Papa: la Siria ha “urgente necessità di vere riforme” e non di violenza
Ricevendo il nuovo ambasciatore siriano, Benedetto XVI parla della necessità di una “soluzione globale” per il Medio Oriente, che rispetti le legittime aspirazioni di tutti i popoli della regione. A un gruppo di diplomatici il Papa ha parlato della necessità di un uso della tecnologia, il cui sfruttamento “va di pari passo con i disastri ecologici e sociali”, che rispetti l’uomo.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “L’urgente necessità di vere riforme nella vita politica, economica e sociale” della Siria è stata affermata oggi da Benedetto XVI che, ricevendo il nuovo ambasciatore di Damasco presso la Santa Sede, Hussan Edin Aala, ha anche ribadito il convincimento che una soluzione globale per la pace in Medio Oriente va trovata attraverso il dialogo e senza ledere gli interessi di nessuno dei popoli interessati.
Il Papa, che oggi ha ricevuto per la presentazione delle credenziali gli ambasciatori di sei Paesi, Moldova, Guinea Equatoriale, Belize, Siria, Ghana e Nuova Zelanda, nel discorso rivolto collettivamente ai sei diplomatici ha esortato i governi a utilizzare energie ambientali pulite e rispettose per l’ambiente, evitando il ricorso ad una tecnologia pericolosa per l’uomo.
“Gli avvenimenti accaduti negli ultimi mesi in alcuni Paesi intorno al Mediterraneo, fra i quali la Siria - ha sostenuto parlando con l’ambasciatore di Damasco – esprimono il desiderio di un avvenire migliore nei campi dell’economia, della giustizia, della libertà e della partecipazione alla vita pubblica”. Di qui la necessità di “vere riforme” e l’auspicio che l’evoluzione della situazione “non si realizzi in termini di intolleranza, di discriminazione o di conflitto e ancor meno di violenza, ma in termini di assoluto rispetto della verità, della coesistenza, dei diritti legittimi delle persone e delle collettività, così come della riconciliazione. Tali principi debbono giudare le autorità, sempre tenendo conto delle aspirazioni della società civile, così come delle pressioni internazionnali”.
Nel suo discorso, il Papa ha ricordato la tradizione di pacifica convivenza tra musulmani e cristiani in Siria, auspicandone l’ulteriore crescita e ha lodato la “generosità” con la quale il Paese ha accolto profughi e rifugiati, provenienti soprattutto dall’Iraq.
Quanto alla situazione della regione, “per avere un progresso della pace, deve essere trovata una soluzione globale. Questa non deve ledere gli interessi di alcuna delle parti in causa ed essere frutto di un accorso e non di scelte unilaterali imposte con la forza. Che non risolve nente, come le soluzioni marziali o unilaterali, che sono insufficienti. Coscienti delle sofferenze di tutte le poolazioni, bisogna procedere con un approccio deliberatamente globale che non escluda alcuno dalla ricerca di una soluzione negozita che tenga conto delle aspirazioni e degli interessi legittimi dei diversi popoli coinvolti”.
La necessità di un diverso approccio alla tecnologia e il dovere di tutti i governi a tutelare la natura sono stati invece al centro delle parole che Benedetto XVI ha rivolto collettivamente ai sei diplomatici.
Lo sfruttamento della tecnologia, ha notato il Papa, “va di pari passo con i disastri ecologici e sociali”. Troppo spesso si dimentica che il progresso deve andare a vantaggio del lavoro dell’uomo e non della tecnologia, che dell’uomo è una “creazione”. “Puntare tutto su di essa, o credere che essa sia la causa esclusiva del progresso, o della felicità, porta a una mercificazione dell'uomo, che si ritorce contro di lui quando si accorge che le aspettative sono state mal risposte”. “Basta vedere i ‘danni’ del progresso e i pericoli che fa correre all’umanità una tecnica onnipotente e in ultima analisi, non controllata. La tecnica che domina l'uomo, lo priva della sua umanità. L'orgoglio che essa genera ha portato la nostra società a un economicismo intransigente e a un certo edonismo che determina soggettivamente e egoisticamente i comportamenti”.
Per questo è necessario “rivedere completamente il nostro approccio alla natura”, visto che senza un concreto cambiamento del suo stile di vita, la stessa famiglia umana “potrebbe scomparire”. E’ quindi “urgente” che il ricercatore e lo scienziato sappiano “coniugare la tecnologia con una forte dimensione etica”, aiutando quindi la natura “a svilupparsi nella linea voluta dal Creatore”, mentre “i governi dovrebbero promuovere un umanesimo che rispetti la dimensione spirituale e religiosa dell’uomo”:
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