Papa: l'Unzione degli infermi non "porta sfortuna", ma "è Gesù che arriva" dal malato per dargli forza e speranza
Città del Vaticano (AsiaNews) - Chiamare il sacerdote perché porti il sacramento della Unzione degli infermi a un malato "non è un tabù", non "porta sfortuna", ma "è bellissimo", perché "è bello sapere che nel momento del dolore e della malattia non siamo soli", perché "è Gesù che arriva per sollevarlo, per dargli forza, per dargli speranza, per aiutarlo. Anche per perdonargli i peccati".
Papa Francesco ha presentato così il sacramento dell'Unzione degli infermi alle 50mila persone presenti in piazza san Pietro per l'udienza generale, tra le quali, come di consueto, è passato a lungo salutando, benedicendo e baciando bambini, alcuni dei quali con le maschere di Carnevale, compreso uno vestito "da papa". In una giornata nuvolosa, "le previsioni davano pioggia - ha detto Francesco salutando la folla - ma voi siete venuti lo stesso. Avete avuto coraggio, complimenti'', il Papa ha anche lanciato, al termine dell'incontro, un appello per il Venezuela, esprimendo la "particolare apprensione" per quanto vi sta accadendo in questi giorni. "Auspico vivamente - ha aggiunto - che cessino quanto prima le violenze e le ostilità e che tutto il popolo venezuelano, a partire dai responsabili politici e istituzionali, si adoperi per favorire la riconciliazione nazionale, attraverso il perdono reciproco e un dialogo sincero, rispettoso della verità e della giustizia, capace di affrontare temi concreti per il bene comune".
In precedenza, nella catechesi, il Papa aveva affermato che l'Unzione degli infermi "ci permette di toccare con mano la compassione di Dio per l'uomo. In passato - ha aggiunto - veniva chiamato Estrema unzione, perché era inteso come conforto spirituale nell'imminenza della morte. Parlare invece di Unzione degli infermi ci aiuta ad allargare lo sguardo all'esperienza della malattia e della sofferenza, nell'orizzonte della misericordia di Dio".
"Ogni volta che celebriamo tale Sacramento, il Signore Gesù, nella persona del sacerdote, si fa vicino a chi soffre ed è gravemente malato, o anziano". Il Papa ha ricordato, in proposito, la parabola del buon samaritano che "si prende cura dell'uomo sofferente versando sulle sue ferite olio e vino" e che affida il sofferente a un albergatore, "affinché possa continuare a prendersi cura di lei, senza badare a spese. Ora, chi è questo albergatore? È la Chiesa, la comunità cristiana, siamo noi, ai quali ogni giorno il Signore Gesù affida coloro che sono afflitti, nel corpo e nello spirito, perché possiamo continuare a riversare su di loro, senza misura, tutta la sua misericordia e la sua salvezza".
"Questo mandato è ribadito in modo esplicito e preciso nella Lettera di Giacomo dove si raccomanda: «Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati». Si tratta quindi di una prassi che era in atto già ai tempi degli Apostoli. Gesù infatti ha insegnato ai suoi discepoli ad avere la sua stessa predilezione per i malati e per i sofferenti e ha trasmesso loro la capacità e il compito di continuare ad elargire nel suo nome e secondo il suo cuore sollievo e pace, attraverso la grazia speciale di tale Sacramento".
"Questo però non ci deve fare scadere nella ricerca ossessiva del miracolo o nella presunzione di poter ottenere sempre e comunque la guarigione. Ma, è la sicurezza della vicinanza di Gesù al malato, anche all'anziano, perché ogni anziano, ogni persona di oltre 65 anni può ricevere questo Sacramento: è Gesù che si avvicina. Ma quando un malato si pensa: 'Ma, chiamiamo il prete, il sacerdote perché venga' - 'No, no, ma poi porta sfortuna... Poi, no, non lo chiamiamo'. O 'Poi si spaventerà, l'ammalato'... Perché? Perché c'è un po' l'idea che, quando c'è un ammalato e viene il sacerdote, dopo di lui arrivano le pompe funebri: e quello non è vero! Il sacerdote viene per aiutare il malato o l'anziano. Per questo è tanto importante la visita dei sacerdoti ai malati. Chiamarlo: 'Ah, un malato, venga, gli dia l'unzione, lo benedica': perché è Gesù che arriva per sollevarlo, per dargli forza, per dargli speranza, per aiutarlo. Anche per perdonargli i peccati. E questo è bellissimo!"
"E non pensiate che questo sia un tabù, perché sempre è bello sapere che nel momento del dolore e della malattia noi non siamo soli: il sacerdote e coloro che sono presenti durante l'Unzione degli infermi rappresentano infatti tutta la comunità cristiana che, come un unico corpo, con Gesù, si stringe attorno a chi soffre e ai familiari, alimentando in essi la fede e la speranza, e sostenendoli con la preghiera e il calore fraterno. Ma il conforto più grande deriva dal fatto che a rendersi presente nel Sacramento è lo stesso Signore Gesù, che ci prende per mano, ci accarezza come faceva con i malati, Lui, e ci ricorda che ormai gli apparteniamo e che nulla - neppure il male e la morte - potrà mai separarci da Lui".