Papa: nel Triduo Pasquale “entriamo nel mistero, facciamo nostri” i sentimenti di Gesù
Città del Vaticano (AsiaNews) – Durante il Triduo Pasquale, che comincia domani pomeriggio con la messa “nella cena del Signore”, “non limitiamoci a commemorare la passione del Signore, ma entriamo nel mistero, facciamo nostri i suoi sentimenti, i suoi atteggiamenti” per poter dire, come lui, di aver fatto tutto ciò che è in nostro potere per la salvezza. Come ha fatto don Andrea Santoro, missionario ucciso nel 2006 in Turchia.
Il significato del Triduo Santo è stato al centro della catechesi di papa Francesco per l’udienza generale di oggi, vigilia dei giorni che ricordano “passione, morte e risurrezione di Cristo, culmine di tutto l’anno liturgico, culmine della nostra vita cristiana”.
Alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro, tra le quali come di consueto è passato a lungo con la jeep bianca, il Papa ha detto che “il Triduosi apre con la commemorazione dell’Ultima Cena. Gesù, la vigilia della sua passione, offrì al Padre il suo corpo e il suo sangue sotto le specie del pane e del vino e, donandoli in nutrimento agli Apostoli, comandò loro di perpetuarne l’offerta in sua memoria. Il Vangelo di questa celebrazione, ricordando la lavanda dei piedi, esprime il medesimo significato dell’Eucaristia sotto un’altra prospettiva. Gesù – come un servo – lava i piedi di Simon Pietro e degli altri undici discepoli. Con questo gesto profetico, Egli esprime il senso della sua vita e della sua passione, quale servizio a Dio e ai fratelli: «Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire»”.
“Questo è avvenuto anche nel nostro Battesimo, quando la grazia di Dio ci ha lavato dal peccato e ci siamo rivestiti di Cristo. Questo avviene ogni volta che facciamo il memoriale del Signore nell’Eucaristia: facciamo comunione con Cristo Servo per obbedire al suo comandamento, quello di amarci come Lui ci ha amato. Se ci accostiamo alla santa Comunione senza essere sinceramente disposti a lavarci i piedi gli uni agli altri, noi non riconosciamo il Corpo del Signore. E’ il servizio di Gesù donando se stesso, totalmente”.
“Poi, dopo domani, nella liturgia del Venerdì Santo meditiamo il mistero della morte di Cristo e adoriamo la Croce. Negli ultimi istanti di vita, prima di consegnare lo spirito al Padre, Gesù disse: «E’ compiuto!». Che cosa significa questa parola che Gesù dice: ‘E’ compiuto!’? Significa che l’opera della salvezza è compiuta, che tutte le Scritture trovano il loro pieno compimento nell’amore del Cristo, Agnello immolato. Gesù, col suo Sacrificio, ha trasformato la più grande iniquità nel più grande amore. Nel corso dei secoli ci sono uomini e donne che con la testimonianza della loro esistenza riflettono un raggio di questo amore perfetto, pieno, incontaminato. Mi piace ricordare un eroico testimone dei nostri giorni, Don Andrea Santoro, sacerdote della diocesi di Roma e missionario in Turchia. Qualche giorno prima di essere assassinato a Trebisonda, scriveva: «Sono qui per abitare in mezzo a questa gente e permettere a Gesù di farlo prestandogli la mia carne … Si diventa capaci di salvezza solo offrendo la propria carne. Il male del mondo va portato e il dolore va condiviso, assorbendolo nella propria carne fino in fondo, come ha fatto Gesù» . Questo esempio di un uomo dei nostri tempi, e tanti altri, ci sostengano nell’offrire la nostra vita come dono d’amore ai fratelli, ad imitazione di Gesù. E anche oggi ci sono tanti uomini e donne, veri martiri che offrono la loro vita con Gesù per confessare la fede, soltanto per quel motivo. E’ un servizio, servizio della testimonianza cristiana fino al sangue, servizio che ci ha fatto Cristo: ci ha redento fino alla fine. E questo è il significato di quella parola ‘E’ compiuto!’. Che bello sarà quando tutti noi, alla fine della nostra vita, con i nostri sbagli, i nostri peccati, anche con le nostre buone opere, con il nostro amore al prossimo, potremo dire al Padre come Gesù ‘E’ compiuto!’, ma non con la perfezione con cui lo ha detto Lui, ma dire: ‘Ma, Signore, ho fatto tutto quello che ho potuto fare’, ‘E’ compiuto!’. Adorando la Croce, guardando Gesù, pensiamo nell’amore, nel servizio, nella nostra vita, nei martiri cristiani, e anche ci farà bene pensare alla fine della nostra vita. Nessuno di noi sa quando avverrà questo ma possiamo chiedere la grazia di poter dire: ‘Ma, Padre, ho fatto quello che ho potuto’, ‘E’ compiuto!’’.
‘Il Sabato Santo è il giorno in cui la Chiesa contempla il ‘riposo’ di Cristo nella tomba dopo il vittorioso combattimento della croce. Nel Sabato Santo la Chiesa, ancora una volta, si identifica con Maria: tutta la sua fede è raccolta in Lei, la prima e perfetta discepola, la prima e perfetta credente. Nell’oscurità che avvolge il creato, Ella rimane sola a tenere accesa la fiamma della fede, sperando contro ogni speranza nella Risurrezione di Gesù. E nella grande Veglia Pasquale, in cui risuona nuovamente l’Alleluia, celebriamo Cristo Risorto centro e fine del cosmo e della storia; vegliamo pieni di speranza in attesa del suo ritorno, quando la Pasqua avrà la sua piena manifestazione. A volte il buio della notte sembra penetrare nell’anima; a volte pensiamo: ‘ormai non c’è più nulla da fare’, e il cuore non trova più la forza di amare… Ma proprio in quel buio Cristo accende il fuoco dell’amore di Dio: un bagliore rompe l’oscurità e annuncia un nuovo inizio, qualcosa incomincia nel buio più profondo. Noi sappiamo che la notte è più notte e ha più buio poco prima che incominci la giornata. Ma proprio in quel buio è Cristo che vince e che accende il fuoco dell’amore. La pietra del dolore è ribaltata lasciando spazio alla speranza. Ecco il grande mistero della Pasqua! In questa santa notte la Chiesa ci consegna la luce del Risorto, perché in noi non ci sia il rimpianto di chi dice ‘ormai…’, ma la speranza di chi si apre a un presente pieno di futuro: Cristo ha vinto la morte, e noi con Lui. La nostra vita non finisce davanti alla pietra di un Sepolcro, la nostra vita va oltre con la speranza al Cristo che è risorto proprio da quel Sepolcro. Come cristiani siamo chiamati ad essere sentinelle del mattino, che sanno scorgere i segni del Risorto, come hanno fatto le donne e i discepoli accorsi al sepolcro all’alba del primo giorno della settimana”.
In questi giorni del Triduo Santo – la conclusione del Papa - non limitiamoci a commemorare la passione del Signore, ma entriamo nel mistero, facciamo nostri i suoi sentimenti, i suoi atteggiamenti, come ci invita a fare l’apostolo Paolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù’. Allora la nostra sarà una ‘buona Pasqua’’.
Alla fine dell’udienza, infine, Francesco ha ricordato che domani sarà il decimo anniversario della morte di Giovanni Paolo II. ““Lo ricordiamo come grande Testimone di Cristo sofferente, morto e risorto, e gli chiediamo di intercedere per noi, per le famiglie, per la Chiesa, affinché la luce della risurrezione risplenda su tutte le ombre della nostra vita e ci riempia di gioia e di pace”.
03/04/2021 20:46