Papa: le Chiese d’Oriente, vivaci malgrado persecuzioni e terrorismo
Ricevendo i partecipanti all’assemblea della “Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali” Francesco raccomanda la formazione del clero. “Non dimentichiamo che in Oriente anche ai giorni nostri, i cristiani – non importa se cattolici, ortodossi o protestanti – versano il loro sangue come sigillo della loro testimonianza”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Non dimentichiamo che in Oriente anche ai giorni nostri, i cristiani – non importa se cattolici, ortodossi o protestanti – versano il loro sangue come sigillo della loro testimonianza”. E’ tornato a ripeterlo papa Francesco che, ricevendo i partecipanti all’assemblea della “Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali” (ROACO), ha ricordato che le Chiese orientali hanno subito “terribili ondate di persecuzioni” e sono ancora vittime del “terrorismo fondamentalista”, anche se si vedono segni di ritorno dei tanti cristiani fuggiti.
Il Papa ha raccomandato che le Chiese orientali continuino a dedicare particolare cura alla formazione del clero e a sostenere “i progetti e le iniziative che edificano in modo autentico l’essere Chiesa”.
Francesco, prendendo spunto dal centenario della Congregazione per le Chiese Orientali ha detto che “sono stati decenni che hanno visto il succedersi di avvenimenti drammatici: le Chiese orientali sono state spesso investite da terribili ondate di persecuzioni e di travagli, sia nell’Est europeo come nel Medio Oriente. Forti emigrazioni ne hanno indebolito la presenza nei territori in cui erano fiorite da secoli. Ora, grazie a Dio, alcune di esse sono ritornate alla libertà dopo il doloroso periodo dei regimi totalitari, ma altre, specialmente in Siria, Iraq ed Egitto, vedono i loro figli soffrire a causa del perdurare della guerra e le insensate violenze perpetrate dal terrorismo fondamentalista”.
“Tutte queste vicende ci hanno fatto attraversare l’esperienza della Croce di Gesù: essa è causa di turbamento e sofferenza, ma al tempo stesso è fonte di salvezza”. “Per questo sono lieto che abbiate potuto riflettere, insieme ad alcuni rappresentanti delle Chiese, sulla realtà importante della formazione iniziale dei seminaristi e quella permanente dei sacerdoti. Siamo consapevoli infatti della scelta di radicalità espressa da molti di loro e della eroicità della testimonianza di dedizione a fianco delle loro comunità spesso molto provate. Ma siamo pure coscienti delle tentazioni che si possono incontrare, come la ricerca di uno status sociale riconosciuto al consacrato in alcune aree geografiche, o un modo di esercitare il ruolo di guida secondo criteri di affermazione umana o secondo schemi della cultura e dell’ambiente”.
“Lo sforzo che la Congregazione e le Agenzie debbono continuare a compiere è quello di sostenere i progetti e le iniziative che edificano in modo autentico l’essere Chiesa. È fondamentale alimentare sempre lo stile di prossimità evangelica: nei Vescovi, perché lo vivano nei confronti dei loro presbiteri, così che questi facciano sentire la carezza del Signore ai fedeli loro affidati. Ma custodendo tutti la grazia di restare discepoli del Signore, a partire dai primi che imparano a farsi ultimi con gli ultimi. Il seminarista e il giovane sacerdote sentirà così la gioia di essere collaboratore della salvezza offerta dal Signore, che si china come Buon Samaritano a versare sulle ferite dei cuori e delle storie umane l’olio della consolazione e il vino della speranza evangelica”.
“Sentiamoci sempre pietre vive strette a Cristo, che è la pietra angolare! Le Chiese Orientali custodiscono tante venerate memorie, chiese, monasteri, luoghi di santi e sante: essi vanno custoditi e conservati, anche grazie al vostro aiuto, favorendo così il pellegrinaggio alle radici della fede. Ma quando non è possibile riparare o mantenere le strutture, dobbiamo continuare ad essere tempio vivo del Signore, ricordando che la ‘creta’ della nostra esistenza credente è stata plasmata dalle mani del ‘vasaio’, il Signore, che ha infuso in essa il suo Spirito vivificante. E non dimentichiamo che in Oriente, anche ai giorni nostri, i cristiani – non importa se cattolici, ortodossi o protestanti – versano il loro sangue come sigillo della loro testimonianza. I fedeli orientali, se costretti a emigrare, possano essere accolti nei luoghi dove giungono, e possano continuare a vivere secondo la tradizione ecclesiale loro propria. In questo modo il vostro operato, cari rappresentanti delle Agenzie, sarà un ponte tra Occidente e Oriente, sia nei Paesi di origine, sia in quelli da cui voi stessi provenite”.