Papa: la povertà non è frutto del destino, è conseguenza dell’egoismo
Nel messaggio per la V Giornata mondiale dei poveri, Francesco sottolinea la necessaria “condivisione” con i poveri, dalla quale deriva il principio che “è decisivo dare vita a processi di sviluppo in cui si valorizzano le capacità di tutti”. “Se i poveri sono messi ai margini, come se fossero colpevoli della loro condizione, allora il concetto stesso di democrazia è messo in crisi e ogni politica sociale diventa fallimentare”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – I poveri sono “sacramento di Cristo, rappresentano la sua persona e rinviano a Lui” e la povertà “non è frutto del destino, è conseguenza dell’egoismo”. Da queste due affermazioni, fondate sul Vangelo, papa Francesco fa discendere una serie di conseguenze, in primo luogo la “condivisione” con i poveri, dalla quale deriva il principio che “è decisivo dare vita a processi di sviluppo in cui si valorizzano le capacità di tutti”, a una “progettualità creativa, che consenta di accrescere la libertà effettiva di poter realizzare l’esistenza con le capacità proprie di ogni persona”. Occorre, alla fine, un differente approccio alla povertà, perché “se i poveri sono messi ai margini, come se fossero colpevoli della loro condizione, allora il concetto stesso di democrazia è messo in crisi e ogni politica sociale diventa fallimentare”.
Sono questi i punti centrali del messaggio di Francesco per la V Giornata mondiale dei poveri che si celebra la XXXIII domenica del Tempo ordinario – quest’anno il 14 novembre – sul tema «I poveri li avete sempre con voi» (Mc 14,7), pubblicato oggi.
Tutta l’opera di Gesù, scrive il Papa, “afferma che la povertà non è frutto di fatalità, ma segno concreto della sua presenza in mezzo a noi”. I poveri, poi, “sono veri evangelizzatori perché sono stati i primi ad essere evangelizzati e chiamati a condividere la beatitudine del Signore e il suo Regno”.
Fondamentale, nel messaggio papale, la sottolineatura sul fatto che “Gesù non solo sta dalla parte dei poveri, ma condivide con loro la stessa sorte. Questo è un forte insegnamento anche per i suoi discepoli di ogni tempo”. I poveri, infatti, “non sono persone ‘esterne’ alla comunità, ma fratelli e sorelle con cui condividere la sofferenza, per alleviare il loro disagio e l’emarginazione, perché venga loro restituita la dignità perduta e assicurata l’inclusione sociale necessaria. D’altronde, si sa che un gesto di beneficenza presuppone un benefattore e un beneficato, mentre la condivisione genera fratellanza. L’elemosina, è occasionale; la condivisione invece è duratura”. E’ un atteggiamento che esige conversione, quindi in primo luogo “aprire il nostro cuore a riconoscere le molteplici espressioni di povertà e nel manifestare il Regno di Dio mediante uno stile di vita coerente con la fede che professiamo. Spesso i poveri sono considerati come persone separate, come una categoria che richiede un particolare servizio caritativo. Seguire Gesù comporta, in proposito, un cambiamento di mentalità, cioè di accogliere la sfida della condivisione e della partecipazione”.
Il Vangelo, poi, “chiede di riconoscere le molteplici, troppe forme di disordine morale e sociale che generano sempre nuove forme di povertà. Sembra farsi strada la concezione secondo la quale i poveri non solo sono responsabili della loro condizione, ma costituiscono un peso intollerabile per un sistema economico che pone al centro l’interesse di alcune categorie privilegiate. Un mercato che ignora o seleziona i principi etici crea condizioni disumane che si abbattono su persone che vivono già in condizioni precarie. Si assiste così alla creazione di sempre nuove trappole dell’indigenza e dell’esclusione, prodotte da attori economici e finanziari senza scrupoli, privi di senso umanitario e responsabilità sociale”. A questo si è aggiunta la pandemia che, oltre a sofferenza e morte, ha portato nuove povertà e anche disoccupazione “che colpisce in maniera drammatica tanti padri di famiglia, donne e giovani. La solidarietà sociale e la generosità di cui molti, grazie a Dio, sono capaci, unite a progetti lungimiranti di promozione umana, stanno dando e daranno un contributo molto importante in questo frangente”.
E poiché “la povertà non è frutto del destino”, ma “conseguenza dell’egoismo”, è “decisivo dare vita a processi di sviluppo in cui si valorizzano le capacità di tutti, perché la complementarità delle competenze e la diversità dei ruoli porti a una risorsa comune di partecipazione. Ci sono molte povertà dei ‘ricchi’ che potrebbero essere curate dalla ricchezza dei ‘poveri’, se solo si incontrassero e conoscessero! Nessuno è così povero da non poter donare qualcosa di sé nella reciprocità. I poveri non possono essere solo coloro che ricevono; devono essere messi nella condizione di poter dare, perché sanno bene come corrispondere”.
Di rilievo, infine, come ha sottolineato mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione alla presentazione del Messaggio, il riferimento alla condizione femminile. Nel documento, prendendo spunto dalle parole di Gesù ai discepoli, a commento del gesto della donna che gli aveva versato sul capo un profumo molto prezioso, Francesco osserva che “questa donna anonima, destinata forse per questo a rappresentare l’intero universo femminile che nel corso dei secoli non avrà voce e subirà violenze, inaugura la significativa presenza di donne che prendono parte al momento culminante della vita di Cristo: la sua crocifissione, morte e sepoltura e la sua apparizione da Risorto”.(FP)
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