Papa: lo Spirito è un dono da condividere, ‘l’anima non è un magazzino’
Nuovo monito di Francesco contro le chiacchiere che “sono guerra”. “Il chiacchiericcio distrugge quello che da Dio. Per favore smettiamola di chiacchierare”. “Qualcuno pensa che nella Chiesa ci sono i padroni: i vescovi, il papa e poi ci sono gli operai”. “No la Chiesa siamo noi”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – La confermazione unisce più strettamente il cresimato alla Chiesa e alla sua missione di testimoniare Cristo. Il dono dello Spirito Santo che egli riceve deve essere condiviso con gli altri. “Dobbiamo infatti pensare alla Chiesa come a un organismo vivo, composto di persone che conosciamo e con cui camminiamo, e non come a una realtà astratta e lontana”. “La Chiesa siamo noi”.
Proseguendo nel ciclo di catechesi sul sacramento della Confermazione, papa Francesco ha centrato la sua riflessione sul dono dello Spirito Santo che “Nessuno riceve per se stesso”. “Sempre ricevere per dare. L’anima non è un magazzino”.
Alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro Francesco ha poi sottolineato il valore della “pace” : “il Vescovo dice, infatti, a ogni confermato: «La pace sia con te»”. “Ricevere la pace impegna a lavorare per migliorare la concordia in parrocchia”. Ma poi “usciamo e cominciano le chiacchiere e le chiacchiere sono guerra”.
Lo Spirito Santo, è “un dono che entra in noi e fa fruttificare perché noi possiamo dare agli altri”. “Sempre ricevere per dare. L’anima non è un magazzino. Ricevere per dare”. “Completando nei battezzati la somiglianza a Cristo, la Confermazione li unisce più fortemente come membra vive al corpo mistico della Chiesa (cfr Rito della Confermazione, n. 25). La missione della Chiesa nel mondo procede attraverso l’apporto di tutti coloro che ne sono parte”. “Qualcuno pensa che nella Chiesa ci sono i padroni: i vescovi, il papa e poi ci sono gli operai”. “No la Chiesa siamo noi”. “Dobbiamo infatti pensare alla Chiesa come a un organismo vivo, composto di persone che conosciamo e con cui camminiamo, e non come a una realtà astratta e lontana. La Confermazione vincola alla Chiesa universale, sparsa su tutta la terra, coinvolgendo però attivamente i cresimati nella vita della Chiesa particolare a cui essi appartengono, con a capo il Vescovo, che è il successore degli Apostoli. Per questo il Vescovo è il ministro originario della Confermazione (cfr Lumen gentium, 26). Perché lui unisce il confermato nella Chiesa”.
“Questa incorporazione ecclesiale è ben significata dal segno di pace che conclude il rito della crismazione. Il Vescovo dice, infatti, a ogni confermato: «La pace sia con te». Ricordando il saluto di Cristo ai discepoli la sera di Pasqua, colma di Spirito Santo (cfr Gv 20,19-23), queste parole illuminano un gesto che «esprime la comunione ecclesiale con il Vescovo e con tutti i fedeli» (cfr CCC, 1301). Noi nella cresima riceviamo lo Spirito Santo e la pace che dobbiamo darla agli altri”. “Questo significa pace”. “Ma poi cosa succede? Usciamo e cominciano le chiacchiere e le chiacchiere sono guerra”. “Il chiacchiericcio distrugge quello che da Dio. Per favore smettiamola di chiacchierare”.
“Ricevere la pace dal Vescovo impegna i cresimati a lavorare per tessere la comunione dentro e fuori la Chiesa, con entusiasmo e senza farsi paralizzare da resistenze. Ricevere la pace impegna a lavorare per migliorare la concordia in parrocchia, favorendo l’intesa con gli altri, includendo e non scartando o emarginando. Ricevere la pace impegna ancora a cooperare con chi è diverso da noi, coscienti che la comunità cristiana si edifica mediante ricchezze differenti e complementari. Lo Spirito è creativo e non ripetitivo. I suoi doni suscitano sinfonia e non monotonia! La sua opera coinvolge tutti coloro che recano in sé il suo sigillo”.
“Nessuno riceve la Confermazione solo per sé stesso, ma per cooperare alla crescita spirituale degli altri. Solo così, aprendoci e uscendo da noi stessi per incontrare i fratelli, possiamo davvero crescere e non solo illuderci di farlo. Quanto riceviamo in dono da Dio dev’essere infatti donato affinché sia fecondo, e non invece seppellito a motivo di timori egoistici, come insegna la parabola dei talenti (cfr Mt 25,14-30)”.
“Esorto i cresimati – ha concluso Francesco - a non ‘ingabbiare’ lo Spirito Santo, a non opporre resistenza al Vento che soffia per spingerli a camminare in libertà, a non soffocare il Fuoco ardente della carità che porta a consumare la vita per Dio e per i fratelli. Che lo Spirito Santo conceda a tutti noi il coraggio apostolico di comunicare il Vangelo, con le opere e le parole, a quanti incontriamo sulla nostra strada. Ma con le parole buone, non con le chiacchiere”.