la benedizione diventano benedizione e trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù.
Prima delle parole “vengono i gesti: quello dello spezzare il pane e quello dell’offrire il vino. Chi spezza il pane e passa il calice è anzitutto il capofamiglia, che accoglie alla sua mensa i familiari, ma questi gesti sono anche quelli dell’ospitalità, dell’accoglienza alla comunione conviviale dello straniero, che non fa parte della casa. Questi stessi gesti, nella cena con la quale Gesù si congeda dai suoi, acquistano una profondità del tutto nuova: Egli dà un segno visibile dell’accoglienza alla mensa in cui Dio si dona. Gesù nel pane e nel vino offre e comunica Se stesso”.
Gesù sa che la vita sta per essergli tolta attraverso il supplizio della croce, la pena capitale degli uomini non liberi. “Con il dono del pane e del vino che offre nell'Ultima Cena, Gesù anticipa la sua morte e la sua risurrezione realizzando ciò che aveva detto nel discorso del Buon Pastore: «Io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Egli offre in anticipo la vita che gli sarà tolta e in questo modo trasforma la sua morte violenta in un atto libero di donazione di sé per gli altri e agli altri. La violenza subita si trasforma in un sacrificio attivo, libero e redentivo”.
Guardando i gesti e le parole di Gesù, “vediamo chiaramente che il rapporto intimo e costante con il Padre è il luogo in cui egli realizza il gesto di lasciare ai suoi, e a ciascuno di noi, il Sacramento dell'amore”.
Luca offre un altroelemento, che “permette di vedere la profondità commovente della preghiera di Gesù per i suoi in quella notte, l’attenzione per ciascuno. Partendo dalla preghiera di ringraziamento e di benedizione, Gesù giunge al dono eucaristico, al dono di Se stesso, e, mentre dona la realtà sacramentale decisiva, si rivolge a Pietro” e gli dice: “Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. La preghiera di Gesù, quando si avvicina la prova anche per i suoi discepoli, sorregge la loro debolezza, la loro fatica di comprendere che la via di Dio passa attraverso il mistero pasquale di morte e risurrezione, anticipato nell’offerta del pane e del vino. L’Eucaristia è cibo dei pellegrini che diventa forza anche per chi è stanco, sfinito e disorientato. E la preghiera è particolarmente per Pietro, perché, una volta convertito, confermi i fratelli nella fede. L'evangelista Luca ricorda che fu proprio lo sguardo di Gesù a cercare il volto di Pietro nel momento in cui questi aveva appena consumato il suo triplice rinnegamento, per dargli la forza di riprendere il cammino dietro a Lui”.
Partecipando all'Eucaristia, la conclusione del Papa, “viviamo in modo straordinario la preghiera che Gesù ha fatto e continuamente fa per ciascuno affinché il male, che tutti incontriamo nella vita, non abbia a vincere e agisca in noi la forza trasformante della morte e risurrezione di Cristo”. Chiediamo al Signore che, “la nostra partecipazione alla sua Eucaristia, indispensabile per la vita cristiana, sia sempre il punto più alto di tutta la nostra preghiera. Domandiamo che, uniti profondamente nella sua stessa offerta al Padre, possiamo anche noi trasformare le nostre croci in sacrificio, libero e responsabile, di amore a Dio e ai fratelli”.
Udienza generale segnata dalla festosa presenza di alcuni circhi, con alcuni acrobati che hanno eseguito dei numeri per il Papa.
Che nel suo discorso ha descritto l’Ultima cena come momento “particolarmente solenne” ed “emozionale, in cui Gesù si congeda dai suoi amici”. Marco racconta che fin dalla partenza verso Gerusalemme “aveva iniziato a dire loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto”, “venire ucciso e dopo tre giorni risorgere”.
In quel periodo, la vita del popolo di Israele “era segnata dall’avvicinarsi dalla Pasqua, ossia dalla memoria della liberazione del popolo”. L’Ultima cena si inserisce in questo contesto ma in un contesto totalmente nuovo: “Gesù guarda alla sua passione, morte e risurrezione, essendone pienamente consapevole. Egli vuole vivere questa cena con i suoi discepoli, con un carattere del tutto speciale e diverso dagli altri conviti; è la sua cena, nella quale dona qualcosa di totalmente nuovo: se stesso. In questo modo, Gesù celebra la sua Pasqua, anticipa la sua croce e la sua risurrezione”.
Il “nucleo” di questa cena “sono i gesti dello spezzare il pane, del distribuirlo ai suoi e del condividere il calice del vino con le parole che li accompagnano e nel contesto di preghiera in cui si collocano: è l’istituzione dell’Eucaristia”.
Nei racconti evangellici, ha evidenziato il Papa, Paolo e Luca parlano di eucaristia/ringraziamento: ‘prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro’, Marco e Matteo, invece, sottolineano l’aspetto di eulogia/benedizione: ‘prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro’”.
Le due diverse parole greche indicano le due direzioni intrinseche e complementari di questa preghiera. C’è “il ringraziamento e la lode” che sale a Dio per il dono ricevuto: nell’Ultima cena si tratta del pane e del vino. “Questa preghiera di lode e ringraziamento, che si innalza verso Dio, ritorna come benedizione, che scende da Dio sul dono e lo arricchisce. Il ringraziare, lodare Dio diventa così benedizione, e l’offerta donata a Dio ritorna all’uomo benedetta dall’Onnipotente. Le parole dell’istituzione dell’Eucaristia si collocano in questo contesto di preghiera; in esse la lode e la benedizione diventano benedizione e trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù.
Prima delle parole “vengono i gesti: quello dello spezzare il pane e quello dell’offrire il vino. Chi spezza il pane e passa il calice è anzitutto il capofamiglia, che accoglie alla sua mensa i familiari, ma questi gesti sono anche quelli dell’ospitalità, dell’accoglienza alla comunione conviviale dello straniero, che non fa parte della casa. Questi stessi gesti, nella cena con la quale Gesù si congeda dai suoi, acquistano una profondità del tutto nuova: Egli dà un segno visibile dell’accoglienza alla mensa in cui Dio si dona. Gesù nel pane e nel vino offre e comunica Se stesso”.
Gesù sa che la vita sta per essergli tolta attraverso il supplizio della croce, la pena capitale degli uomini non liberi. “Con il dono del pane e del vino che offre nell'Ultima Cena, Gesù anticipa la sua morte e la sua risurrezione realizzando ciò che aveva detto nel discorso del Buon Pastore: «Io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Egli offre in anticipo la vita che gli sarà tolta e in questo modo trasforma la sua morte violenta in un atto libero di donazione di sé per gli altri e agli altri. La violenza subita si trasforma in un sacrificio attivo, libero e redentivo”.
Guardando i gesti e le parole di Gesù, “vediamo chiaramente che il rapporto intimo e costante con il Padre è il luogo in cui egli realizza il gesto di lasciare ai suoi, e a ciascuno di noi, il Sacramento dell'amore”.
Luca offre un altroelemento, che “permette di vedere la profondità commovente della preghiera di Gesù per i suoi in quella notte, l’attenzione per ciascuno. Partendo dalla preghiera di ringraziamento e di benedizione, Gesù giunge al dono eucaristico, al dono di Se stesso, e, mentre dona la realtà sacramentale decisiva, si rivolge a Pietro” e gli dice: “Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. La preghiera di Gesù, quando si avvicina la prova anche per i suoi discepoli, sorregge la loro debolezza, la loro fatica di comprendere che la via di Dio passa attraverso il mistero pasquale di morte e risurrezione, anticipato nell’offerta del pane e del vino. L’Eucaristia è cibo dei pellegrini che diventa forza anche per chi è stanco, sfinito e disorientato. E la preghiera è particolarmente per Pietro, perché, una volta convertito, confermi i fratelli nella fede. L'evangelista Luca ricorda che fu proprio lo sguardo di Gesù a cercare il volto di Pietro nel momento in cui questi aveva appena consumato il suo triplice rinnegamento, per dargli la forza di riprendere il cammino dietro a Lui”.
Partecipando all'Eucaristia, la conclusione del Papa, “viviamo in modo straordinario la preghiera che Gesù ha fatto e continuamente fa per ciascuno affinché il male, che tutti incontriamo nella vita, non abbia a vincere e agisca in noi la forza trasformante della morte e risurrezione di Cristo”. Chiediamo al Signore che, “la nostra partecipazione alla sua Eucaristia, indispensabile per la vita cristiana, sia sempre il punto più alto di tutta la nostra preghiera. Domandiamo che, uniti profondamente nella sua stessa offerta al Padre, possiamo anche noi trasformare le nostre croci in sacrificio, libero e responsabile, di amore a Dio e ai fratelli”.
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